Sinossi. Un’indagine senza capo nè coda.
«Morchio ha saputo inventare un personaggio umano e pieno di ironia.» – Il Venerdì – La Repubblica
È quasi mezzogiorno. Dalla porta filtra una luce incerta, nell’aria aleggia una vaga fragranza di aglio e basilico. Davanti a Bacci Pagano, questa volta, non siede una cliente qualsiasi: sprofondata nel divano c’è Katia Airoldi. Sono otto anni che i due non si vedono, precisamente dal giorno del funerale dell’amico di sempre, Cesare Almansi, morto in un incidente d’auto nel luglio 2015. Katia chiede a Bacci di tornare a indagare sulla morte del marito, con il quale aveva un rapporto burrascoso. Gli inquirenti, all’epoca, avevano escluso l’omicidio e la pista dell’attentato. Tragica fatalità? Suicidio? Non senza una certa riluttanza, Bacci è costretto a riaprire il libro del passato; per farlo, chiama a raccolta gli amici di oggi e di ieri: Giulia, la sua nuova, combattiva compagna; Pertusiello, alleato di tante avventure; e la figlia Aglaja, consulente letteraria d’eccezione. Comincia una ricerca che lo riporta indietro nel tempo, agli anni del liceo, del processo e del carcere, sulle tracce d’una amicizia interrotta per trentatré anni e poi ripresa in occasione della campagna elettorale che aveva aperto ad Almansi le porte del Senato. Sono voci lontane, ricordi soffusi di malinconia, ma qualcosa viene alla luce, qualcosa che illuminerà la natura delle relazioni di Almansi con le persone importanti della sua vita. Una verità con la quale anche l’investigatore dei carruggi sarà costretto a fare i conti. Bruno Morchio regala ai suoi lettori un nuovo romanzo della serie di Bacci Pagano. Un’opera matura che, riportando in scena personaggi e vicende di altri capitoli della saga, trascina il protagonista in un viaggio dentro sé stesso e lo induce a riflettere sull’amicizia, il passare del tempo, la vecchiaia, la morte, persino la sua stessa identità.
Bacci Pagano
e un’indagine senza capo né coda
di Bruno Morchio
Garzanti 2023
Collana: Narratori moderni
Thriller, pag.204
Recensione di Sabrina De Bastiani
«E che indagine sarebbe questa, dove tutto è stato chiarito fin nei minimi dettagli? La macchina era a posto, si è schiantata contro il guardrail a duecento chilometri all’ora
quando tutto funzionava alla perfezione, salvo il cervello di chi la guidava: un sessantenne che credeva d’essere Niki Lauda e ha pensato bene di partirsene da Roma in piena notte, dopo che era sveglio dalle cinque del mattino, senza fare i conti con l’età e con la necessità di dormire. Vuoi
che te lo dica chiaro e tondo? E un’indagine senza capo né coda.»
Un incarico senza capo né coda, dove non c’è niente da scoprire, se non la nostra irriducibile correita.
Parafrasando il Palahniuk di Fight Club, la prima regola del noir? Non esistono regole nel noir.
Non esistono, così come sono sempre più lasche le definizioni dei generi, ma rimane un punto fermo imprescindibile e fondamentale, sebbene non così scontato, ossia che il noir occorra saperlo scrivere.
E Bruno Morchio altroché se lo sa fare.
Non lo dice, semplicemente lo sottoscrive, la recente meritatissima vittoria del Premio Scerbanenco, lo dicono le sue pagine, le sue storie, le sue riflessioni.
Le ombre della sera, appunto, la nuova indagine con protagonista l’investigatore da caruggi Bacci Pagano, lo sancisce forte e chiaro.
Un’indagine senza capo né coda, recita il sottotitolo, ed è veramente così solo perché un capo e una coda rappresentano dei limiti, dei paletti, che questo libro, per le tematiche che tocca, per il respiro a cui si apre, non può avere.
Un caso freddo, che non è un caso, in quanto archiviato come incidente automobilistico, e non è freddo, pur se l’accaduto risale a otto anni prima, perché riguarda Bacci, il suo passato, il suo vissuto, il suo centro emotivo.
«Grazie, Bacci, ma a una condizione: voglio pagarti.»
«Allora non se ne fa niente», ribatto secco.
«Cesare ripeteva sempre che nessuno deve lavorare gratis.»
«Comprendere perché il mio amico è morto non è lavorare.»
«E cos’è, allora?»
«Un modo appena passabile di stare al mondo.»
Non può dire di no, Pagano, se a chiedere questa indagine informale su una morte dichiarata accidentale e’ la moglie di quello che è stato il suo migliore amico. Non può se la vittima è quello che è stato il suo migliore amico.
E’ pur vero che negli anni le strade si sono divise, i contatti persi, … perché, una volta tornato, non l’ho più cercato? E perché per oltre trent’anni lui non ha cercato me? …
ma è ancora più vero che
… per archiviare il passato, per lasciarlo andare davvero, bisogna riuscire ad attribuirgli un significato. Non basta scrollare le spalle e voltarsi dall’altra parte, raccontandosi che di fronte al destino non c’è rimedio; né ripetersi che le cose accadono a prescindere dalle nostre buone o cattive intenzioni; se mai fosse vero che a sentirsi responsabili delle vite degli altri si finisce per diventare pazzi, vorrebbe dire che la follia è una dimensione necessaria della nostra esistenza.
Ecco dunque, l’occasione per riaprire il dialogo con il proprio vissuto, con l’irrisolto lasciato alle spalle, con quell’amico così diverso da lui, ma così profondamente intrinseco alla sua vita e alle vicende che l’hanno attraversata.
E se davvero non fosse stato un incidente? I casi sono due, omicidio o suicidio.
E per capirlo occorre chiedere ai ricordi, ripercorrere passi, eventi, reazioni, riascoltare silenzi.
Sono gli affetti che attribuiscono un significato a quegli imponderabili sviluppi della vita che chiamiamo destino?
Occorre restare inevitabilmente invischiati e interrogare se stessi.
Non sarà piuttosto che, senza accorgermene, ho deviato la mia attenzione e mi sto occupando d’altro? Non tanto di Cesare e della sua fine, quanto del mio senso di impotenza di fronte a una perdita con cui non ho ancora fatto i conti?
E, anziché domandarmi che cosa gli è successo, mi ostino a chiedermi che cosa ci è successo e cosa diavolo abbiamo combinato quando entrambi sedevamo al tavolo della vita e potevamo ancora giocare? (…)
Ma c’era anche qualcos’altro, un sentimento più profondo, ed era l’innocenza, una sorta di verginità conseguente all’ignoranza. Mi trovavo insieme al mio migliore amico ed entrambi eravamo ignari dell’evento orribile che si era consumato nella notte. La nostra intesa era perfetta perché non sapevamo, non potevamo sapere ed eravamo liberi dalla colpa.
Il Bacci Pagano di oggi cuce un’intesa sempre più solida e reciproca con la figlia, Aglaja, con la compagna, Giulia, entrambe proiezioni del, e verso, il suo futuro.
Questa luce si divide lo spazio mentale del protagonista con l’ombra del passato, delle riflessioni sul tempo che passa, sulla sorte che decide e talvolta sbeffeggia, sulla purezza perduta e forse sopravvalutata
Mi dico che in fondo siamo parte del mondo che ci circonda, ci riconosciamo anche attraverso i luoghi e gli odori e i sapori che hanno nutrito il nostro invecchiare. E ritrovarli riempie di senso gli anni che abbiamo vissuto.
E ritrovare tutto ciò apre la porta anche a risposte che non possono più essere ignorate.
Tiro lente boccate e osservo il fumo della pipa, una nuvola appena venata d’azzurro disperdersi rapida nell’aria. Il fumo come la schiuma del mare, la stessa essenza sfuggente e impalpabile di questa indagine.
La stessa essenza inconfondibile, eppure sempre nuova, accurata, sincera, profonda, magistrale, della scrittura di Morchio, quella che fa sì che anche questa storia rimanga ai lettori non impalpabile, ma scolpita nell’anima.
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Bruno Morchio
Bruno Morchio 1954, Genova Laureato in Lettere, psicologo e psicoterapeuta. Ha pubblicato articoli su riviste di letteratura, psicologia e psicoanalisi ed è autore di numerosi romanzi (definiti di genere «noir mediterraneo»), che hanno due protagonisti: l’investigatore privato Bacci Pagano (il «detective dei carruggi») e Genova, l’amata città d’origine di Morchio. Tra gli scritti apparsi in edizione Garzanti ricordiamo: Con la morte non si tratta (2006), Le cose che non ti ho detto (2007), Rossoamaro (2008), Colpi di coda (2010), Il profumo delle bugie (2012, finalista del Premio Bancarella 2013), Lo spaventapasseri (2013, con il quale vince il Premio Lomellina in Giallo del 2014), Un conto aperto con la morte (2014), Il profumo delle bugie (2015), Fragili verità. Il ritorno di Bacci Pagano (2016), Con la morte non si tratta (2018), Uno sporco lavoro (2018) e Le sigarette del manager (2019). Del 2014 è anche I semi del male (Rizzoli), raccolta di cinque racconti a cura dello stesso Morchio, di Carlo Bonini, Sandrone Dazieri, Giancarlo De Cataldo, Marcello Fois ed Enrico Pandiani. Nel 2015 è uscito, sempre per Rizzoli, Il testamento del Greco, nel 2017 il noir Un piede in due scarpe. Nel 2021 viene pubblicato da Garzanti Nel tempo sbagliato