Recensione di Sabrina De Bastiani
Autore: Fabrizio Silei
Editore: Giunti Editore
Collana: M
Genere: giallo
Pagine: 416 p.
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. In una Firenze fascista dal sapore popolare, arriva una delle coppie di investigatori più sorprendenti e originali del giallo italiano.
«Mi piacciono le trappole, hanno il pregio di far risparmiare un sacco di tempo, ma il difetto di catturare alle volte l’animale sbagliato. Non mi piacciono invece i lacci o le tagliole, perché chi ci finisce non ha scampo, innocente o colpevole, ci lascia le penne o una zampa… quando si tratta di uomini è molto facile che una trappola si trasformi in una tagliola o in un laccio. Bisogna fare attenzione…»
Occhi chiari, baffetti neri, borsalino e soprabito, come un poliziotto del cinema. «Ma questo, santo cielo, sembra un ragazzino appena uscito dall’università!» pensa il tranviere Ettore Becchi scrutando il vicecommissario Vitaliano Draghi, appena giunto sull’argine dell’Arno a verificare la situazione. È l’alba del 3 luglio 1936 e, in una Firenze ancora avvolta nella nebbia, vicino a un vespasiano, l’uomo ha scoperto qualcosa di inquietante: una donna distesa nell’erba, l’elegante vestito macchiato di sangue. Vitaliano sente un’ondata di ansia nel petto: i suoi superiori sono assenti, è il suo primo vero caso, e ancora non sa quanto importante e delicato. La vittima, infatti, è la giovane moglie del senator Bistacchi, vicinissimo al Duce. Vitaliano, che un giorno sì e un giorno no si pente di aver mollato la letteratura per la criminologia, capisce di aver bisogno di rinforzi. Ma non basta un aiuto qualsiasi, serve una mente davvero prodigiosa: quella di Pietro Bensi, il contadino della fattoria nel Chianti in cui è cresciuto. È stato proprio lui, che ha letto tutti i libri della biblioteca del conte e si diletta a costruire complicati marchingegni, a far nascere in Vitaliano la passione per gli enigmi e per le trappole. Perché se vuoi catturare una volpe, devi pensare come una volpe, gli ripete sempre Pietro. Ma ci vuole coraggio per portare un contadino, neanche tanto segretamente antifascista, per le strade e i palazzi di una Firenze dove anche i muri hanno orecchie… Un giallo di grande atmosfera, con una coppia di detective inedita e curiosa, destinata a entrare nel cuore dei lettori.
Recensione
“(…) Non faccio né il politico, né lo statista, né altro, io faccio il poliziotto.”
Ruoli molto diversi tra loro, in effetti, ma nel contesto storico di “Trappola per volpi”, questa affermazione del giovane vice commissario Vitaliano Draghi, assume un’importanza fondamentale e assurge a vera e propria dichiarazione di intenti che segnerà ogni snodo del romanzo.
Romanzo giallo, sì, molto ben orchestrato e intrigante, impervio e ostico per la notorietà della vittima, bella e giovane moglie di un Senatore vicinissimo nientemeno che al Duce, nonchè per le modalità efferate e le contraddizioni che non tardano ad emergere
Si rendeva conto che quello che stava conducendo era l’interrogatorio più difficile che fino ad allora gli fosse capitato. Certo il più pericoloso della sua breve carriera.
Il novello vice commissario Draghi si trova esattamente sulla linea del fuoco, a dover fare i conti con i paletti imposti dai suoi superiori e con quanto, molto sinceramente e umanamente, avverte come propria inesperienza.
Questa implicita, onesta ed intelligente ammissione, dà il vero start al romanzo, nell’ardita scelta del giovane, di tornare a quello che per lui è stato un pilastro nell’infanzia, a colui che gli ha insegnato l’arte del ragionare, del riflettere, del ricercare ciò che non appare di primo acchito, anzichè fermarsi e limitarsi a ciò che spicca.
Torna alla casa paterna, nella campagna dove è cresciuto figlio di un fattore, e si appella al contadino Pietro Bensi, colui che affettuosamente chiama il mio vecchio, affinchè lo segua a Firenze e lo affianchi nell’indagine, confidando in quell’acume che
No, non era solo intelligenza quella del suo vecchio, era qualcosa di più che non si poteva spiegare a parole.
Come dire di no a colui che, agli occhi del contadino, seppur vice commissario, resta ancora il suo fagianino?
Impossibile farlo e infatti dal ricostituirsi di questa strana ma ben assortita coppia, che non si ferma davanti ad apparati di potere o facili deduzioni, le indagini prendono una svolta, anzi più d’una…
Eppure è bastato muovere un pò di cespugli e l’assassino, la volpe, ha avuto così paura da tornare a uccidere di nuovo.
Tutto sembra complicarsi, i pericoli si moltiplicano così come i rischi personali e sarà così, in un crescendo emotivo e narrativo, fino alla resa dei conti finale, inaspettata, dura, priva di redenzione.
Vide le nubi ruotare sopra di lui e il volto contratto di Pietro oramai allo stremo e capì che era giunta la fine. Che per lui e il suo vecchio il tempo stave per scadere, che tutto finiva lì: precipitando da una torre di San Gimignano, scaraventati giù da quel Golia in un giorno d’estate.
“Trappola per Volpi” ha insomma tutti i requisiti, tutte le caratteristiche per essere un gran bel noir, sorprendente e spiazzante in più di un’occasione.
Tuttavia, pur se questo varrebbe già a consigliarne la lettura, qui c’è davvero, è il caso di dirlo, molto di più.
C’è l’essere trasportati nella vividezza, nel reale di una città e di una campagna, che tutto risultano tranne che cartoline d’epoca, per quanta è la bravura dell’Autore nel saperle descrivere e rendere nell’immaginario dei lettori; c’è una commedia umana di miserie e splendori riccamente caratterizzata e definita in ogni figura che appare nel libro, dai primari ai comprimari, ai semplici passanti; c’è la nobiltà, d’animo e di stirpe così come la bassezza; c’è oscurità e baluginìo; c’è la commedia dell’arte e la risata che affronta la tragedia dei giorni; c’è la guida che prevarica e la guida che accompagna, sostiene, non da risposte ma aiuta, in una sorta di maieutica umanamente illuminata, a trovarle in se stessi; c’è il merito, il valore delle persone, che non dipende dalla stella sotto la quale si nasce, ma dalla stella, dalla scintilla che si ha dentro.
Soprattutto ci sono Vitaliano e Pietro, il fagianino e il suo vecchio. E tutta la loro umanità, e la tenerezza di chi osserva passi malfermi farsi sempre più sicuri.
Quel giovane vicecommissario, che gli dava ordini, non somigliava più al balbettante ragazzo che aveva incontrato la prima volta, aveva un atteggiamento risoluto, quasi volitivo.
E c’è Fabrizio Silei, che ama definirsi ricercatore di storie e di vicende umane, e che le sa raccontare, così bene.
E ancora c’è poesia.
Era quell’ora della sera che riempie il cielo di rondini e l’aria della luce di un altro tempo, quella luce che ti colma il cuore di felicità e di paura insieme e ti fa credere possibile che una finestra si apra in alto a destra da qualche parte dietro le tue spalle e una madre ancora giovane e bella si affacci per gridare il tuo nome e chiamarti a cena.
Fabrizio Silei
Fabrizio Silei è nato a Firenze nel 1967, autore di albi, saggi, romanzi e racconti rivolti a bambini e ragazzi, si dichiara “ricercatore di storie e vicende umane”, non riuscendo a dimenticare gli anni passati a lavorare, come sociologo, su identità e memoria. Esperienze che si riversano nei suoi libri. Libri di grande successso, in Italia e all´estero. Nel 2014 riceve il Premio Andersen come miglior autore, con la motivazione “Per essere la voce più alta e interessante della narrativa italiana per l´infanzia di questi ultimi anni. Per una produzione ampia e capace di muoversi con disinvoltura e ricchezza fra registri narrativi diversi.” Fra i suoi libri “Se il diavolo porta il cappello” (Salani); “La doppia vita del signor Rosemberg” (Salani); “Mio nonno è una bestia!” (il Castoro), “L’autobus di Rosa” (Orecchio Acerbo) con le illustrazioni di Maurizio A. C. Quarello.
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