Recensione di Salvatore Argiolas
Autore: Juan Benet
Traduzione: Jaime Riera Rehren
Editore: Einaudi
Genere: Noir, narrativa straniera
Pagine: 212
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Un cadavere viene trovato accanto a una fontana nella piazza del paese. Nessuno l’ha visto da vivo, nessuno sa chi sia. L’indagine sembra senza speranza, anche perché la gente di Región è abituata a parlare pochissimo e a compiere nel silenzio le proprie vendette. Una carrellata di personaggi memorabili, una lingua affascinante, da far girare la testa. Nel suo unico giallo Juan Benet, per molti il piú grande scrittore spagnolo del Novecento, mette in crisi i canoni del genere poliziesco esaltando nell’ambiguità la forza della letteratura.
«Nella letteratura di Benet non è questione di afferrare o seguire una storia terrificante e magnifica, ma di leggere, e di fare una pausa e meravigliarsi, e di continuare a leggere» – Javier Marías
Recensione
Juan Benet è stato uno dei maggiori scrittori spagnoli del Novecento e “L’aria di un crimine” è un libro particolare nella sua narrativa incentrata sulle vicissitudini dell’immaginario e metafisico territorio di Región.
“L’aria di un crimine” comincia come un noir con la scoperta di un cadavere ma ben presto segue traiettorie particolari che assomigliano ai “romanzi duri” di Georges Simenon con una tessitura narrativa che include i temi più cari allo scrittore madrileno, l’eredità della tragica guerra civile spagnola, il potere della finzione forgiata dalla “salvaguardia dell’inesattezza”.
La trama diverge subito, si gonfia, deraglia seguendo diversi rami secondari che ruotano attorno ad un forte adibito a carcere militare che richiama alla memoria la Fortezza Bastiani del “Deserto dei tartari” di Buzzati dove però i barbari sono davvero alle porte.
Nel giro di poche pagine si incontra diverse volte la parola “circostanza” che poi si lega anche anche a “conseguenze” quasi a voler dare la chiave di lettura del romanzo, la conseguenza di quell’atto storico che rivoluzionò la storia spagnola e che durò sino alla morte del “Caudillo” Francisco Franco nel 1975.
Non avendo partecipato alla Seconda Guerra Mondiale la Spagna non fu coinvolta nel cambio di regime attuato in Germania ed in Italia alla fine del conflitto e negli anni Cinquanta, periodo di tempo nel quale è ambientato questo romanzo, il Franchismo era all’apice della forza e del potere.
Tutto questo resta sottotraccia ma ben percepibile come una polvere finissima ma persistente che rende irreale ma allo stesso tempo emblematico “L’aria di un crimine”.
Scrive Elide Pittarello nell’illuminante prefazione, che
“rifiutato il sogno illuminista, anche nelle sue narrazioni letterarie Juan Benet assegna alla ragione un ruolo tutt’altro che onnipotente. Spetta invece all’immaginazione guidare la ricerca di un barlume di verità nell’immensa metaforica ombra che avvolge il senso del divenire”.
Questo atteggiamento è esemplificato proprio da “L’aria di un crimine” che usando un palinsesto tipico del romanzo giallo lo sconfessa subito lasciando in sospeso la ricerca del colpevole dell’omicidio seguendo diversi rivoli di storie e facendo anche conservare il cadavere in una botte di acquavite, capovolgendo una delle sacralità del genere che consiste nel cristallizzare il luogo del delitto per trovare qualche traccia del colpevole.
In questo suo intento dissacratorio e rivoluzionario ricorda da vicino Friedrich Dürrenmatt che nel suo capolavoro “La promessa” dal significativo sottotitolo “Requiem per il romanzo poliziesco” sovverte i canoni fondanti del genere.
Con questo libro Durrenmatt scrive l’epitaffio funebre alla pretesa di dominare con la logica i comportamenti umani mentre sostiene che è il caso a giocare un ruolo decisivo nelle nostre vite e quella che sovente viene chiamata abilità è soltanto fortuna, anche se non viene percepita come tale perché nel suo universo letterario il mistero non si lascia più penetrare dalla fredda razionalità.
“Le nostre leggi si fondano soltanto sulla probabilità, sulla statistica, non sulla causalità, si realizzano soltanto in generale, non in particolare. Il caso singolo resta fuori dal conto […] Ma voi scrittori di questo non vi preoccupate. Non cercate di penetrare in una realtà che torna ogni volta a sfuggirci di mano, ma costruire un universo da dominare. Questo universo può essere perfetto, possibile, ma è una menzogna” – scrive infatti il romanziere – perché “un fatto non può ‘tornare’ come torna un conto, perché noi non conosciamo mai tutti i fattori necessari, ma soltanto pochi elementi per lo più secondari”.
Questo concetto Benet non lo scrive chiaramente ma lo lascia aleggiare durante tutto il romanzo che fu il suo più grande successo di vendite e ispirò anche un film dal titolo omonimo diretto da Antonio Isasi con grandi attori come Francisco Rabal e Fernando Rey.
Non è strano allora che “L’aria di un crimine” il suo romanzo più irregolare e particolare abbia consacrato il successo di un narratore votato da sempre all’estetica dell’incertezza. In questo suo lavoro infatti tanti fili pendenti si ricongiungono nel finale ma lasciano aperti varchi che il lettore può, e deve, colmare con grande soddisfazione.
Juan Benet
è nato a Madrid nel 1927. A nove anni il padre avvocato viene fucilato dai repubblicani durante la guerra civile. Nel 1954 si laurea in ingegneria e contemporaneamente frequenta gli ambienti letterari. Nel 1961 esce il suo primo libro di racconti: Nunca llegarás a nada. Nel 1965 è la volta della raccolta di sagg La inspiración y el estilo. Due anni piú tardi Volverás a Región inaugura una serie di romanzi ambientati in un territorio immaginario arcaico e desolato della Spagna, con alcuni personaggi che ritornano da un libro all’altro. A seguire, pur continuando a costruire ponti e dighe per tutta la vita, pubblica una trentina di titoli fra romanzi, raccolte di racconti e saggi. Fra i romanzi: Una meditación (1970), Un viaje de invierno (1972), El aire de un crimen (1980). Fra i saggi, Qué fue la guerra civil, pubblicato nel 1976, subito dopo la morte di Franco. Dalla fine degli anni Sessanta è il punto di riferimento per un gruppo di giovani scrittori chiamati appunto «los benetianos», fra i quali il piú famoso oggi è Javier Marías. Muore a Madrid nel 1993 per un tumore al cervello. In Italia sono attualmente in commercio solo altri due suoi romanzi: Ritornerai a Región (Amos) e Nella penombra (Adelphi). Da El aire de un crimen è stato tratto un film di Antonio Isasi-Isasmendi con Francisco Rabal e Fernando Rey (1988).
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