Le cose di prima




Recensione di Giusj Sergi


Autore: Eduardo Savarese

Editore: Minimum fax

Genere: Narrativa

Pagine: 202

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi. Nella storia di Simeone, un adolescente colpito da distrofia muscolare, tutto sembra improbabile e quasi esotico, eppure pagina dopo pagina la condizione del protagonista si rivela in tutte le sue penose limitazioni e contrasti: l’inerzia forzata e il desiderio di crescita, il bisogno di essere amato e la difficoltà di esprimersi, l’incolpevolezza e il peso delle fratture causate ai rapporti familiari. La malattia isola e divide, rende i movimenti di ciascuno più deboli, inquina la dinamica dei sentimenti. La madre ha la voce stanca, nevrotica e isterica di chi vorrebbe riprendere a vivere, ma non ci riesce. Pierotta è la ragazzina depressa e instabile con cui Simeone duetta. Un professore di fisica quantistica, Filippo Pittari, il baritono brillante che si sforza di custodire un messaggio di equilibrio e di speranza, assumendosi persino un ruolo genitoriale. E in questo piccolo sistema solare che ubbidisce solo alle leggi della scienza c’è anche una vera soprano, la famosa Lea Hertzbush, la sola a steccare platealmente in pubblico. Ma è l’abbraccio di Thomas, il padre di origine siriana che lo ha abbandonato, che Simeone non smette di rincorrere. Per sapere se è un disertore o un eroe, e se per davvero nessuno può sfuggire al proprio destino. A loro due è riservato l’atto finale, sul fondale di una Gerusalemme immersa nella neve. Perché, come ha scritto Julian Barnes, soltanto il melodramma riesce ad andare dritto alla meta. E a rammentarci l’essenziale.

Recensione

Simeone mi è entrato nel sangue e nelle lacrime. Se l’intento dell’autore era quello di costruire un melodramma in quattro atti, come le migliori opere liriche, è riuscito in pieno nel suo intento; da appassionata di opera ho vissuto questa storia come una spettatrice a teatro, facendomi investire in pieno dalle mille emozioni e sensazioni che l’autore voleva trasmettere.

Questo romanzo canta, accompagnato da infinite orchestre e lacrime di dolore, speranza e rassegnazione.

È un vero e proprio percorso, di consapevolezza e di crescita, da parte di Simeone e anche di noi stessi e del nostro modo di guardare la vita, perché è anche questo ciò che riesce a fare questo libro, mostrarci un volto nuovo che, magari, noi non contempliamo: quello della malattia.

Ma l’autore non lo fa scendendo in pietismo e vittimismo, ma piuttosto sferrando veri e propri pugni allo stomaco, ben assestati, che ti portano a prendere una reale coscienza della situazione. Perché Simeone lo senti vivo, reale, vero, accanto a te, e provi affetto per lui, riesci ad amarlo, piangi e ti emozioni, vorresti con tutte le tue forze aiutarlo, ma non puoi, non solo perché lui è tra quelle pagine, ma perché la sua malattia rende le persone al suo fianco inutili, nessuno può tirarlo fuori dalla sua malattia.

L’autore ci pone nella condizione di guardare noi stessi tramite gli occhi di Simeone, un ragazzo che ci vede realmente per quello che siamo, per il disagio che ogni singolo individuo prova a trovarsi al suo fianco, ad avere a che fare con lui, come se da sé stesso emanasse la consapevolezza della malattia e della morte; e obbliga tutti a fare i conti con essa, senza distinzioni, perché Simeone, con la sua malattia irreversibile, pone la condizione della consapevolezza della realtà, una realtà mortale e fuggevole, che scorre via e non fa più ritorno.

Questo libro mi ha letteralmente devastata, Simeone mi ha devastata, la sua consapevolezza, la sua non accettazione della passività mi ha presa a calci in bocca, perché Simeone non è la malattia che lo tormenta, Simeone è vita, è ambizione, è sogno, è amore, è passione, e non sarà la sua malattia a fermare la forza della sua volontà e la certezza di voler riabbracciare il padre.

Un padre che non ha realmente mai accettato la malattia del figlio, che è fuggito lontano da lui per la troppa sofferenza di vivere giorno per giorno con la consapevolezza di vedere morire Simeone davanti ai suoi occhi, ma che quel figlio lo ama immensamente e in modo straziante, nella sua lontananza, sottraendosi da sé stesso e dal ragazzo che egli stesso ha generato.

Un libro immenso, unico, che mi ha devastata ma anche riempita di meraviglia, un testo che consiglio assolutamente e una voce meravigliosa nel panorama italiano che merita di essere letta da tutti.

Eduardo Savarese


Eduardo Savarese vive a Napoli, è magistrato e studioso di diritto internazionale. Per le edizioni e/o ha pubblicato i romanzi Non passare per il sangue (2012) e Le inutili vergogne (2014), e il saggio-racconto Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma (2015). Tiene un corso di scrittura creativa per diversamente abili presso l’associazione Onlus A Ruota Libera e collabora con Il Corriere del Mezzogiorno.