Recensione di Laura Salvadori
Autore: Bernard Minier
Traduzione: Sergio Arecco
Editore: La Nave di Teseo
Genere: thriller
Pagine: 506
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Maggio 1993. I corpi di Alice e Ambre, due sorelle poco più che ventenni, vengono ritrovati senza vita sulle rive della Garonna. Vestite come due comunicande, e legate al tronco di due alberi, sembrano guardare l’una negli occhi dell’altra. Il giovane Martin Servaz, che ha appena finito il suo apprendistato presso la polizia giudiziaria di Tolosa, partecipa alla sua prima indagine che conduce presto a Erik Lang, celebre scrittore di gialli dai toni foschi e inquietanti. Le due sorelle non erano forse sue fan? Uno dei suoi libri di maggior successo non si intitola La comunicanda? Il caso viene chiuso però grazie a una svolta inattesa: mentre l’inchiesta si concentra sulla vita dello scrittore e sul rapporto che le due ragazze uccise avevano con lui, un compagno di scuola di Alice e Ambre viene trovato impiccato, suicida, con una lettera in cui rivendica l’omicidio delle due sorelle. Febbraio 2018. In una notte glaciale, la moglie di Erik Lang viene assassinata in modo spietato. Anche il suo cadavere è vestito da comunicanda. Venticinque anni dopo, Martin Servaz è ancora una volta coinvolto nella vita dello scrittore. E questo nuovo caso riapre l’omicidio di Alice e Ambre del 1993.
Recensione
Bernard Minier continua la sua impressionante ascesa tra i grandi maestri del thriller!
Se già con “Non spegnere la luce” e con il successivo “Notte”, che ho letto diversi mesi fa, mi ero convinta di aver fatto la conoscenza di un sublime narratore, con la lettura di questo ultimo romanzo “Sorelle” so con certezza che Minier (e il suo protagonista, il Capitano Martin Servaz) ha conquistato il mio cuore in modo definitivo!
Spesso (o dovrei dire continuamente?) mi chiedo cosa fa di un romanzo un grande romanzo, degno di essere ricordato e fonte di ispirazione per i posteri. E mi chiedo, ovviamente, anche quali qualità fanno di un personaggio un indimenticabile personaggio!
Certo, riconosco che esistono dei canoni oggettivi che fanno la differenza: la trama geniale, il riuscire a tenere sulle corde il lettore, l’impossibilità, fino alla fine, di riconoscere l’assassino. Gli intrecci, i dialoghi, il fascino del protagonista, sono tutti canoni indispensabili per fare di un thriller un grande thriller. Sono, queste, qualità che accomunano molti grandi thriller.
Ma c’è, anche, qualcosa di speciale che risiede nell’animo di ognuno di noi e che si scatena quando leggiamo un romanzo che ci cattura, che tocca le nostre corde più intime, che ci emoziona profondamente e che non ci fa smettere di leggere. Quando, in altre parole, un personaggio ci entra dentro, quando arriviamo ad amarlo, quando le sue parole lasciano un’impronta nel nostro cuore!
Io ho trovato tutto questo nei romanzi di Minier! La scrittura di questo autore riesce a stregarmi, ad avvilupparmi in un abbraccio che non mi lascia fino all’ultima pagina.
Semplice ma molto curata. Fatta di parole che scavano nel profondo, facendoti sentire parte della narrazione. Una prosa senza alcuna sbavatura ma mai ricercata, mai pesante o ostentata.
In essa Martin Servaz si muove spandendo nell’aria un coacervo di emozioni, mettendosi a nudo, sempre, senza riserve, dando tutto se stesso al lettore, mostrando senza veti le sue ferite, raccontando le sue paure, i suoi tarli, il suo dolore e la sua particolare attitudine di vedere la vita, con i suoi misteri e le sue ombre.
Raccontare chi sia Martin Servaz può rivelarsi complesso. Martin Servaz è un uomo che convive con i suoi fantasmi. Una di questi è il padre, che durante l’infanzia di Martin subisce una metamorfosi trasformandosi da padre amorevole in un alcolista egoista e cieco. Un padre che poi scompare lasciandolo ibernato e prigioniero di un amore al quale non riesce a dare un nome e di un pesante senso di colpa. Altri fantasmi sono le sue donne: la moglie Alexandra, fugace immagine di un amore effimero, il grande amore Marianne, apoteosi di felicità e di assenza, la figlia Margot, da trattenere e da lasciare andare, Charlene, calamita di sensualità e di attrazione.
E c’è anche Hirtmann, crudele serial killer che ha condizionato la sua vita e custodito un grande segreto. E infine la sua carriera, iniziata quasi per ripiego e proseguita con l’accanimento e l’assoluta dedizione di un uomo che cerca la verità a tutti i costi.
Di Martin Servaz non si conosce mai abbastanza. Minier è maestro nel concedere al lettore piccole dosi della vita del suo beniamino, pillole, cenni, tracce che il lettore deve essere bravo a cogliere e a mettere insieme.
Non c’è una cronologia evidente nei romanzi di Minier! Si va avanti e indietro nel tempo a piacimento dell’autore, subendo un crescente interesse per Servaz, il quale non si mostra mai completamente al lettore. Servaz è una sorta di mistero nel mistero, talvolta duro, talvolta romantico, talvolta idealista, talvolta opportunista e cinico, talvolta indifeso e succube delle sue emozioni.
In “Sorelle”, oltre ad una trama veramente geniale e imperscrutabile, ritroviamo un Martin Servaz alla sua prima indagine. Un Servaz idealista e capellone, che si mostra quasi indifeso davanti all’incedere delle indagini, all’ombra di un superiore tutto di un pezzo che sarà per lui maestro di vita. Un Servaz durante i primi anni del suo matrimonio con Alexandra, già padre della piccola Margot, ed ancora traumatizzato dalla morte del padre. Conosciamo, insomma, un pezzo di vita del protagonista che mai era stato raccontato e credetemi, questo aspetto, già da solo, vale oro!
L’omicidio di due sorelle è terreno fertile per crescere come investigatore. Servaz non si lascerà convincere dalla facile soluzione che il destino gli propina ma cercherà ulteriori dettagli per arrivare alla vera soluzione del rompicapo.
Di nuovo l’autore mi sorprende nella costruzione dei capitoli, che in questo romanzo a due tempi (il 1993 e il 2018) hanno titoli altamente accattivanti. Nel 1993 Servaz ci racconterà della morte del padre e del suo rapporto, già sfilacciato, con la moglie.
Nel 2018 invece sarà il piccolo Gustav a monopolizzare i pensieri di Servaz. E mentre il lettore entra nel vivo dell’indagine, c’è tempo e spazio per indagare anche su Servaz, sulle sue emozioni, sul suo trascorso, sulle sue sensazioni! La matassa sarà assai intricata e occorrerà stare molto attenti ad ogni particolare per arrivare alla conclusione. E la conclusione sarà sorprendente! Nei romanzi di Minier il finale è sempre inatteso e di grande effetto.
E ogni volta mi trovo a pensare che in realtà Minier non ha bisogno di sorprendere con colpi di scena clamorosi e roboanti! Minier ti cattura senza bisogno di grandi trovate. E ti lascia sempre vittima di un paio di interrogativi che solo l’auspicato seguito (se ci sarà) potrà svelare!
In conclusione, un Minier da dieci e lode e un Martin Servaz davvero strepitoso! Un romanzo del quale consiglio la lettura, senza tralasciare i quattro romanzi precedenti della saga “Martin Servaz”, che già mi manca!
Bernard Minier
Bernard Minier è nato a Béziers e vive a Parigi. I suoi libri, tra cui Il demone bianco (vincitore del Festival Polar de Cognac) e Nel cerchio, ne hanno fatto uno dei maestri del thriller francese. Dai romanzi con protagonista Martin Servaz è stata tratta una serie televisiva vincitrice del premio come migliore serie al Festival di La Rochelle 2016. Non spegnere la luce ha venduto oltre 300.000 copie solo in Francia, occupando il primo posto delle classifiche per molte settimane. I suoi libri sono tradotti in 14 paesi.
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