Intervista a Roberta Castelli




A tu per tu con l’autore


Iniziamo parlando dei due protagonisti, Mariolina e Manfredi, le due facce di una stessa medaglia ricca di dolore, fragile ma allo stesso tempo anche indistruttibile se maneggiata con cura e attenzione. Hai voglia di presentarli a chi ancora non li conosce, raccontandoci un po’ di loro e di come vi siete conosciuti? Nello scrivere sei riuscita a mantenere una certa distanza fra te e loro, oppure hai deciso di renderli ancora più tuoi donandogli qualcosa di te?

Mariolina e Manfredi rappresentano la voglia di farcela, nonostante tutto, e questa grande energia si trova dentro ognuno di noi. Quindi sì, c’è un po’ di me, e anche un po’ di voi, dentro questi due personaggi. La vita li ha spinti all’interno di una voragine con particolare violenza, facendoli piombare in un fondo così abissale che vedere la luce pare quasi impossibile. Loro ci provano; si trovano, si comprendono e si afferrano la mano per tentare insieme la risalita. Ecco cos’è adesso la loro vita: un folle, disperato e coraggioso tentativo di risalire. Il mio incontro con questi due personaggi è stato naturale, come mi capita sempre: sono venuti a trovarmi e io ho accolto la loro richiesta, raccontandoli. Mariolina, per esempio, mi ha pregato di dare voce al ricordo di una donna che ho incontrato davvero. La chiamavano la pazza di via Etnea, dicevano che avesse perso il senno dopo l’abbandono del futuro sposo il giorno delle nozze. Non so che fine abbia fatto ma amo immaginarla come Mariolina, aggrappata alla speranza che qualcosa di bello possa ancora accadere anche a lei.

Tema del romanzo, si può dire che sia quello degli ultimi e della non accettazione delle diversità e delle “eccentricità” altrui. Hai dato vita ad una storia umana che però è molto nera, di quelle dense, che riescono a ferire anche chi legge. Quando hai deciso di dare quell’impronta al tuo romanzo? Perché?

I miei primi due romanzi, quelli che vedono come protagonista il commissario Vanedda, trattano temi attuali e decisamente seri che però ho raccontato utilizzando una chiave ironica. Ecco, quell’ironia non mi bastava più. Descrivere certe dinamiche attraverso un sorriso può essere efficace ma, a volte, può togliere il giusto peso a problemi che invece meritano attenzione e serietà. ‘Il delitto di via Etnea’ è ambientato a Catania e i personaggi vivono le dinamiche di un quartiere ferito che nessuno è stato ancora in grado di far rinascere. L’ironia e il folklore siciliani sarebbero stati fuori contesto e non mi avrebbero permesso di trasmettere la giusta gravità che la situazione richiede. Le anime che si muovono tra quelle vie esistono anche se molti preferiscono fare finta che non sia così, ignorando le criticità. A me, invece, non piace volgere lo sguardo dall’altra parte; non lo facevo quando vivevo ancora in Sicilia e non lo faccio adesso, perché amo la mia terra e vorrei che diventasse ciò che merita di essere. Come dico sempre, la consapevolezza rende il problema tangibile e solo dopo è possibile trovare una soluzione.

“Quindi lei è razzista? … Non è che io sono razzista, questa società lo è…”. Qui è sempre un tuo personaggio che parla. Come ti poni, quando purtroppo, ancora troppo spesso senti affermazioni di questo tipo?

Come mi devo porre? Ormai assistiamo inermi allo stillicidio dell’umanità, un sentimento che dovrebbe appartenere a tutti noi ma che, invece, diventa ogni giorno più labile. La società moderna ha imparato a camuffare il razzismo con atti ipocriti di falso perbenismo ma lui è sempre lì, forte come prima, e temo che da un momento all’altro possa riesplodere con veemenza in tutto il suo orrore. Momar e Ahmed sono due tra i tanti invisibili, la manifestazione vivente del tonfo che può essere generato da un’illusione quando va a sbattere contro il muro della realtà.

“… la vita è come uno schiaccianoci manovrato dalla mano del destino, che preme forte per spezzarci la spina dorsale…”. Questo pensa uno dei tuoi personaggi, ad un certo punto, consapevole di cosa sia in grado di toglierti la vita e spesso spettatore impotente del destino. Tu, Roberta, la vedi nello stesso modo o ritieni, invece, che nella vita vi siano i margini per attimi di maggiore pace e conforto?

Dipende sempre dai punti di vista. Per quanto mi riguarda ti posso dire che certo, ci sono ampi margini per attimi di pace e, come nelle altalene, arrivi in basso e poi risali. Però, dobbiamo essere onesti, non vale per tutti. Quando la gente si trova impantanata in contesti che offrono solo desolazione a 360 gradi, è impossibile riuscire a immaginare una via di fuga clemente. È semplice per chi vive fuori da certe dinamiche e, tutto sommato (lo abbiamo sperimentato di recente anche con il Covid), che cosa costa dire agli altri “Andrà tutto bene”? Forse, dobbiamo allenare maggiormente l’empatia: come mi sentirei se mi trovassi nelle scarpe di quella persona? Mi verrebbe da dire che andrà tutto bene oppure farei qualsiasi cosa per tentare di rimanere a galla? 

“… i ricordi, spesso e volentieri, feriscono… assenze ingombranti toglieranno fiato e sonno…”. In che misura condividi questo pensiero, sempre che tu lo condivida?

Lo condivido appieno. Credo che sia fisiologico, tendiamo a ricordare spesso i momenti belli archiviando quelli brutti. Proprio per questo, per il loro appartenere a un passato che non può tornare, feriscono e lacerano il cuore. Come è naturale che sia, alle nostre spalle lasciamo sempre qualcuno: amori, amicizie o persone che sono volate in cielo per l’ultimo irrevocabile viaggio. Ricordare significa riaccendere ogni volta una mancanza che non può essere colmata e fa male, come fanno male i ricordi brutti, quelli che ancora non abbiamo messo nel cassetto e a ogni loro accenno di presenza ci portano a ripetere “Se avessi fatto questo e se avessi detto quello, magari, non sarebbe successo niente”. Non voglio dire che tutti i ricordi feriscano, ci mancherebbe; siamo pieni di gradevoli alcove che custodiscono nella nostra mente un rifugio caldo e piacevole, ma è complicato trovare la porta di ingresso per accedere a quelle dolci memorie mentre tentiamo di fuggire da ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.

“Il furto peggiore che un essere umano può compiere? Privare un’altra persona di un pezzo della sua anima…”. Questa è una frase molto toccante, che una volta entrata nel libro, ti esplode in mano in modo inarrestabile. Cosa ne pensa Roberta Castelli?

Penso che sia proprio così e questo crimine viene perpetrato ogni giorno. Compiere atti ignobili nei confronti di un solo essere umano non colpisce solo l’interessato ma anche il mondo di affetti che gli ruota attorno. Un esempio tra tutti, la carneficina di donne morte ammazzate per mano di chi si crede detentore delle vite altrui. Per ogni vittima che piangiamo ce ne sono molte altre che, solo in apparenza, possono definirsi ancora vive e rimarranno per sempre con un pezzo di anima in meno, come ho scritto nel libro.

Il binomio libro Frilli/importanza di un luogo ormai è cosa assodata per cui ti chiedo: perché proprio Via Etnea e perché l’alterego del quartiere San Berillo, ovvero Bottegaccia nel romanzo? Vuoi raccontare un po’ di queste zone a chi, come me, prima del libro non le conosceva proprio?

Molti autori, me compresa, hanno raccontato il lato seducente della Sicilia ed è giusto, perché la nostra meravigliosa isola pullula di bellezze, cultura e generosità. Però, purtroppo, c’è anche un degrado che, se non arginato in tutta fretta, rischia di compromettere ogni cosa. Non raccontarlo, ignorando il problema, non può che fare precipitare la situazione. In tutta sincerità, ero davvero stanca di cavalcare i soliti cliché sfornando romanzi capaci di incontrare facilmente le aspettative di tutti. Avevo voglia di fare rumore, volevo smuovere le acque ricordando che Catania grida disperatamente, chiedendoci aiuto. Posso dire di avere ottenuto il risultato sperato e ringrazio le tantissime persone che hanno letto il libro, apprezzandolo. A onor del vero, qualcuno si è infastidito perché non ho parlato di sole, mare e cibo… ma davvero un’autrice dovrebbe ridursi a quello? Dovremmo scrivere solo ciò che appare bello perché il brutto ferisce? Non dimentichiamo, tra le altre cose, che il noir metropolitano nasce proprio con l’intento di rendere protagonista la città, raccontando sia il degrado ambientale che quello morale. Per rispondere alla domanda su San Berillo e via Etnea, ho scelto quella zona perché tra me e lei c’è un legame affettivo particolare. Ho lavorato in via Etnea per tanto tempo e dentro di me vivono ricordi e storie indelebili. Proprio per questo motivo non posso accettare che in pieno centro storico, a pochi passi dalla via principale, esista un mondo diametralmente opposto che toglie bellezza e genera pericolo. Dovremmo sbalordirci tutti… o no? Non vorrei essere ripetitiva parlandovi di cose che ho già descritto nel romanzo, ma un suggerimento posso darvelo: visitate Catania, tornerete a casa con il cuore pieno di meraviglia, ve lo assicuro. 

Hai già delle nuove idee che premono per uscire dal cassetto segreto dei manoscritti? Sentiremo ancora parlare di Mariolina e Manfredi?

Certo. Il nuovo romanzo con protagonisti Mariolina e Manfredi è già tra le preziose mani dell’editore e dovrebbe uscire a fine giugno 2024. Questa volta, la storia di fantasia si intreccia con una vicenda vera che merita di essere ricordata o scoperta, se non ne avete mai sentito parlare. Catania, nella nuova indagine, risplende di bellezza durante uno dei periodi più suggestivi dell’anno. Insieme a Mariolina e Manfredi troverete personaggi che avete amato nel primo libro e le loro vicende personali si evolveranno, con qualche sorpresa. Ho in mente anche un nuovo progetto ma è ancora in fase embrionale, ci aggiorneremo più avanti. 

Quando non scrivi, anche tu leggi tanto? Hai dei generi e degli autori di riferimento e fra questi, c’è spazio anche per qualche autore nordico?

Leggo ogni giorno, di solito la notte o quando sono in giro e devo ammazzare le lunghe attese; nella mia borsa c’è sempre un libro. Al momento, il mio riferimento è il giallo/noir ma amo leggere di tutto, che siano classici o romanzi non di genere. Tea Ranno, per esempio, è un’autrice siciliana che incanta e che non può mancare tra le vostre letture. Il mio autore preferito in assoluto, come avrete già intuito leggendo ‘Il delitto di via Etnea’, è Carlos Ruiz Zafón; la sua penna è unica. Al momento, sto proseguendo la lettura delle indagini di Cormoran Strike, personaggio creato dall’incredibile J. K. Rowling che per questa serie ha scelto lo pseudonimo di Robert Galbraith. Per quanto riguarda il Nord, ho letto diversi libri: Camilla Läckberg, per esempio, Anne Holt e Jonas Jonasson, che mi ha fatto innamorare con il suo esilarante ‘Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve’. 

A nome mio e di tutta la redazione di Thrillernord, ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato.

Io ringrazio voi, di cuore.

Loredana Cescutti

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