Recensione di Barbara Aversa Pacifico
Autore: Andrea Camilleri
Editore: Sellerio Editore
Genere: Giallo
Pagine: 292
Pubblicazione: 2020
Sinossi. Il commissario deve sgrovigliare un nuovo caso, il suo ultimo. C’è stato un omicidio. La vittima è il giovane direttore della filiale vigatese della Banca Regionale. Testimoni dell’esecuzione sono tre amici intimi del morto. I quattro hanno condiviso tutto, persino il non condivisibile della vita familiare. Sono stati uno per tutti, tutti per uno: come quattro moschettieri. Il caso sembra di ovvia lettura. Ma contro ogni evidenza, e contro tutti, lui è arrivato alla conclusione che nulla è, in quell’omicidio, ciò che appare. Aguzza lo sguardo. Segue itinerari mentali irti. Analizza e connette. Allarga le indagini. Incappa in personaggi pittoreschi (un uomo-lombrico e una donna cannone capace di avvolgerlo nelle sue voluminose rotondità). Inciampa in un secondo delitto. La svolta è assicurata, eclatante e insospettabile. Si è ritrovato in una pensosa solitudine, Montalbano. Livia era lontana, lontanissima. Augello era assente, per motivi di famiglia. Il commissario ha avuto però la collaborazione intensa dell’anagrafologo Fazio. E ha usato spesso come spalla teatrale il fracassoso Catarella, con le sue sovreccitazioni reverenziali. Molte cose sgomentano i pensieri di Montalbano, in questo romanzo. Gli danno insofferenza, malessere, qualche tormentosa ossessione. Lo stancano. Lo indispongono. Eppure il suo stile investigativo è sempre lo stesso, sorvegliatissimo, sfrontato: fra «sceneggiate», «sfunnapedi», «sconcichi»: giostre verbali e scatti sagaci, a sorpresa. Montalbano, come Personaggio del romanzo, ha dovuto sostenere un confronto impari con l’Attore che lo impersona in televisione (il «gemello» può contare su un pubblico assai più numeroso di quello del Personaggio letterario; e poi sa sempre quello che avviene dopo nella vicenda, mentre lui, Personaggio che consiste nella storia, deve di volta in volta improvvisare, azzardare e scommettersi). A non parlare dell’Autore ottantenne che sta scrivendo «la storia» che il Personaggio «sta vivendo»; e vorrebbe scriverla a modo suo: come romanzo. Montalbano vuole invece vivere la sua vita, in quanto vita. Lo scontro ha accenti pirandelliani.
Questa ultima indagine di Montalbano, Camilleri l’ha scritta tra il 2004 e il 2005. L’ha linguisticamente rassettata nel 2016. Il vigatese è una lingua d’invenzione, viva e fantastica che, con il sostegno dei lettori, si è evoluta negli anni. La sua trama fonica è sempre più diventata un sistema coerente e coeso, con un dialetto che arriva a infiltrare fantasticamente l’italiano. Camilleri ha voluto quindi aggiornare la veste linguistica di Riccardino agli sviluppi che la sua lingua aveva avuto in questi undici anni.
Recensione. Quattro amici per la pelle, così dicono.
Si ritrovano per una gita alle cinque del mattino ma uno di loro, Riccardino, giovane banchiere di zona, viene ucciso proprio sul luogo dell’incontro, apparentemente da una moto che sembra aver sparato un colpo per poi fuggire. Montalbano indaga quindi sui ragazzi, sui “moschettieri”. Intrecciati non solo da un’amicizia che è tutta da capire ma forse anche da altro.
Nel frattempo emergeranno altri personaggi, delineati come solo il maestro Camilleri sa fare: dalla “chiaromante-chiaroviggenti” a sua eccellenza Partanna. In più ogni tanto farà capolino l’autore che parlerà proprio con Salvo. L’autore – Camilleri appunto – si confronta con colui che vive ciò che lui narra (geniale). E Salvo diventa il suo alter-ego che a sua volta lo sarà del Montalbano televisivo in un gioco di scambi dove emerge questo legame viscerale tra il Maestro, la sua creatura, ed anche i suoi lettori.
“Te lo sei scordato quante volte tu hai imposto a una mia storia, di tua iniziativa, autonomamente, un corso completamente diverso da quello che io avevo in testa di scrivere? Per esempio non sei stato tu a scegliere il finale de ‘La pazienza del ragno’? Io avevo pensato di terminarlo in un certo modo, ma tu mi hai costretto a una soluzione diversa. E so anche perché l’hai voluto fare.”
“Ah, si?”
“Si. In quell’ultima parte mi hai obbligato a inserire nel racconto certi tuoi monologhi interiori impossibili da sceneggiare. E tu lo sapevi benissimo. In altre parole, hai voluto fottere il personaggio televisivo negandogli la possibilità di arricchirsi di certe sfumature. Non è così?“
E questi dialoghi pirandelliani lasciano il lettore stupito ed affascinato. L’autore palesa dubbi sull’andamento dell’indagine, sull’evoluzione di Salvo, sulle differenze con la serie tv ed il suo attore.
Ed è bellissimo.
È bellissimo leggere questa avventura di Montalbano e vi assicuro che durante la lettura si viene così assorbiti dal mondo vigatese, così familiare e così perfettamente tratteggiato, che ci si dimentica che sarà l’ultima. E credo che oltre l’incanto dei libri che ci lascia, questa perfezione creata per noi, a misura di realtà mista a fantasia, sia un ulteriore dono.
Vigata.
La Sicilia.
Quel mondo perfetto dove ogni estate Salvo Montalbano ha la sua nuova avventura e noi la nostra certezza di un caso risolto.
Ma come è stato questo libro?
È stato un vortice di emozioni, di voracità, di ricerca di conclusioni sperando di non trovarle. È stato il racconto di un Montalbano stanco ma che in fondo fa scena (na camurrìa) perché è più in forma che mai.
È stata l’amnesia che è l’ultimo.
E poi di nuovo il ricordo, ed allora con ingordigia si velocizza la lettura e poi si placa quando torna in mente.
‘Montalbano sono‘, e sempre sarà perché quello tutto questo resta.
L’eredità di uno scrittore che ha creato un mondo che accoglie ogni lettore a braccia aperte, come un vecchio zio che non vedi da un po’ ma che in fondo non cambia mai e lascia tutto al solito posto. Rassicura.
È l’incantesimo dove ogni lettore può sorridere, riconoscersi nelle piccole fragilità umane, sentirsi a casa immaginando questa Vigata dove alla fine i buoni sentimenti predominano sempre, nonostante tutto, nonostante l’orrore.
E termino la mia lettura così, immaginando Montalbano nella sua verandina di Marinella a ‘taliare il mare’ con lo sguardo perso in un orizzonte che si fonde perfettamente con il blu ceruleo siciliano, e ci sorride. Non è un sorriso beffardo ma uno di quelli da fare insieme, che è la cosa più bella, la complicità che si intreccia tra il lettore l’autore, il Montalbano letterario e quello televisivo.
Ed in quel sorriso, sotto quella luna in quella verandina oramai così nota, una lacrima.
A cura di Barbara Aversa
instagram.com/missparklingbooks
Andrea Camilleri
(Porto Empedocle, 1925-Roma, 2019), regista di teatro, televisione, radio e sceneggiatore. Ha insegnato regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Ha pubblicato numerosi saggi sullo spettacolo e il volume, I teatri stabili in Italia (1898-1918). Il suo primo romanzo, Il corso delle cose, del 1978, è stato trasmesso in tre puntate dalla TV col titolo La mano sugli occhi. Con questa casa editrice ha pubblicato: La strage dimenticata (1984), La stagione della caccia (1992), La bolla di componenda (1993), Il birraio di Preston (1995), Un filo di fumo (1997), Il gioco della mosca (1997), La concessione del telefono (1998), Il corso delle cose (1998), Il re di Girgenti (2001), La presa di Macallè (2003), Privo di titolo (2005), Le pecore e il pastore (2007), Maruzza Musumeci (2007), Il casellante (2008), Il sonaglio (2009), La rizzagliata (2009), Il nipote del Negus (2010, anche in versione audiolibro), Gran Circo Taddei e altre storie di Vigàta (2011), La setta degli angeli (2011), La Regina di Pomerania e altre storie di Vigàta (2012), La rivoluzione della luna (2013), La banda Sacco (2013), Inseguendo un’ombra (2014), Il quadro delle meraviglie. Scritti per teatro, radio, musica, cinema (2015), Le vichinghe volanti e altre storie d’amore a Vigàta (2015), La cappella di famiglia e altre storie di Vigàta (2016), La mossa del cavallo (2017), La scomparsa di Patò (2018), Conversazione su Tiresia (2019), Autodifesa di Caino (2019); e inoltre i romanzi con protagonista il commissario Salvo Montalbano: La forma dell’acqua (1994), Il cane di terracotta (1996), Il ladro di merendine (1996), La voce del violino (1997), La gita a Tindari (2000), L’odore della notte (2001), Il giro di boa (2003), La pazienza del ragno (2004), La luna di carta (2005), La vampa d’agosto (2006), Le ali della sfinge (2006), La pista di sabbia (2007), Il campo del vasaio (2008), L’età del dubbio (2008), La danza del gabbiano (2009), La caccia al tesoro (2010), Il sorriso di Angelica (2010), Il gioco degli specchi (2011), Una lama di luce (2012), Una voce di notte (2012), Un covo di vipere (2013), La piramide di fango (2014), Morte in mare aperto e altre indagini del giovane Montalbano (2014), La giostra degli scambi (2015), L’altro capo del filo (2016), La rete di protezione (2017), Un mese con Montalbano (2017), Il metodo Catalanotti (2018), Gli arancini di Montalbano (2018), Il cuoco dell’Alcyon (2019), Riccardino (2020). Premio Campiello 2011 alla Carriera, Premio Chandler 2011 alla Carriera, Premio Fregene Letteratura – Opera Complessiva 2013, Premio Pepe Carvalho 2014, Premio Gogol’ 2015.
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