Morte a Venice




Recensione di Valentina Cavo


Autore: Ray Bradbury

Traduzione: Giuseppe Lippi

Editore: Mondadori

Genere: Giallo

Pagine: 285

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi. Venice, California, 1949. Tra le ombre e i fangosi canali, i bungalow in rovina e le palme asfittiche della città californiana, si aggira forse un omicida. A sospettarlo è un giovane scrittore, perso nel suo mondo di storie inventate fino a quando attorno a lui non cominciano ad accadere strani fatti. All’inizio si tratta di misteriose telefonate, ma via via gli “incidenti” si fanno sempre più inquietanti. E fatali. Il ragazzo chiede allora aiuto a Elmo Crumley, detective di strada, e a una ex gloria del cinema ancora affamata di vita. Insieme riusciranno a venire a capo del puzzle.

Venice, California.

Ma non è la California piena di sole e divertimenti che ci si aspetta. Bradbury ci catapulta in una realtà cupa e fredda in cui tutto sta andando in malora e nella quale ci sono sempre più persone sole: l’ambientazione che ci si para davanti agli occhi è descritta con precisione e dovizia di particolari, tanto che sembra di essere davvero lì, a passeggiare sui moli che danno su canali ormai oleosi e maleodoranti nella nebbia della notte, oppure nei locali polverosi, irrimediabilmente in rovina, che sono sparsi in giro per la città e che rendono più vividi i ricordi dei un passato ormai lontano.

I personaggi sono descritti in modo magistrale. Ognuno di essi è impaurito, dimenticato, decadente; ognuno è collegato al protagonista, che è un giovane scrittore squattrinato e al momento solo, con la sua macchina da scrivere in un minuscolo appartamento pieno di muffa, il quale si ritrova suo malgrado a dover investigare sui fatti misteriosi, che fanno da motore alla vicenda. Anche con pochi dettagli si riesce a capire benissimo la psicologia e la personalità di tutti gli abitanti di queste pagine, i quali, più che vivere una storia, sono oppressi da un’atmosfera, un ambiente mai del tutto sano.
Morte a Venice è un libro che non delude.

La scrittura di Bradbury è geniale. Una trama ricca di personaggi e colpi di scena che trasportano il lettore in una girandola di pensieri, supposizioni e stati d’animo che lasciano senza fiato e con la voglia di scoprire il mistero degli eventi che si cela dietro alla cortina di situazioni e accadimenti che fanno da cornice a una splendida accozzaglia di personaggi, ognuno a suo modo disadattato, malinconico, destinato allo sfascio.

Ray Bradbury


Ray Bradbury (22 agosto 1920 Waukegan-Illinois; 5 giugno 2012 Los Angeles).
Ray Bradbury è stato un autore fantasy e horror americano che rifiutava di essere categorizzato come autore di fantascienza, sostenendo che il suo lavoro era basato sul fantastico e irreale. Il suo romanzo più noto è Fahrenheit 451, uno studio distopico della futura società americana in cui il pensiero critico è messo al bando. É anche ricordato per molte altre opere popolari, tra cui Cronache Marziane e Il Popolo dell’Autunno. Bradbury ha vinto il Pulitzer nel 2004 ed è uno degli autori più famosi del 21° secolo.