Intervista a Lorenzo Marone




A tu per tu con l’autore


Per rompere subito il ghiaccio, siamo curiosi di sapere come è avvenuto il Suo inizio di scrittore. E se il fatto di avere una famiglia con un figlio piccolo può essere motivo di ansia per gli spostamenti che deve fare in giro per l’Italia per la promozione del nuovo romanzo, oppure se riesce a farsi seguire dalla famiglia.

Ho iniziato con i racconti, partecipavo ai premi di inediti e, vincendoli, mi venne voglia di cimentarmi con un romanzo. Parliamo di sei, sette anni fa. La mia famiglia ogni tanto mi segue, ma è difficile. Diciamo che è arrivato tutto insieme, il figlio e i libri, e a volte non è semplice stare dietro a ogni cosa.

Come è nata l’idea per questo romanzo? Sembra quasi una mescolanza tra la sua reale vita di adolescente e la sua immaginazione, unita ad un contesto storico-politico molto intenso degli anni Ottanta. A tal proposito, la figura di Giancarlo Siani Le è servita solo per contestualizzare la vicenda di cui voleva parlare, oppure è un ricordo Suo personale?

È una figura alla quale sono molto legato, come tutta la mia generazione di napoletani. Lui è stato un esempio, un faro, un gigante, e quando ho pensato a un eroe per il mio Mimì, non poteva che essere lui. L’ambientazione e il contesto storico sono venuti per forza di cose. C’è, in ogni caso, molto della mia adolescenza in questa storia.

Come altri scrittori e Case Editrici, Lei è attivo sui Social. Le serve per mantenere un contatto più ravvicinato con i suoi lettori? Per una Casa Editrice significa un’ulteriore e e relativamente nuova opportunità per pubblicizzare la Sua attività. Ma per uno scrittore, cosa significa postare sui Social Media, sapendo che in tal modo può raggiungere centinaia di persone con un semplice click? E’ parimenti importante come le presentazioni dei Suoi romanzi ad un pubblico fisicamente presente? 

È certamente importante a livello pubblicitario, ovvio, ma anche per “condividere” emozioni e sensazioni con chi ti legge. È un modo per essere sempre in contatto con chi ti vuole bene e ti riempie di affetto. Per me è molto gratificante ricevere i pareri e i messaggi da parte dei lettori, anche se non sempre è facile gestire tutto.

Nel romanzo, ripete più volte che “una frase scritta vale più del parlato e dei gesti”. Quanto questo rispecchia la Sua vita e quanto è stato importante all’interno della Sua storia?

La scrittura mi ha permesso di esternare il mio mondo interiore che faticavo a mostrare dal vivo. Ho detto tutto.

Tra le varie passioni dell’adolescente protagonista del Suo racconto, Mimì (Domenico), troviamo i fumetti, logica abbinata ed in un certo senso derivazione della ricerca dell’eroe e dei super-poteri, che ha dato anche il “la” per la conoscenza di Giancarlo Siani… E’ una passione (la lettura allora dei fumetti e magari oggi dei manga) che il Suo protagonista condivide con Lei, oppure questa passione è frutto della Sua inventiva? E di tutti i libri per ragazzi citati nel romanzo: frutto di scrittura creativa, o letture della Sua giovinezza?

I libri di Mimì sono i miei, le letture che amavo e amo. Come anche i fumetti, ho iniziato con Topolino e Asterix, poi Spiderman, Tex; sono un gran lettore di fumetti, ancora oggi, soprattutto di Graphic Novel.

Un aspetto appassionante di questo Suo ultimo romanzo, ma anche dei precedenti da Lei scritti, è l’amore evidente per Napoli e la rappresentazione di questa città nei Suoi scritti: quanta importanza per Lei riveste l’ambientazione di una storia? Pensa che anche i prossimi Suoi romanzi saranno ambientati in questa magnifica seppur difficile città?

Penso proprio di sì, la mia scrittura è inevitabilmente legata a Napoli, alla mia terra, non mi immagino al di fuori di questo contesto, credo di poter raccontare la mia città ancora in altri modi, da altri punti di vista. Napoli è un cubo di Rubik, ha mille facce e a volte è difficile trovare un ordine nel caos.

 Una storia, come anche Lei sottolinea nel romanzo, con un finale purtroppo già scritto, quantomeno per Giancarlo Siani, giornalista ucciso dalla Mafia nel 1985. Cosa resta di questo coraggioso “ragazzo/uomo” oggi? A parte il murale sul luogo dell’assassinio, qualche Sala o Strada a lui intitolata, o qualche  commemorazione?

Restano le sue parole, appunto, i suoi scritti, l’esempio, il suo coraggio, le sue scelte da eroe e il sorriso di un ragazzo normale.

Piccola curiosità: il Vasco Rossi che Lei cita nel romanzo, è rocker amato dal giornalista, oppure un piacere musicale che condivide con i personaggi della storia?

È un aneddoto reale, Giancarlo la sera dell’assassinio sarebbe dovuto andare al concerto di Vasco al San Paolo.

La storia d’amore tra Mimì e Viola è naturalmente sofferta in tutta la prima parte dal punto di vista del ragazzo, visto che nel romanzo ci viene raccontato il suo punto di vista e poco sappiamo dei pensieri di Viola. Ma anche la parte finale, che non riveleremo per non fare inopportune rivelazioni ai lettori, è un po’ amara, soprattutto nel finale, per la modalità con cui Viola interagisce, quasi una mera voce fuori campo. Forse la sensazione è data anche da questo tuffo nel passato che sta compiendo Mimì. Ci incuriosisce capire il perché ha costruito in questo modo la storia tra questi due ragazzi e anche perché ha deciso di creare un romanzo con un doppio passaggio temporale: l’oggi ed i ricordi del 1985.

Volevo vestire i panni di un adolescente, avere il suo sguardo “ingenuo”, ma volevo pure che il lettore conoscesse il Domenico adulto. La storia con Viola è la storia di un amore adolescenziale di quegli anni, con la speranza di incontrarsi per strada, quasi per caso, senza sapere poi quando l’avresti rivista. La precarietà di questi incontri li rendeva magici. Oggi questo si è del tutto perso.

Riallacciandoci al suo amore per Napoli e all’uso all’interno del suo romanzo di parole dialettali, che abbiamo ritrovato anche in suoi precedenti libri, non Le sembra diventato un po’ di moda questo modo di scrivere, intercalando all’interno di un romanzo parole o piccole frasi dialettali? Secondo Lei può rendere più efficace una vicenda?, calare maggiormente un lettore nella storia?

Non è una moda, è un obbligo. Se racconto personaggi di una Napoli più popolare non posso di certo farli parlare in italiano, sarebbe irreale, stonerebbe alquanto. Il napoletano serve a colorare e insaporire le mie storie.

Come domanda conclusiva di questa intervista, desideriamo conoscere un po’ i suoi gusti letterari. In primis se legge romanzi nordici, o più in generale thriller, polizieschi, gialli… E sicuramente un paio di autori e/o romanzi che Lei considera fondamentali, indipendentemente dal genere cui appartengono…

Purtroppo non leggo più thriller o gialli, da ragazzo era un grande appassionato, anche di fantasy, oggi di meno, mi è rimasto l’amore per i romanzi storici, e i fumetti…quelli non li abbandono ?. Ci sono tantissimi autori che amo, ne cito tre molto diversi fra loro, ma tutti americani: Stephen King, Charles Bukowski, Philip Roth.

Lorenzo Marone

Marina Morassut 

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