Intervista a Andrea Camilleri




A tu per tu con l’autore


«Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi, sono stato regista teatrale, televisivo, radiofonico, ho scritto più di cento libri, tradotti in tante lingue e di discreto successo. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla. Solo su queste pietre eterne».

Conversazione su Tiresia, Andrea Camilleri

(Sellerio Editore – Palermo)

Ho letto in varie interviste che Vigata, il nome della città da lei immaginata come ambientazione per la maggioranza delle sue opere, sia mutuato per assonanza da Licata. Ho sempre pensato che bastasse togliere due sole lettere per definire cosa rappresenti per lei e cosa lei abbia messo dentro quelle strade e quei palazzi. Vigata, al netto di ga è vita. Nei romanzi di ambientazione contemporanea, ciò che lei ha saputo infondere all’ambiente ha il respiro del vissuto di esperienze sue proprie. Per i romanzi ambientati in una Vigata di un passato lontano, a cosa ha attinto per infondere il medesimo vitale e reale battito di cuore ?

Nel 1873 venne promossa dal Parlamento Italiano un’inchiesta, appunto parlamentare, sulle condizioni socio-economiche della Sicilia. Questa inchiesta fu veramente esaustiva in quanto vennero interrogati sindaci e gente comune professionisti e braccianti agricoli, sicché si ebbe una molteplicità di voci. Questa inchiesta è stata pubblicata a metà del secolo scorso in due volumi dall’editore Cappelli. E’ la trascrizione dall’originale stenografico, quindi le domande e le risposte sono come un dialogo vivo e presente, io mi sono basato moltissimo sulle resultanze di questa inchiesta per scrivere alcuni dei miei romanzi storici. A Vigata che potrebbe stare per Vita non avevo mai pensato, ma certo che risponde alla rappresentazione di diverse vite.

La mossa del cavallo è un romanzo che amo in maniera viscerale. Lo ho riletto più volte nel corso del tempo e ogni volta la lettura mi ha riservato sorprese, riflessioni su piani diversi. Trovo qui sopra ogni altra suggestione, di cui pure è ricco, la forza moderna e dirompente nel precorrere (il romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1999) i tanti dibattiti e discorsi attorno alla questione dell’integrazione e nel posare sul tema uno sguardo carico di umanità e di intelligenza. Un ispettore ligure, genovese per mentalità e lingua, si trova ad indagare su un caso in Sicilia, nel 1877. Non ne verrà a capo finché non scavalcherà le sue barriere culturali (ecco la mossa del cavallo) ed inizierà a ragionare in siciliano , peraltro, riappropriandosi delle sue radici.   Perché, secondo lei, oggi sembra essere così difficile, non a parole ma nei fatti, una analoga mossa del cavallo non per negare differenze, ma proprio come punto di partenza per affrontare ogni logica, pratica ed inevitabile problematica relativa alla sfera dell’immigrazione?

Lei sa benissimo che corre una gran bella differenza tra un romanzo, sia pure derivato da un fatto realmente accaduto e accuratamente descritto nelle pagine del diario di Leopoldo Franchetti e la realtà odierna. Io personalmente non riesco a capire la parola ‘integrazione’ che cosa si voglia che sia questa parola. Uno straniero, in qualsiasi condizione di vita si trovi a vivere se emigra è costretto a emigrare in un’altra civiltà addirittura, può al massimo accettare le forme esterne, soprattutto le leggi della nazione nella quale si trasferisce. Chiedere a questo straniero di dimenticare i suoi usi e i suoi costumi per ‘integrarsi’ in quello della nazione che lo ospita mi sembra francamente eccessivo. Comunque i problemi sociali sono tantissimi e io, da scrittore e da cittadino, posso puntare il dito verso alcuni di essi ma non sono in grado di andare oltre. Noi dobbiamo batterci per l’accoglienza piuttosto che per l’integrazione.

Salvo Montalbano è stato ed è per la letteratura italiana un punto di non ritorno. A partire dal suo esordio nelle pagine, nessun giallista ha più potuto non tenerne conto, che fosse per distanziarsene, per omaggiarlo, o per imitarlo. Dopo le tante e tante righe nelle quali il Commissario ci fa compagnia, a suo giudizio, cosa a tutt’oggi lo rende inimitabile ed immune ad ogni tentativo di imitazione? Montalbano risulta essere sempre altro E questo certo accade per la grandissima cifra letteraria del suo Autore, accade perché il personaggio muta col passare degli anni, si confronta con la realtà del mondo che cambia e si rivela, assecondando o combattendo l’attualita’, ogni volta anche altro da se stesso. Ma cosa, ancora e soprattutto, ne determina l’assoluta unicità ?

Mi spiace ma io davvero non so rispondere alla sua domanda. Da quando ho creato Montalbano, mi sono semplicemente imposto di farlo agire con la massima coerenza nelle situazioni più disparate. Ora che il suo comportamento incontri un largo favore mi fa piacere, ma in un certo senso davvero non mi riguarda perché non c’è stato nessun disegno mentale per farlo diventare gradito a tutti – e infatti per un certo periodo di tempo, non lo sono stato per niente da una certa classe politica. Io ho continuato a scrivere del mio Montalbano facendolo più vicino a noi, rendendolo meno di carta, per esempio appunto attraverso l’invecchiamento e quindi con una diversa considerazione delle occasioni dovuta al mutare dei tempi e della società.

Scrivere, leggere, hanno una valenza diversa oggi, o ne ravvisa carattere e forza immutate ed immutabili? Posso chiederle quale termine siciliano userebbe per dare definizione a quale sia il senso della scrittura e quale a quello della lettura?

Io sono un uomo del 1925 e per me scrivere e leggere fa parte della mia esistenza. Non posso sapere cosa possa significare per un ragazzo di oggi, ma certo che si è persa una grande parte di lettori. Solo tra cent’anni sapremo se questi ragazzi sono andati a fare qualcos’altro di più interessante e hanno trovato altri modi per capire il mondo o se, appunto, si sono semplicemente ‘persi’.

Per dirle cosa significa scrivere e leggere per me le direi in sincerità: io me la scialo.

Andrea Camilleri

Grazie dal profondo del cuore, Maestro.

Sabrina De Bastiani