Vorrei iniziare l’intervista facendole i complimenti per questa nuova avventura del commissario Musante e ringraziarla per l’opportunità di poterle porre delle domande che, durante la lettura del libro, mi sono venute in mente. La mia prima domanda verte proprio sul personaggio principale. Come mai la scelta di un Commissario di origini siciliane? E come ha pensato a questo personaggio?
Ringrazio lei e Thrillernord per la recensione e l’intervista. Come sa il nuovo giallo è il seguito di Omicidi all’Isola, nevrotico erotico blues, che era un libro in cui l’indagine era portata avanti in modo corale da un gruppo di tre eterogenei amici che si trova coinvolto suo malgrado in una serie di omicidi, con il commissario in un ruolo sì importante, ma meno centrale. Musante, serio, formale e ligio al dovere, faceva da contrappunto a questi trescombinati investigatori. Il suo essere siciliano derivava dal fatto che, per rendere più vivace il confronto, l’avevo immaginato concittadino (di Agrigento) di uno di loro, Enzino, la cui famiglia era si era trasferita a Milano negli annidel boom economico. Inoltre, sia nella realtà che nella finzione letteraria (penso a Sciascia più che a Camilleri) ci sono stati poliziotti o carabinieri siciliani di notevole spessore, che,magari senza che me ne rendessi conto, possono essere stati fonte di ispirazione. In Fiamme in Piazza DuomoMusante è stato sviluppato e caratterizzato ulteriormente, e il suo ruolo è centrale, con gli altri protagonisti sempre presenti ma più in secondo piano. Il commissario non si rivela poi così musone, anzi, e diventa a sua volta amico degli altri tre, al punto da condividere con loro le serate al ristorante e le partite a carte.
Durante la lettura, quello che ho apprezzato maggiormente è la mancanza di supereroi, ad esempio la mancanza di un commissario che va contro le leggi e che fa tutto di testa sua, è una peculiarità che ho amato particolarmente.Dunque, abbiamo un personaggio principale normalissimo, che attraverso un metodo di indagine riesce a risolvere gli enigmi che si celano dietro i delitti. Secondo lei, al giorno d’oggi, abbiamo bisogno di eroi reali?
Sono piuttosto disincantato a questo proposito: non credo che abbiamo bisogno di uomini (o donne) straordinari, ma che ci sia necessità di eroi del quotidiano, di persone normali che però si impegnano per affrontaree risolvere gli enormi problemi che una società complessa e una realtà globalizzata ci pongono di fronte tutti i giorni. Viviamo in un mondo che crea e distrugge a velocità supersonica i proprio eroi e i propri idoli, e i media e i social, così come sono in grado di creare un mito globale in pochi giorni altrettanto velocemente lo distruggono. I semidei di oggi vengono fatti subito a pezzi dagli haters di professione. É purtroppo scontato che ci sia sempre qualcuno che vive per diffamare il prossimo, tipo: sì, quello ha vinto il Nobel per la Pace, però pare si sia impadronito dei fondi delle associazioni umanitarie, oppure, Madre Teresa di Calcutta, ma quale Santa, era cattiva con le consorelle e picchiava gli orfanelli. Nel nostro tempo gli eroi sono tutti a perdere (potrebbe essere il titolo di un prossimo thriller!).
Il romanzo, a mio avviso, cerca di portare alla luce anche alcune problematiche milanesi che riguardano la criminalità organizzata e lo spaccio di droghe sintetiche delle quali si sente parlare troppo poco. Secondo lei si dovrebbe porre una maggiore attenzione a queste problematiche?
Non era propriamente questo l’intento del romanzo, anche se, come capita spesso, gli scrittori di gialliportano alla luce con le loro storie realtà scomode o su cui si riflette poco. Tuttavia,il compito di chi scrive libri di intrattenimento non è fare il moralizzatore o il fustigatore di costumi, ma narrare la realtà con un occhio diverso rispettoa giornalisti o sociologi, e magari evidenziarne gli aspetti più oscuri o controversi.
Quando inizia a scrivere un libro che processo creativo segue? Quali sono gli step che la portano a proseguire nella stesura? Immagina prima la storia nella sua totalità o l’indagine si sviluppa insieme alla scrittura?
Le storie nascono in genere da un’intuizione o dall’emozione suscitata da un fatto di cronaca che mi ha colpito in modo particolare, poi, dalla bozza iniziale, la tramamano mano che scrivo si sviluppa e si arricchisce di fatti nuovi, di coincidenzeinaspettate, di personaggi di contorno rispetto a quelli che ho immaginato inizialmente.Di sicuro tengo sempre presente le mie regole di base: la storia deve essere verosimile e radicata nella realtà quotidiana, fatti e avvenimenti apparentemente slegati tra di loro devono poi convergere in una conclusione logica, gli indizi devono essere disseminati in modo onesto per non ingannare il lettore, e l’epilogo deve essere a sorpresa.
Durante la lettura si percepisce una narrazione scanzonata e leggera, piacevole, che rende il romanzo un classico giallo, con le connotazioni tipiche dei gialli come quelli di Camilleri o Manzini. Spera che il suo Commissario Musante possa entrare nei cuori dei lettori come Montalbano o Schiavone?
Tutti gli scrittori sperano che le loro fatiche siano riconosciute, che il loro lavoro sia apprezzato dai lettori e dalla critica. Tuttavia sono realista: di fronte a un paio di centinaia di autori italiani di libri gialli o di thriller, quelli contemporanei i cui lavori siano diventati best sellers o serie tivù o film sono forse una decina. Entrare in questo novero ristretto non è molto probabile. E poi, bisogna tener conto di come funzionanoil mercato editoriale e la distribuzione: i piccoli editori, come il mio (Todaro), non possono fare grandi numeri a livello di vendite perché non hanno una distribuzione nazionale, e i loro titoli non arrivano sugli scaffali delle librerie di tutto il Paese. Il mercato degli ebook in Italiapurtroppo ha ancora dimensioni ridotte.
In un periodo dove la scena poliziesca è rappresentata maggiormente dai thriller è rassicurante vedere come alcuni autori, tipo lei, si dedichino ancora al genere poliziesco classico, tanto caro agli amanti del genere. Secondo lei il genere Giallo può combattere ad armi pari con il genere Thriller?
Sono due approcci molto diversi come scrittura, e l’autore deve fare una scelta di base nei confronti del suo lettore: per semplificare, voglio tenerlo con il fiato sospeso tutto il tempo, a rosicchiarsi le unghie, o voglio coinvolgerlo in una specie di sfida intellettuale, perché possa scoprire quanto è bravo a riconoscere gli indizi sparsi lungo il racconto? Spesso però la scelta tra un genere e l’altro non è razionale, ma èlegata al proprio stile di scrittura: il mio, visto che nelle mie storie uso spesso ironia,l’umorismo o il sarcasmo, penso si adatti meglio al giallo, anche se, soprattutto nei capitoli finali, cerco di tenere un ritmo incalzante.Comunque, non credo che alla fine la distinzione sia così netta, anche seci sono autori “tipicamente thriller” (penso soprattutto agli americani famosi) e quelli “tipicamente gialli” (soprattutto i classici europei). C’è spazio per entrambi i generi, anche se gli italiani, per tradizione, sono più orientati verso il giallo: abbiamo dei grandi esempi, anche per il valore letterario delle opere, da Scerbanenco a Fruttero & Lucentini, a Camilleri.
La mia ultima domanda verte sul suo essere lettore.Quali sono i generi che predilige come lettore? Cosa ne pensa del thriller nordico?
Sono un lettore onnivoro, spazio dal romanzo storico al giallo\thriller, dalla letteratura sudamericana alla fantascienza. Ogni tanto mi rileggo anche i classici e, essendo un appassionato di vela e di storia della navigazione, anche gli autori legati ai viaggi e al mare, da Omero a Conrad e a Melville. Per questo, oltre al tipico thriller nordico, che apprezzo molto per le atmosfere particolari, così lontane dalla nostra luminosità mediterranea, e la grande attenzione per la natura e i temi naturalistici, mi piace anche uno scrittore come Bjorn Larsson, che ha coniugato il thriller con la sua passione per il mare e la navigazione.