IO SONO INNOCENTE
Beniamino Zuncheddu
Mauro Trogu
Storia di un uomo
incarcerato ingiustamente per 33 anni
e dell’avvocato che lottato per la sua libertà
DETTAGLI:
Editore: De Agostini Libri
Genere: non fiction
Pagine: 267
Anno edizione: 2024
Sinossi. La sera del 28 febbraio 1991 tutta Italia sta guardando Sanremo, ed è acceso sul Festival anche il televisore di Beniamino Zuncheddu e dei suoi familiari, nella loro casa di Burcei, nel sud della Sardegna, quando suona il campanello. È un’ora tarda, non può essere una visita normale: c’è qualcosa che non va. E infatti alla porta ci sono degli agenti della squadra mobile della Questura di Cagliari in divisa mimetica. Prelevano Beniamino, e per lui ha inizio un incubo senza fine. Da semplice pastore di appena ventisei anni, diventa il principale indiziato per una strage avvenuta poche settimane prima, in cui sono stati uccisi tre uomini e un quarto è rimasto gravemente ferito. Beniamino è innocente, continua a ripeterlo, ma il sopravvissuto alla strage dice di averlo riconosciuto, e un testimone racconta di averlo visto, in passato, minacciare una delle vittime. Così, nel giro di appena un anno, Beniamino viene condannato all’ergastolo in via definitiva, e si arrende a passare in carcere il resto della sua vita. Finché, ventisei anni dopo, un giovane avvocato non incappa nella sua storia. Lo crede colpevole, ma quando legge gli atti dei processi si rende conto che le prove sono molto più che deboli: sono inverosimili. Possibile che i giudici dell’epoca non se ne fossero accorti? Inizia a scavare, e si rende conto di trovarsi davanti a un clamoroso errore giudiziario, su cui si allunga l’ombra di una verità sconcertante. Io sono innocente è il racconto a due voci di uno dei più gravi errori della giustizia nel nostro paese. Una storia di silenzi e tempo immobile, e insieme di ricerca e lotta instancabile.
Recensione di Silvana Meloni
Quando parliamo di Giustizia, non tutti intendiamo la stessa cosa. Il concetto si presta a molti contesti e a diverse interpretazioni. C’è la Giustizia formale, processuale, e quella sostanziale, che tiene conto più delle conseguenze reali dei fatti che dell’attribuzione legale delle colpe nell’individuare vittime e carnefici.
In Sardegna, soprattutto negli ambienti pastorali ma anche in città, la Giustizia è l’Istituzione, che ricerca i colpevoli dei fatti criminosi e applica le pene; al contrario di quanto si afferma negli ambienti colti e accademici, laddove la Giustizia è un concetto astratto, che si persegue attraverso percorsi formali, onde giungere alfine all’applicazione di un sistema di attribuzione di responsabilità per alcuni e di ristoro per le vittime. Il fine da raggiungere è la Giustizia Sostanziale, che non incorra in abbagli e false rappresentazioni della realtà nel comminare le sanzioni.
Tuttavia, sarebbe illusorio ritenere che, nel perseguimento di quel fine ultimo, sia raro cadere nell’errore: errore nell’applicazione della norma, sostanziale o processuale, ovvero errore nell’individuazione del responsabile di un crimine e nell’attribuzione di una sanzione equa. L’errore giudiziario esiste, e sempre esisterà perché il diritto, che potrebbe essere perfetto in astratto, non lo sarà mai in concreto. Le variabili da prendere in considerazione sono infatti infinite.
Tutti gli operatori del sistema giuridico hanno questa consapevolezza, dagli avvocati ai giudici, dalla polizia giudiziaria (o altro corpo di forza dell’ordine) agli operatori di polizia penitenziaria. Infatti, la stessa nostra Costituzione, all’art.24, ci dice non solo che tutti hanno diritto a una difesa adeguata, e sono assicurati ai meno abbienti i mezzi per esercitare la propria difesa, ma anche che “la legge determina i modi e i mezzi per la riparazione degli errori giudiziari”.
Che significa?
Innanzitutto, che i costituenti davano per scontata la possibilità dell’errore nell’applicazione della Giustizia, e, in seconda battuta, che la materia era da loro considerata talmente delicata da prevedere in Costituzione una riserva di legge (materia cioè riservata esclusivamente alla legge e non a regolamenti o altre fonti di grado inferiore) che potesse prevedere il quando e come intervenire per rimediare agli errori, sia nella loro eliminazione che nella equa riparazione per le vittime dell’ingiustizia.
Ingiustizia. Ecco un’altra parola che a questo punto va a configurare ciò di cui stiamo parlando. Perché l’errore giudiziario si concretizza in una profonda ingiustizia, sia processuale che sostanziale. Cioè l’esatto contrario della parola Giustizia dalla quale siamo partiti.
E se la Giustizia, per molte persone, si confonde con l’Istituzione, come detto sopra, cosa può concretizzare l’Ingiustizia se non il rifiuto di credere e di affidarsi a quella stessa Istituzione?
Questa è la situazione concreta da cui si dipana questo racconto di vita vissuta, o meglio, di peripezie giudiziali vissute da un uomo, Beniamino Zuncheddu, condannato con leggerezza all’ergastolo sulla base di un castello di prove indiziarie e false testimonianze, e del suo avvocato Mauro Trogu che, dopo ventisette anni dal primo processo, si pone come obiettivo il superamento di quella iniziale ingiustizia; perseguendo invece quella Giustizia,sostanziale e processuale, alla quale ha diritto il suo assistito.
Non è un percorso facile, e, paradossalmente, nel nostro sistema risulta ben più complicato ottenere una revisione del primo procedimento, con l’acquisizione di un nuovo punto di vista sul crimine e dunque di nuovo materiale probatorio, che lavorare sin dall’inizio di una vicenda processuale per la difesa di un imputato e ottenerne l’assoluzione. Così come risulta complicatissimo ottenere la libertà condizionata del detenuto nelle more del Processo di Revisione.
In una parola, il sistema giudiziario, che pur riconosce in astratto l’errore come evento discretamente frequente, tanto che se ne occupa lo stesso costituente, s’incaponisce nelconcreto quando si trova di fronte il caso processuale da riesaminare; come a voler rifiutare, a priori, la possibilità che altri giudici abbiano commesso degli errori nell’acquisizione e valutazione delle prove, nonché nella comminazione della sanzione.
Il racconto di questa vicenda processuale, portato avanti a quattro mani, intreccia circostanze in cui si esplicita il percorso giudiziario, soffermandosi sugli inciampi e sulle piccole vittorie, con occasioni di grande umanità, che ci portano sia dentro l’esperienza di vita di Beniamino Zuncheddu che in quella della lotta, umana e professionale, del suo avvocato; nonché della famiglia di Beniamino, che non ha mai smesso, in trent’anni, di nutrire la speranza di ottenere giustizia, nonostante i tanti momenti di sconforto.
In sintesi, non possiamo negare l’esistenza della possibilità di errore, tuttavia, nel contempo, il sistema deve essere in grado di affrontare la revisione processuale senza pregiudizi e con l’intento di intervenire prontamente per evitare il protrarsi dell’ingiustizia.
È una cronaca di fatti realmente accaduti, ma la scrittura è così coinvolgente che sembra di avere in mano un legal thriller di Grisham, circostanza che non può che giovare alla comprensione e diffusione di un testo di grande spessore come questo.
Complimenti agli autori, una lettura imprescindibile anche per coloro che sono lontani dai meccanismi giudiziari. Consigliatissimo.
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Mauro Trogu
Beniamino Zuncheddu
Mauro Trogu è un avvocato del Foro di Cagliari. Ha all’attivo diverse pubblicazioni giuridiche e insegna al Master di primo livello in Criminologia e scienze strategiche dell’Università La Sapienza di Roma. Laureatosi nel 2005 presso l’Università degli Studi di Cagliari, dal 2009 è avvocato iscritto al Foro di Cagliari. È stato cultore della materia in diritto processuale penale e nel 2012 ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in diritto processuale penale interno, internazionale e comparato presso l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. Per sei anni è stato titolare di un assegno di ricerca in diritto processuale penale presso l’Università degli Studi di Cagliari. Tra il 2008-2009 ha svolto incarichi di docenza nell’ambito dei corsi professionali presso la scuola di Formazione ed Aggiornamento del Corpo di Polizia e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria. Tra il 2014-2015 è stato membro del gruppo di ricerca “Pericolosità sociale e valutazione del rischio di recidiva” presso l’Università degli Studi di Cagliari. Tra il 2017-2018 è stato docente incaricato nell’ambito dei corsi di formazione della Polizia locale della Regione autonoma della Sardegna. Ha conosciuto Beniamino Zuncheddu alla fine del 2016.
Beniamino Zuncheddu era un giovane pastore quando è stato condannato all’ergastolo per una strage che non aveva commesso. Ha trascorso quasi trentatré anni nelle carceri sarde di Buoncammino, Badu ’e Carros e Uta. Il 26 gennaio 2024 è stato dichiarato innocente.
A cura di Silvana Meloni