A cura di Kate Ducci
Con il nome di spedizione Donner (talvolta chiamata spedizione Donner-Reed) ci si riferisce a un gruppo di pionieri statunitensi che nel corso della presidenza di James Knox Polk partì per la California, riunito in una colonna di carri (mule train). Costretti al ritardo da una serie di disavventure, i membri della spedizione dovettero trascorrere l’inverno tra il 1846 e 1847 accampati Sierra Nevada. Alcuni emigranti ricorsero al cannibalismo per sopravvivere, nutrendosi dei morti per fame o malattie.
Il viaggio verso ovest in genere richiedeva dai quattro ai sei mesi, ma la Spedizione Donner scelse una nuova via, chiamata Hasting Cutoff, che attraversava i Monti Wasatch e il deserto del Gran Lago Salato . Il terreno accidentato e le difficoltà incontrate nel percorso, che costeggiava il fiume Humboldt, provocarono la perdita di molti capi di bestiame e carri, e divisero il gruppo.
All’inizio di novembre del 1846 la spedizione raggiunse la Sierra Nevada, dove fu bloccata da una massiccia nevicata precoce nei pressi del Lago Truckee (oggi Lago Donner). Le scorte di cibo finirono, e a metà dicembre un gruppo decise di partire a piedi per cercare aiuto. Soccorritori partirono da Sacramento, in California, tentando di raggiungere gli emigranti, ma non arrivarono prima della metà di febbraio del 1847, quasi quattro mesi dopo che la carovana era rimasta bloccata. Solo 48 degli 87 componenti della spedizione arrivarono vivi a Sacramento.
Gli storici hanno descritto l’episodio come una delle più terribili tragedie della storia della California e in generale della colonizzazione verso L’Ovest.
Sinossi. Quella della Spedizione Donner è una storia vera che ancora oggi risveglia paure ataviche e curiosità morbose. Rimanda al 1846, quando una carovana di pionieri diretti in California rimase bloccata per mesi dalla neve nella Sierra Nevada. Alcuni di loro morirono di stenti dopo poco tempo. Altri, stipati nello spazio soffocante dei carri, portati alla follia dai morsi del freddo e della fame, si abbandonarono al cannibalismo. Quasi nessuno si salvò. Lo storico Clive Benton, lontano discendente di alcuni sopravvissuti a quell’orrore, è entrato in possesso del diario di uno dei pionieri, giungendo alla conclusione che sia finalmente possibile localizzare il campo perduto della Spedizione Donner e svelarne i misteri. È lui a convincere la dottoressa Nora Kelly, ricercatrice dell’Istituto di archeologia di Santa Fe e già direttrice di molte campagne di scavo sulla Sierra Nevada, a guidare una squadra sulle tracce dell’accampamento. Ma arrivati tra le montagne, i ricercatori scoprono che l’epilogo degli avventurieri della Donner nasconde verità sconvolgenti e atroci, che gettano un ponte tra passato e presente, allacciandosi a un’indagine su alcuni recenti casi di omicidio condotta dall’agente dell’FBI Corrie Swanson. D’un tratto, quella che doveva essere una spedizione scientifica si trasforma in uno spaventoso viaggio di abiezione e follia.
Mappa del percorso fatto dalla Spedizione Donner: il tratto arancione mostra la scorciatoia che invece allungò il viaggio di 150 miglia (240 km)
REAL STORIES
Nel 1840 negli Stati Uniti d’America si verificò un notevolissimo aumento dei pionieri, persone che decidevano di lasciare le loro case a est per stabilirsi in Oregon e in California. Alcuni, come Patrick Breen, vedevano la California come un luogo dove sarebbero stati liberi di vivere in un ambiente culturale completamente cattolico, mentre altri erano spinti dal concetto del destino manifesto, una filosofia che affermava come la terra tra gli oceani Atlantico e Pacifico appartenesse agli americani e che avrebbero dovuto stabilirvisi. La maggior parte delle carovane di carri seguiva la Pista dell’Oregon, che partiva da Indipendece in Missouri, fino a raggiungere il Continental Divide, viaggiando a circa 15 km al giorno, per un viaggio che di solito richiedeva dai quattro ai sei mesi. La pista in generale seguiva il corso dei fiumi fino al South Pass, un passo di montagna in Wyoming relativamente agevole per i carri. Da lì le carovane potevano scegliere varie rotte per giungere a destinazione
Uno dei primi emigranti, Lansford W. Hastings, era andato in California nel 1842 e l’aveva vista come la terra promessa e non ancora colonizzata. Per attirare coloni, pubblicò una guida per pionieri intitolata The Emigrants’ Guide to Oregon and California (“La guida degli emigranti verso l’Oregon e la California”). Nella guida descrisse una via diretta che passava attraverso il Gran Bacino e che avrebbe condotto gli emigranti attraverso i Monti Wasach e il Deserto del Gran Lago Salato.
Hastings però non percorse realmente alcun tratto della “scorciatoia” che proponeva fino al 1846, quando fece un viaggio dalla California fino a Fort Bridger; il forte, una minuscola stazione di rifornimento gestita da Fim Bridger e dal socio Louis Vasques, si trovava sul fiume Blacks Fork in Wyoming. Hastings si fermò al forte per convincere i viaggiatori a dirigersi verso sud, prendendo la pista che proponeva. Fino al 1846 Hastings era uno dei soli due uomini ad aver sicuramente attraversato la parte meridionale del Deserto del Gran Lago Salato, e nessuno l’aveva fatto con i carri.
La parte più difficile del viaggio verso la California era costituita dalle ultime 100 miglia (160 km) attraverso la Sierra Nevada. Quella zona di montagna comprende 500 singole cime che superano i 12.000 piedi (3 700 m), e il lato orientale della Sierra stessa è estremamente ripido. L’altezza delle montagne e la vicinanza dell’Oceano Paciico rendono inoltre la zona la più nevosa del Nord America.
Il tempismo era quindi fondamentale per essere certi – dopo aver lasciato il Missouri per attraversare gli ampi spazi selvaggi fino all’Oregon e alla California – che i carri non si impantanassero nel fango delle piogge primaverili o fossero sorpresi dalle massicce nevicate montane che arrivavano da settembre in poi, e che cavalli e buoi trovassero erba a sufficienza.
Il Passo Frémont, 2160 metri, fu ostruito dalla neve nei primi giorni di novembre del 1846. Oggi viene chiamato Passo Donner. L’immagine risale al 1870.
I membri della spedizione erano piuttosto benestanti per gli standard dell’epoca. Anche se si potevano definire pionieri, pochi di loro possedevano le abilità necessarie e l’esperienza per viaggiare attraverso montagne e zone aride, e sapevano ben poco anche di come comportarsi coi nativi americani. Secondo il suo compagno di viaggio J. Quinn Thornton, Tamsen Donner era «depressa, triste e scoraggiata» al pensiero di lasciare la via principale e seguire il consiglio di Hastings, che considerava un «avventuriero egoista».
Ciononostante, il 31 luglio 1846 la spedizione lasciò Blacks Fork dopo quattro giorni di riposo dedicati alla riparazione dei carri, undici giorni dopo la partenza del gruppo Harlan-Young. Donner ingaggiò un nuovo cocchiere e alla compagnia si aggregarono la famiglia McCutchen, una giovane coppia con una bambina, Harriet, e un sedicenne del Messico di nome Jean Baptiste Trudeau, che sosteneva di conoscere gli indiani e il territorio sulla via per la California.
La spedizione si diresse a sud per seguire la “scorciatoia di Hastings”. Dopo pochi giorni si accorsero che il terreno era molto più difficile di quanto fosse stato loro descritto e i cocchieri furono costretti a bloccare le ruote per impedire che i carri scivolassero giù dalle forti pendenze. Sulla Pista dell’Oregon, molti anni di passaggio da parte degli emigranti avevano creato un sentiero facile ed evidente, mentre sulla scorciatoia il sentiero era molto più difficile da trovare. Hastings lasciava scritte per indicare la direzione e lettere appese agli alberi. Il 6 agosto la spedizione trovò una lettera di Hastings, che consigliava di fermarsi finché non fosse tornato a mostrare un percorso alternativo a quello preso dalla spedizione Harlan-Young.
Reed, Charles Stanton e William Pike andarono avanti a cavallo per raggiungere Hastings. Incontrarono canyon estremamente difficili, dove per passare era necessario spostare massi, un percorso che con ogni probabilità avrebbe distrutto i carri. Hastings, anche se nella sua lettera si era offerto di guidare la spedizione Donner attorno alle zone più difficili, tornò indietro a cavallo solo per un tratto, limitandosi a indicare la direzione di massima da seguire.
Stanton e Pike si fermarono per riposare, mentre Reed ritornò dal gruppo da solo, arrivando quattro giorni dopo che il gruppo stesso era ripartito. Senza la guida che era stata loro promessa, il gruppo doveva decidere se tornare indietro e riprendere il percorso tradizionale, seguire le tracce della spedizione Harlan-Young attraverso il difficile Canyon Weber, oppure creare da soli un proprio sentiero nella direzione consigliata da Hastings. Spinto da Reed, il gruppo scelse il percorso di Hastings. L’avanzata rallentò fino a un miglio e mezzo (2,4 km) al giorno, e tutti gli uomini abili furono costretti a pulire il percorso, abbattendo alberi e spostando massi per creare spazio per i carri.
Mentre la spedizione Donner si faceva strada attraverso i Monti Wasatch, essa fu raggiunta dalla famiglia Graves, partita per rintracciarli. I Graves erano una coppia anziana con nove figli, cui si aggiungevano un genero e un cocchiere di nome John Snyder, e viaggiavano su tre carri. Il loro arrivo portò la spedizione a 87 persone, su 60-80 carri.
La famiglia Graves aveva fatto parte dell’ultimo gruppo che aveva lasciato il Missouri, il che conferma come la spedizione Donner rappresentasse la retrovia dell’emigrazione verso ovest di quell’anno.
Quando raggiunsero un punto sulle montagne da cui guardar giù e vedere il Gran Lago Salato era ormai il 20 agosto. Furono necessarie altre due settimane per uscire dai Monti Wasatch. Gli uomini cominciarono a litigare e furono espressi dubbi sul buonsenso di coloro che avevano deciso di seguire quella via, in particolare su James Reed. Le famiglie meno ricche iniziavano a finire cibo e vettovaglie. Stanton e Pike, che avevano lasciato il gruppo con Reed, si erano persi sulla via del ritorno; quando la spedizione li ritrovò avevano appena deciso che il giorno successivo si sarebbero mangiati i cavalli.
Tronconi di alberi tagliati al campo del torrente Alder dai membri della Spedizione Donner, foto scattata nel 1866. L’altezza dei tronconi rivela il livello raggiunto dall’accumulo di neve
La durezza del viaggio aveva provocato danni irreparabili ad alcuni dei carri, ma fino ad allora non c’era stata alcuna vittima; invece dell’atteso tragitto di circa 40 miglia da percorrere in 2 giorni, le 80 miglia del deserto del Gran Lago Salato ne richiesero 6.
Nessuno, quando si riposarono presso le sorgenti trovate all’altro lato del deserto, nutriva più alcuna fiducia nella scorciatoia di Hastings; impiegarono parecchi giorni, tentando di riprendere il bestiame, di ritrovare i carri lasciati nel deserto e di trasferire il cibo e le cose rimaste su altri carri. Anche se la sua famiglia aveva subito le perdite più pesanti, Reed prese nuovamente l’iniziativa e chiese a tutte le famiglie di far l’inventario dei beni e del cibo di cui disponevano.
Le dure prove che la Spedizione Donner aveva dovuto affrontare per un periodo di tempo così lungo finirono per trasformarla in un insieme di gruppi divisi tra loro, ciascuno dei quali pensava solo a sé stesso e diffidava degli altri. A quel punto la compagnia aveva perso quasi 100 tra buoi e capi di bestiame e le razioni alimentari erano quasi completamente esaurite.
Iniziò a cadere la neve, ma la spedizione proseguì fino al corso dello Yuba, percorrendo l’ultimo miglio a piedi. Sul lago Truckee, 60 membri e compagni delle famiglie Breen, Graves, Reed, Murphy, Keseberg e Eddy si preparavano per l’inverno. Come case si servirono di tre capanne di assi piuttosto distanti l’una dall’altra, con il pavimento in terra battuta e tetti piatti e rozzamente realizzati, dai quali gocciolava acqua all’interno quando pioveva. Le capanne non avevano finestre né porte, solo un buco in una parete per entrare. Delle sessanta persone rimaste al lago Truckee, diciannove erano uomini con più di diciotto anni, dodici erano donne e ventinove bambini, sei dei quali molto piccoli. Più in basso, lungo il sentiero, vicino al torrente Alder, le famiglie rimaste con i Donner innalzarono delle rozze tende che potessero ospitare ventuno persone, tra le quali la signora Wolfinger, suo figlio e i piloti dei Donner: sei uomini, tre donne e dodici bambini in tutto.
Il cibo rimasto era molto poco. I buoi iniziarono a morire di fame e le loro carcasse furono congelate e accatastate.
La disperazione si diffondeva nell’accampamento. Alcuni pensarono che, se i carri non ce la potevano fare, forse delle persone a piedi sarebbero riuscite a valicare il passo. Fecero diversi tentativi in piccoli gruppi, ma ogni volta tornarono indietro sconfitti. Un’altra tremenda tempesta di neve, che durò una settimana, ricoprì la zona a tal punto che i corpi dei buoi e dei cavalli, unica fonte di cibo, furono sepolti e smarriti nella neve.
Iniziarono a perire alcuni dei pionieri e il gruppo si perse e andò in confusione; dopo altri due giorni senza cibo, Patrick Dolan propose che uno di loro si sacrificasse volontariamente per nutrire gli altri: qualcuno suggerì un duello, mentre un altro racconto riporta il tentativo di organizzare un’estrazione a sorte per scegliere chi sacrificare.
Eddy suggerì di proseguire finché semplicemente qualcuno fosse caduto da solo, ma una bufera li costrinse a fermarsi. Antonio, il mandriano, fu il primo a morire; poco dopo lo seguì Franklin Graves.
Alcuni del gruppo iniziarono a nutrirsi della carne prelevata dal corpo di Dolan. La sorella di Lemuel tentò di darne un po’ al fratello, ma questi morì comunque in breve tempo. Eddy, Salvador e Luis rifiutarono di mangiare. Il mattino dopo il gruppo levò organi e pezzi di muscolo dai corpi di Antonio, Dolan, Graves e Murphy e li fece essiccare per usarli come scorta per i giorni seguenti, facendo attenzione a essere certi che nessuno finisse per nutrirsi del corpo di un suo parente.
Una spedizione di soccorso, messa insieme in tutta fretta, ritrovò gli altri sei sopravvissuti il 17 gennaio. Il loro viaggio dal Lago Truckee era durato 33 giorni.
In novembre, pochi giorni prima che il gruppo con le racchette da neve partisse, Patrick Breen iniziò a tenere un diario; si preoccupava principalmente del tempo atmosferico, annotando le tormente e quanta neve era caduta, ma gradualmente iniziò a inserire nelle sue annotazioni riferimenti a Dio e alla religione.
La 28ª pagina del diario di Patrick Breen, dove sono registrate le sue osservazioni relative alla fine di febbraio 1847, tra cui «La signora Murphy ieri ha detto che pensava di iniziare con Milt. e mangiarlo. Non so se l’abbia già fatto, è angosciante.»
In California la maggior parte dei soldati (e degli uomini abili in generale) era impegnata nella guerra messicano – statunitense; in tutta la regione le strade erano bloccate, le comunicazioni compromesse e non c’erano rifornimenti disponibili. Solo tre uomini risposero all’appello fatto per la ricerca di volontari per soccorrere la Spedizione Donner. Due quotidiani locali riferirono che i membri del gruppo partito con le racchette avevano dovuto ricorrere al cannibalismo, fatto che contribuì ad aumentare il sentimento di compassione per le persone ancora intrappolate lassù:a Yerba Buena, i residenti, molti dei quali immigrati arrivati da poco, raccolsero con una colletta 1.300 dollari e si impegnarono per costruire due campi base per sostenere una spedizione di soccorso.
Il 4 febbraio dalla valle del Sacramento partì una spedizione di soccorso. Il 18 febbraio il gruppo di sette uomini valicò il Passo Frémont; quando furono vicini al luogo dove Eddy aveva detto loro che si trovavano le capanne iniziarono a urlare. Da un buco nella neve venne fuori la signora Murphy che li fissò e chiese: «Venite dalla California o dal paradiso?»
La spedizione di soccorso distribuì del cibo in piccole porzioni, preoccupati del fatto che se gli affamati emigranti avessero mangiato troppo ne sarebbero rimasti uccisi. Tutte le capanne erano sepolte dalla neve; le pelli usate per tetto, inzuppate d’acqua, avevano iniziato a marcire e l’odore era insopportabile. I corpi dei morti erano stati sepolti sommariamente nella neve vicino ai tetti delle capanne; alcuni degli emigranti sembravano emotivamente e psichicamente instabili. Tre membri della spedizione di soccorso andarono fino dai Donner e riportarono con sé quattro macilenti bambini e due adulti. Leanna Donner incontrò grosse difficoltà nella salita dal torrente Alder fino al lago e in seguito scrisse: «il dolore e la sofferenza che ho provato quel giorno è oltre ogni possibilità di descrizione».”
Vennero scelte ventitré persone che avrebbero seguito la spedizione di soccorso, lasciandone 17 nelle capanne al lago e 12 all’accampamento sul torrente Alder.
Il primo marzo al lago Truckee arrivò un secondo gruppo di soccorritori: si trattava soprattutto di esperti uomini di montagna che accompagnavano Reed e McCutchen. Reed si riunì con la figlia Patty e l’ormai debolissimo figlio Tommy. All’interno della capanna dei Breen gli occupanti furono trovati in condizioni relativamente buone ma quella dei Murphy, secondo lo scrittore George Stewart, «superava i limiti di ciò che è possibile descrivere e quasi di ciò che è possibile immaginare». Levinah Murphy, che badava al suo bambino di otto anni Simon e ai due giovani figli di Eddy e Foster, era ormai mentalmente alterata e quasi cieca; i bambini erano privi di forze e non erano stati lavati da giorni. Lewis Keseberg, che si era trasferito nella baracca, poteva a stento muoversi a causa di una ferita a una gamba.
Tra la partenza dei primi soccorritori e l’arrivo dei secondi al lago non era comunque morto più nessuno. Patrick Breen riporta di aver ricevuto l’ultima settimana di febbraio una preoccupante visita da parte della signora Murphy, che gli aveva detto che la sua famiglia stava valutando di mangiare il corpo di Milt Elliot; Reed e McCutchen trovarono in effetti il corpo di Elliot mutilato. Le cose non andavano meglio all’accampamento sull’Alder; i primi due soccorritori a raggiungerlo videro Trudeau che trasportava una gamba umana. Quando rivelarono la loro presenza, lui la buttò in un buco nella neve che conteneva il corpo fatto a pezzi di Jacob Donner; dentro una tenda Elizabeth Donner aveva rifiutato di mangiare, anche se i suoi figli erano stati nutriti con gli organi del padre. I soccorritori scoprirono che anche altri tre corpi erano stati consumati. Nell’altra tenda Tamsen Donner stava abbastanza bene, ma George era molto malato perché l’infezione aveva ormai raggiunto la spalla.
Il secondo gruppo di soccorso evacuò dal lago Truckee 17 emigranti, tre soli dei quali erano adulti. Sia la famiglia Breen che la famiglia Graves si prepararono per la partenza; al lago Truckee rimasero solo cinque persone: Keseberg, la signora Murphy, il figlio Simon e i piccoli Eddy e Foster. Quando Reed le disse che presto sarebbe arrivata una terza spedizione, Tamsen Donner decise di restare con il marito malato; tenne con sé anche le figlie Eliza, Georgia e Frances.
Il 10 aprile, venne organizzata una spedizione di recupero per ritrovare quello che era possibile portare via dei beni dei Donner; l’intento era di venderli e usare il ricavato per mantenere gli orfani. La spedizione trovò le tende sull’Alder vuote, eccetto che per il corpo di George Donner, che era morto solo pochi giorni prima. Sulla via del ritorno, al Lago Truckee, trovarono Keseberg ancora vivo. Secondo Keseberg, la signora Murphy era morta una settimana dopo la partenza della terza spedizione; alcune settimane dopo Tamsen Donner era arrivata bagnata fradicia e visibilmente sconvolta alla capanna di Keseberg, decisa però a proseguire per valicare il passo; Keseberg disse che l’aveva avvolta con una coperta e che le aveva detto di aspettare il mattino per ripartire, ma la donna era morta durante la notte.
Negli anni successivi l’emigrazione verso ovest diminuì, ma è probabile che il calo fosse dovuto più ai timori provocati dalla guerra messicano-statunitense in corso che dalla paure provocate dal racconto della sorte della spedizione Donner. Si stima che nel 1846 emigrarono in California circa 1.500 persone. Nel 1847 tale numero scese a 450 e a 400 nel 1848.
I pochi che si avventurarono sul passo negli anni immediatamente successivi trovarono ossa, oggetti e la capanna usata dalle famiglie Reed e Graves. Nel 1891 fu trovato un gruzzolo di soldi sepolto nei pressi del lago; era stato probabilmente nascosto dalla signora Graves, che l’aveva sepolto in fretta quando partì con la seconda spedizione, pensando di tornare a prenderlo in un secondo momento.
Delle 87 persone che si avventurarono sulla Sierra Nevada solo 48 sopravvissero. Solo le famiglie Reed e Breen rimasero complete. I figli di Jacob Donner, George Donner e Franklin Graves rimasero orfani. William Eddy rimase solo, avendo perso tutta la famiglia, e la maggior parte dei membri della famiglia Murphy morì. In California arrivarono solo tre muli: il resto degli animali era morto; la maggior parte dei beni dei membri della spedizione andò perduta.
Alcune delle donne rimaste vedove si risposarono pochi mesi dopo; all’epoca, in California, le mogli erano merce rara.
Al di là della drammaticità delle vicende, gli episodi della Spedizione Donner non hanno avuto un riverbero significativo a livello storico, ma alla luce del fatto che in Oregon e California emigrarono centinaia di migliaia di persone, hanno fornito lo spunto per numerose opere storiche e di narrativa, per poesie e film. Secondo Steward, l’attenzione rivolta verso la spedizione è stata resa possibile dall’attendibilità dei racconti a dal fatto che «il cannibalismo, anche se può essere definito un episodio minore della vicenda, nell’immaginario popolare è diventato la cosa principale da ricordare della Spedizione Donner, in quanto si tratta di un tabù che attira sempre con tanta forza quanto quella con cui è trovato ripugnante.». Il fattore di attrattiva più significativo, secondo Johnson che ne scrisse nel 1996, è che i protagonisti dei fatti sono famiglie e persone comuni, in cui quindi è possibile identificarsi.
Il luogo nel quale si trovavano le capanne diventò un’attrazione turistica fin dal 1854. Charles McGlashan iniziò a promuovere l’idea di realizzare un monumento che contrassegnasse il luogo in cui si era svolto il dramma della Spedizione Donner: contribuì ad acquistare il terreno necessario e, nel giugno , sul luogo dove si pensa si fosse trovata la capanna Breen-Keseberg venne eretta una statua che rappresenta una famiglia di pionieri, dedicata alla Spedizione Donner.
Nel 1927 lo Stato della California creò il Donner Memorial State Park: originariamente consisteva solo di 11 acri intorno al monumento, ma vent’anni dopo venne comprato e aggiunto al parco anche il terreno su cui si trovava la capanna dei Murphy. Su una grande roccia che era servita come appoggio per il focolare dei Murphy è stata apposta una targa di bronzo che elenca i nomi dei membri della spedizione, indicando chi sopravvisse e chi no.
Lo Stato della California spiega l’attenzione dedicata al sito affermando che l’episodio fu «un incidente tragico e isolato della storia americana che si è trasformato in una grande epica popolare.»
Statua eretta al Donner Memorial State Park; l’altezza del piedistallo di 6,7 metri indica quanto alta fosse la neve nell’inverno 1846-47.
Il romanzo ripercorre con precisione e accuratezza le fasi drammatiche di una vicenda con ancora molti lati oscuri, dovuti alle leggende che vi sono state ricamate sopra e alla lontananza temporale degli accadimenti.
I protagonisti, mossi dal desiderio di ricostruire gli eventi storici e da quello di ritrovare le monete preziose in possesso dei pionieri, partono alla ricerca dei loro insediamenti, grazie alle informazioni ottenute dal diario di uno dei sopravvissuti.
Nonostante la parte della storia ambientata ai giorni nostri sia totalmente frutto della fantasia degli autori, i fatti storici sono precisi e fedeli. Il romanzo fornisce un’accurata descrizione degli accadimenti, ponendo l’accento sulla necessità di dare alla vittime di questa orrenda tragedia degna sepoltura e una dimenticanza che non significa disinteresse, ma rispetto, vicinanza umana, consapevolezza che nonostante la distanza temporale, questi accadimenti hanno connotati reali e le vittime, alcune ancora in età infantile, hanno affrontato l’inferno prima di trovare la pace.
Il cannibalismo, scelto come unica strada per continuare a vivere, ha rappresentato per chi c’è riuscito l’unica strada per la salvezza. Per comprendere una scelta così terribile, sarebbe necessario potersi calare nei panni di chi ha affrontato fame, disperazione e certezza di morire di stenti, prima di forzarsi ad accettare una pratica disumana e contro natura. Farlo è impossibile anche al più empatico tra noi. Possiamo solo provare pietà e concedere un giusto perdono per chi ha affrontato l’inimmaginabile.
Curiosità:
In una intervista del 1947 Charlie Chaplin disse di essersi ispirato alle vicende della spedizione per la famosa scena della sua commedia ‘La febbre dell’oro’, in cui un cercatore d’oro in preda alle allucinazioni vede il proprio compagno trasformarsi in un gigantesco pollo ruspante.
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