Recensione di Sara Zanferrari
Autore: Federica Sgaggio
Editore: Marsilio
Genere: narrativa
Pagine: 330
Pubblicazione: 24 settembre 2020
Sinossi. Alla fine degli anni Cinquanta, Rosa si trasferisce dal Sud al Nord d’Italia. È una donna intransigente, una combattente. Insegna a sua figlia – colei che ci racconta la storia – che il primo comandamento cui ogni donna deve obbedire è: «Non piangere.» Ed è anche la madre di Francesco, che a causa di un incidente occorso subito dopo il parto soffre di una forte disabilità. Così lei lotta per rendere migliore la vita del suo bambino, e la sua diventa presto una lotta per i diritti di tutti coloro che non possono combattere per se stessi. Nel romanzo, Rosa è una madre della quale la figlia racconta la vita; ma è anche, semplicemente, l’Italia: l’Italia ancora stordita dalla guerra degli anni Cinquanta, quella euforica dei Sessanta, quella turbinosa dei Settanta, quella privatizzata degli Ottanta, quella svuotata dei Novanta. Un’Italia, Rosa, messa alla prova: da un marito da cui sceglie di fuggire, dalla disabilità del figlio, dalla figlia con la quale il rapporto è tanto stretto quanto conflittuale, dai cambiamenti sociali e politici che le avvengono intorno. Ma anche la figlia, che ricorda e racconta, è l’Italia: l’Italia d’oggi, quella che non intende rinunciare alla propria storia, e che vuole inventarne una nuova. L’eredità dei vivi è la storia di una donna, di una famiglia, ed è un romanzo politico, se politica è la lotta da combattere per attraversare i cambiamenti, per godere dei propri diritti, per avere la vita che si desidera avere. E questo romanzo ci dice che anche i sentimenti, anche i corpi, soprattutto i corpi, sono intensamente politici.
Recensione
Quando la morte di una madre ridà nuova vita a una figlia.
Quando la storia, le storie, sono raccontate e scritte così bene da essere assolutamente universali.
“Il meglio di lei mia madre me lo sta dando dopo la sua morte. Il meglio di lei è la sua eredità.”,
dice Federica, narratrice per lo più in prima persona, a volte in seconda, altre in terza, perché le storie narrate non appartengono a una persona sola, ma a tutti noi, che possiamo riconoscere un pezzetto di vissuto qua e là, seppur nella diversità d’esperienze.
Un romanzo che a guardarlo potrebbe apparire lungo (dopotutto sono più di 300 pagine), eppure si arriva all’ultima parola senza rendersene assolutamente conto: Sgaggio ha una scrittura mirabile, asciutta, a tratti (spesso) ironica, ma soprattutto mai e poi mai pietistica.
Non concede sconti, invero, la storia narrata, ma grazie alla potente voce di Federica, noi l’attraversiamo senza sentirne del tutto la pesantezza, quella che, umanamente, accompagna la nascita di un figlio che diventa disabile in clinica a causa di un errore maldestro e tragico, la lotta incessante, furibonda che da lì in poi sarà compagna indissolubile di una madre che cerca in ogni modo di rendere DIGNITA’ al proprio figlio, in un mondo dove tutti si spostano come le acque del mar Rosso al passaggio di Mosé (come mamma Rosa inveisce su dei ragazzini in uno degli episodi “divertenti” che sono disseminati nel racconto), ma quasi nessuno sembra realmente capace di provare com-passione, empatia, desiderio di sollevare questa famiglia dalla propria faticosa condizione, anche solo per qualche minuto.
Sullo sfondo un’Italia sociale e, soprattutto, politica, che attraversa nei decenni grandi cambiamenti, dagli anni 70, agli 80, ai 90, le lotte, le speranze, e infine la disillusione. Gli anni dove la politica era stata capace di fornire risposte alle esigenze dei cittadini: le leggi sul divorzio e l’aborto, la sanità, il riconoscimento di diritti per la disabilità, e poi movimenti come il femminismo, passando per il razzismo sottile del Veneto operoso nei confronti di questa donna venuta dal Sud e la dolorosa indifferenza della gente che non conosce le tue miserie (e le “poverinità” come vengono definite mirabilmente da uno dei personaggi secondari).
Niente sconti, dicevamo, su quanto di più duro la vita possa offrire, ma anche tanta, tantissima umanità, in tutte le sue accezioni, e questo amore grandissimo, questo rapporto strettissimo, quasi simbiotico, fra madre e figlia, che è una ricchezza incalcolabile a cui noi possiamo attingere a piene mani in queste belle pagine.
De “L’eredità dei vivi” da quando è uscito in libreria settembre scorso, pertanto oramai da quasi un anno, se ne è parlato a mio avviso troppo troppo poco.
La pandemia ci ha messo sicuramente un perfido zampino, ma è una storia che ha troppo da dire per scomparire silenziosamente sugli scaffali. La voce di Rosa, di Federica, e quella (muta) di Francesco vi aspettano in libreria.
Lasciatevi attrarre. E poi, ne sono sicura, conquistare.
A cura di Sara Zanferrari
Federica Sgaggio
Vive tra Verona, dove è cresciuta e dove ha lavorato come giornalista, e Galway, in Irlanda, dove studia letteratura inglese. Ha pubblicato i romanzi Due colonne taglio basso (Sironi 2008) e L’avvocato G. (Intermezzi 2016), e il saggio Il paese dei buoni e dei cattivi. Perché il giornalismo, invece di informarci, ci dice da che parte stare (minimum fax 2011). Nel 2015 ha curato con Catherine Dunne la raccolta italo-irlandese Tra una vita e l’altra (Guanda; uscito con il titolo Lost Between: Writings on Displacement per New Island Books).
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