Recensione di Salvatore Argiolas
Autore: Niklas Natt och Dag
Traduzione: Gabriella Diverio, Barbara Fagnoni, Stefania Forlani
Editore: Einaudi
Genere: Romanzo storico, noir
Pagine: 544
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Stoccolma, 1794. In una città in cui lo splendore del passato sbiadisce giorno dopo giorno, una donna muore la notte delle nozze. Voci e superstizioni corrono incontrollate: c’è chi parla della follia del marito, altri arrivano a evocare l’irruzione di un branco di lupi. La madre è convinta di sapere la verità ma nessuno le crede. Non le resta che rivolgersi a Mickel Cardell, un ex soldato con un arto di legno, che ha fatto della lotta a ogni sopruso lo scopo della sua vita. Una madre piange la figlia assassinata la notte delle nozze. Ma nessuno pare voglia aiutarla a scoprire cosa è successo. Nella Svezia del 1794, le persone comuni non hanno voce. E l’unica speranza di questa madre è un uomo con un braccio solo e una forza eccezionale, Mickel Cardell. L’ex soldato è ancora scosso per la morte dell’amico e mentore Cecil Winge, ma l’indagine dell’anno precedente ha ridato un significato alla sua vita. E risolvere questo nuovo caso porterà, forse, ancora un po’ di senso in un mondo che sembra impazzito.
Recensione
“1794” è il secondo atto di un ambizioso progetto narrativo cominciato con “1793”, il cui titolo è una dichiarazione programmatica in quanto cita chiaramente un capolavoro di Victor Hugo, “Novantatrè” e Niklas Natt och Dag come Hugo riesce a superare i limiti di ogni genere letterario per raccontare la pervasività del male.
Ricco di suggestioni letterarie “1794”, riporta alle mente situazioni e libri di grande impatto come “Radici” di Alex Haley, “Viaggio al termine della notte” di Louis- Ferdinad Cèline e soprattutto “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, il cui urlo disperato “L’orrore, l’orrore” riecheggia in molte pagine di questo romanzo nero come le tenebre.
Mentre in “1793” si allungava l’ombra della rivoluzione francese e del terremoto politico e sociale che produsse in tutta Europa nel seguito c’è anche una parte importante della storia ambientata nell’isola caraibica di San Barthelemi, che in quel periodo apparteneva alla Svezia.
L’orrendo omicidio di una ragazza avvenuto nella notte del suo matrimonio porta Jean Michael Cardell detto Mickel, ex soldato e guardia civica di Stoccolma a indagare sulla setta chiamata Eumenidi e durante l’inchiesta ritrova Anna Stina Knapp, la venditrice di frutta conosciuta nel libro precedente e proprio questa corporazione segreta, un ordine di antica osservanza, richiama alla mente un altro romanzo di grandissima intensità.
Le Eumenidi erano le Furie, mitologiche personificazioni della vendetta e venivano chiamate anche “Le benevole” come il fluviale romanzo (943 pagine) “Le benevole “ di Jonathan Littell scrittore statunitense di origini ebree, il cui titolo richiama mito delle Eumenidi che proteggono i colpevoli. Protagonista e voce narrante di questo sconvolgente romanzo è Maximilien Aue, ricco merlettaio tedesco di origine francese che in un empito di espiazione racconta la sua scellerata vita attraverso gli orrori del ventesimo secolo.
Da semplice soldato Aue vive ogni più raccapricciante vicenda del folle incubo nazista sino a diventare per caso eroe nazionale e ci prospetta una scomoda verità che tentiamo sempre di nascondere. Non esistono buoni e cattivi ma il nostro animo può essere pronto ad oscillare tra una delle due situazioni a seconda della fatalità del caso. In un dialogo con il protagonista, un medico militare racconta di essere andato a riferire sulle vicende più atroci dell’invasione tedesca della Russia e alla domanda di Aue su quale fosse la cosa più atroce che avesse visto, il medico risponde semplicemente “L’Uomo”.
“Forse il selvaggio non è mai stato buono” dice un personaggio di “1794”, riferendosi alla teoria del “buon selvaggio” di Jean-Jacques Rousseau. “Forse la nostra specie è sempre stata marcia dentro, fin dal primo momento. Forse il mondo si limita ad invecchiare e mai a migliorare. Forse tutti i progressi che chiamiamo civiltà ci permettono di infliggere il male ai nostri simili a livelli che l’umanità non ha mai visto in precedenza.”
Entrambi i romanzi della serie sono tessuti con le stesse sostanze degli incubi ma sono straordinarie macchine narrative che funzionano al meglio per la grande bravura dell’autore che costring il lettore a macinare pagine su pagine calamitato dalla densità della trama.
Nei due libri si esplora tutta la profondità del male che “è opera degli uomini, racchiuso dentro mute pietre inanimate che forse hanno visto di peggio e ancora ne vedranno.” e a cui si può non si può fuggire ma bisogna affrontarlo a testa alta come faranno Mickel Cardell e Anna Stina Knapp.
Niklas Natt och Dag, discendente dalla più antica famiglia svedese ancora esistente e di cui si hanno notizie sin dal 1280, racconta una Stoccolma laida e livida come la Londra dickensiana e la popola di personaggi difficilmente dimenticabili come nella migliore produzione della narrativa ottocentesca,
E’ consigliabile leggere i due libri di seguito perché si capiscono meglio molti collegamenti e riferimenti importanti, per poter apprezzare più compiutamente il grande affresco storico che Niklas Natt och Dag e per cercare di individuare le tante citazioni di ci il testo abbonda, come questo passaggio posto all’inizio di “1794” che molti coglieranno al volo:
All’ingresso, mi ritrovai di fronte a una targa su cui erano incise delle specie di versi, e me ne rimasero impressi alcuni: “Di una meschina ambizione, di un amore infelice sono il frutto gli abitanti di questa casa: esamina la tua coscienza, o tu che leggi!.
Niklas Natt och Dag
è il discendente della piú antica famiglia aristocratica svedese, da tempo decaduta. Vive a Stoccolma con la moglie e i figli. Nel 2019 Einaudi ha pubblicato “1793”, il suo esordio e primo libro di una trilogia su Stoccolma che ha cambiato il thriller storico. Nel 2020 ha pubblicato il secondo libro, “1794”.
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