Intervista a Maria Masella




A tu per tu con l’autore


Inizio nel dirti, che, se già ero rimasta conquistata dalla nostalgia e da quello stile noir di Mariani, con Ardini è scoppiata la passione, tanto più lui si è dimostrato respingente, tanto più io bramavo di conoscerlo. E che dire di Teresa, la rossa di capelli ma anche di carattere, per nulla riflessiva, almeno non del tutto. Uno glaciale, per autodifesa, l’altra caliente e facile alla fiamma. Vuoi presentarci i tuoi personaggi, svelandoli un po’ come ritieni? Fra Ardini, Maritano e Mariani (protagonista dell’altra tua serie) chi preferisci e perché?

MM: Quando ho scritto il primo Mariani (Morte a domicilio) sapevo pochissimo di lui, soltanto che i rapporti con la moglie erano pessimi e avrebbe dovuto cercare un assassino che colpiva sempre più vicino a lui e alla sua famiglia. Ho scoperto il motivo scrivendo la storia e il personaggio Antonio ha preso corpo. Mi sono innamorata di lui che ha continuato a raccontarmi le sue avventure, professionali e private. Poi è capitato un guaio: mi è arrivata la storia di una bambina “rapita per errore” e lui non era la persona giusta per indagare. Non so perché lo sentissi “fuori posto”, ma avevo bisogno di un investigatore diverso. Mi sono tormentata per mesi, poi ho trovato la chiave: Teresa Maritano, ex ispettore di polizia, attualmente barista. Focosa, impulsiva e con molte ferite. Attenta. Le ho messo accanto Marco Ardini, commissario, con cui ha un rapporto conflittuale. Scrivevo e Ardini mi incuriosiva sempre di più, mi chiedevo perché era così. Sì, avrei indagato… Scrivevo “Nessun ricordo muore” e sapevo che ne avrei scritti altri due per scoprire la storia di Marco, dell’uomo Marco, che ancora non conoscevo. Poi la serie mi ha preso la mano perché da quei due non riuscivo a staccarmi. Chi preferisco dei tre? Non lo so. Ho provato a chiudere con Maritano e poi non sono riuscita. Antonio? Non si contano i tentativi di ucciderlo ed è vivo, attualmente impegnato in un’indagine. Ognuno dei tre ha una parte del mio DNA. Sono focosa e prendo fuoco all’istante, ho momenti in cui respingo gli altri e chiudo la porta con complicate password, ma le idee di Antonio sul mondo e la vita sono le mie, anche le sue giornate di accidia, i suoi girare a vuoto.

Ad un certo punto Maritano afferma: “Io non sono emotiva, è lui a essere freddo.”. L’affermazione mi ha fatta sorridere e ripensare anche a me e in generale a tutti, perché ognuno di noi tende a non voler riconoscere le proprie peculiarità, negandole alla morte. Anche Maria Masella fa così?

MM: Sì! Quando parlano di me, fatico a riconoscermi. Che poi anche il riconoscersi è questione da chiarire perché noi cambiamo, almeno in parte, ogni giorno. Come cambia il corpo (vi assicuro che cambia!) così alcuni spigoli si smussano ma si accumulano cicatrici che, sfiorate, dolgono. Sì, anche questi mutamenti ho cercato di raccontare nelle mie storie. Antonio del primo romanzo è e non è quello di “Un caso freddo”. Così sono cambiati Tea e Marco. Soltanto i morti restano uguali, in realtà neppure il ricordo che abbiamo di loro, perché un ricordo è una potente relazione a due e se uno dei due estremi cambia… Ma sono scivolata fuori tema!

Come in altri tuoi romanzi che ho avuto l’opportunità di leggere, il passato ha sempre una componente importante e anzi, spesso, come ho verificato da poco in “Un caso freddo” con protagonista Antonio Mariani e ora con “Sangue dal passato” che vede il ritorno di Maritano e Ardini è proprio LUI, il passato a smuovere sentimenti e sofferenza. Che rapporto hai con il passato?

MM: Il passato è uno zaino che portiamo sulle spalle, utilissimo perché ci sono cibi e bevande, indumenti e utensili di scorta, ma spesso pesante. Uno zaino che proviamo a sfilare ma resta lì. Alla mia età si pensa spesso al passato, alle scelte compiute. Da scrittrice posso dire che il personaggio Mariani ha preso corpo da quando ho scritto “Primo”, il prequel dedicato al suo passato. Perché non ho provveduto prima? Perché non lo conoscevo!

“La morte fa parte della vita. È da sciocchi ignorarla…”. Sei d’accordo con il tuo personaggio?

MM: Sì. Ritengo che uno dei problemi più gravi della nostra società sia averla messa da parte, fingendo che non esista, o rendendola “spettacolare”. 

Il tema del libro è forte, devasta e da qualsiasi prospettiva lo si guardi continua a fare male. Per altro dalla lettura di questo romanzo (gli altri li recupererò, non temere!), si capisce che è una storia che da molto tormenta i tuoi personaggi. Come mai ha deciso di toccare un tema così difficile?

MM: Tutto il ciclo Maritano ha un tema di fondo, ricorrente, quello del rapporto sbilanciato fra gli adulti e i minori. Nel primo c’erano una bambina quasi reclusa e un’altra lasciata senza protezione. Nel quinto compariva un’altra angolazione, quella delle adozioni di comodo, perché un figlio ci vuole. Sono tutti argomenti dolorosi. Quello del sesto, la pedofilia o peggio, compariva anche nel secondo, “Vittime e delitti”. È però necessario che spieghi un punto importante: quando comincio una storia non lo faccio per toccare un tema specifico, scrivo una storia e scopro che, fra le righe, volevo trattare quel tema, forse perché lo sentivo in modo particolare. Anche in un Mariani, “Mariani e il caso cuorenero”, si ripresenta.

Partendo dal pensiero di Maritano “Voglio scoprire la verità ma vorrei non trovarla, perché peggiora a ogni passo.”, senza ulteriori giri di parole, ti chiederei: che valore ha per te il concetto di verità e poi, preferisci sapere TUTTO anche soffrendo piuttosto che rimanere nel limbo di una mezza menzogna?

MM: TUTTO. Se posso, vorrei citare una frase di un altro mio noir, “Tunnel”, frase che ho voluto nella quarta di copertina. Cito a memoria: “la verità era sollievo e spesso dolore: la verità era sempre diversa da come la si sperava.”

Nei ringraziamenti finali, tu affermi che in principio avevi deciso di chiudere con questo duo così anomalo, s/legato a doppio nodo e che fa così tanta fatica a vivere in una normalità troppo equilibrata ma poi, la svolta che ti ha fatto cambiare idea. Vuoi parlarcene tu? E ancora, sei felice di aver ripreso in mano le loro esistenze?

MM: scrivere le storie di Tea e Marco è faticoso dal punto di vista emotivo, avevo deciso di smettere. Scrivendo un racconto, non noir, mi sono distratta ed è arrivato un personaggio secondario del loro ciclo. Eppure, lo so che devo stare attenta e impedire che nuove storie arrivino! Felice? Non so. Mentre scrivevo “Sangue dal passato” stavo male e anche bene perché me ne liberavo. 

Per l’estate scrittura matta e disperatissima o un po’ di sano relax con qualche bel libro da leggere, tanto per cambiare?

MM: sto facendo Mariani 2024. Dovrei scrivere tre racconti. Vorrei leggere noir, genere che amo e devo evitare quando lavoro noir, in pratica sei o sette mesi all’anno, perché la mia media si attesta su due noir e un romance all’anno.

Grazie per la tua grande disponibilità a nome mio e di tutta la redazione di Thrillernord.

Loredana Cescutti

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