Recensione di Marina Morassut
Autore: Lorenzo Marone
Editore: Feltrinelli
Pagine: 288
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2018
SINOSSI: Mimì, dodici anni, occhiali, parlantina da sapientone e la fissa per i fumetti, gli astronauti e Karate Kid, abita in uno stabile del Vomero, a Napoli, dove suo padre lavora come portiere. Passa le giornate sul marciapiede insieme al suo migliore amico Sasà, un piccolo scugnizzo, o nel bilocale che condivide con i genitori, la sorella adolescente e i nonni. Nel 1985, l’anno in cui tutto cambia, Mimì si sta esercitando nella trasmissione del pensiero, architetta piani per riuscire a comprarsi un costume da Spiderman e cerca il modo di attaccare bottone con Viola convincendola a portare da mangiare a Morla, la tartaruga che vive sul grande balcone all’ultimo piano. Ma, soprattutto, conosce Giancarlo, il suo supereroe. Che, al posto della Batmobile, ha una Mehari verde. Che non vola né sposta montagne, ma scrive. E che come armi ha un’agenda e una biro, con cui si batte per sconfiggere il male. Giancarlo è Giancarlo Siani, il giornalista de “Il Mattino” che cadrà vittima della camorra proprio quell’anno e davanti a quel palazzo. Nei mesi precedenti al 23 settembre, il giorno in cui il giovane giornalista verrà ucciso, e nel piccolo mondo circoscritto dello stabile del Vomero (trenta piastrelle di portineria che proteggono e soffocano al tempo stesso), Mimì diventa grande. E scopre l’importanza dell’amicizia e dei legami veri, i palpiti del primo amore, il valore salvifico delle storie e delle parole. Perché i supereroi forse non esistono, ma il ricordo delle persone speciali e le loro piccole grandi azioni restano.
RECENSIONE
Inanella un successo dopo l’altro, Lorenzo Marone, ma questa volta aggiunge un ingrediente che rende il suo romanzo ancora più prezioso: anche se ci tiene a precisare che non è un libro SU Giancarlo Siani, ma un libro CON Giancarlo Siani, nondimeno nel leggere il romanzo il lettore è sempre teso nell’aspettativa delle notizie di questo giovane Uomo che ne 1985 è stato assassinato dalla mafia.
È un romanzo di ricordi della Napoli del 1985, che prende una tipica e normale famiglia napoletana del tempo e le fa vivere il 1985, raccontando al lettore le peripezie di un ragazzetto di nome Domenico (Mimì) che, sebbene povero e proveniente da una famiglia non acculturata, grazie a inattese fortune (l’avvocato, capo della madre – la famiglia all’ultimo piano della palazzina dove abita), riesce a mettere le mani su diversi libri per ragazzi, oltre che all’enciclopedia, che sfoglia regolarmente, fino a differenziarsi da tutta la sua famiglia e avere poi accesso a liceo e studi successivi che lo porteranno a intraprendere una professione che non sveleremo, per non fare rivelazioni inopportune.
Suddiviso in una quarantina di capitoli dai nomi suggestivi, il romanzo ci narra di un Mimì oramai adulto che ritorna a Napoli per rivivere i ricordi di quel famoso 1985 quando, ancora dodicenne, si ritrova a conoscere Giancarlo Siani, che per lui resterà sempre un eroe, pur senza superpoteri, dato che a settembre di quello stesso anno morirà per mano della mafia.
Le disavventure con il suo amico del cuore Sasà, la sua prima cotta per Viola – e la vita nel quartiere del Vomero, assieme alla sua famiglia e a Beethoven, il cane: ecco di cosa ci parla l’autore.
Un libro che corre sulle onde dei ricordi, ora allegri, ora tristi, ora neri, quando ci sarà il vile omicidio che farà uscire Mimì dall’infanzia, nella quale, nonostante tutto, ancora viveva.
Un romanzo che scorre veloce, che fa rivivere al lettore i propri ricordi della fanciullezza e che l’autore ambienta nuovamente nella sua amata Napoli, ricorrendo in taluni casi a espressioni gergali e al dialetto, per far sì che il lettore senta i profumi della sua terra.
Resta forse il rimpianto di non poter approfondire un po’ di più la vita del Mimì oramai adulto e di non capire appieno il motivo che lo ha riportato sulla via dei suoi ricordi.
Ciò detto, il romanzo prende il volo soprattutto negli incontri di Mimì con l’eroe Giancarlo Siani e noi lettori siamo grati di questo a Lorenzo Marone, perché ci permette di non dimenticare questo giovane Uomo, che non ha permesso al male di vincere sui suoi valori morali, e che a testa alta e lievemente, da eroe inconsapevole, è andato incontro alla morte, pur di continuare a informare i cittadini sui traffici della mafia sul quotidiano “Il Mattino”.
Parafrasando la dedica che Marone fa alla moglie, avremmo voluto anche noi essere degli eroi, per avere come unica missione la protezione di persone come Giancarlo Siani, Falcone, Borsellino, gli uomini di scorta, Saviano e i tanti che hanno sacrificato o stanno sacrificando la propria vita per la verità e per il bene comune. A loro il nostro pensiero, perché non vengano mai dimenticati, anche quando il tempo scorre veloce portando con sé queste vite – e il loro sacrificio personale resti nei nostri cuori e ci permetta di agire con più senso civico e coraggio.
PER RICORDARE GIANCARLO SIANI
(Napoli, 19 settembre 1959 – Napoli, 23 settembre 1985) É stato un giornalista italiano, assassinato dalla camorra. Per catturare i suoi assassini ci sono voluti ben dodici anni e tre pentiti e il motivo del suo omicidio, al di là della sua attività d’inchiesta giornalistica sul fronte della commistione tra criminalità organizzata e politica locale, era lo specifico interesse sugli appalti pubblici per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto dell’Irpinia del 1980 nei dintorni del Vesuvio.
Lorenzo Marone
nasce a Napoli, dove tutt’ora vive con la moglie Flavia e un bassotto di nome Greta. Laureato in Giurisprudenza, esercita l’avvocatura per quasi dieci anni, mantenendo parallelamente un’intima attività di scrittore.
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