A tu per tu con l’autore
Il tenente Roversi è nato, fin dal primo volume, come un personaggio destinato ad offrire più avventure ai lettori o l’idea della serie è arrivata strada facendo?
La mia intenzione è stata sin dall’inizio quella di scrivere una serie di romanzi gialli ambientati in Sardegna, e a Sassari in particolare, e molte delle idee che ho poi sviluppato erano già ben presenti quando ho scritto il libro d’esordio, Il mistero di Abbacuada. Il progetto originale, che ho finora rispettato in pieno, prevedeva una tetralogia iniziale, con quattro romanzi in stretta sequenza temporale, che possono essere letti in modo autonomo, ma che risultano legati dal fil rouge degli eventi che hanno portato al trasferimento forzato in Sardegna del tenente Roversi dalla sua Bologna. Le opere successive, a cominciare dalla quinta, appena pubblicata (Assassinio a Pedra Manna), saranno più distanziate nel tempo e, mantenendo sempre la loro autonomia per quanto riguarda le indagini, seguiranno lo sviluppo delle vicende personali e sentimentali del giovane ufficiale in terra sarda.
Direi che sono vere entrambe le cose. Sicuramente l’ambientazione in Sardegna arricchisce la narrazione di tutto ciò che l’isola può evocare in termini di colori, profumi, sapori, tradizioni. Allo stesso tempo, però, i miei romanzi sono l’occasione per far conoscere aspetti forse ancora poco noti della storia e della cultura sarda, com’è il caso dell’ultimo della serie, Assassinio a Pedra Manna, in cui la vicenda ruota intorno al ricchissimo patrimonio archeologico dell’isola.
Sicuramente, il volto dei miei personaggi dovrebbe essere quello di un giovane attore o una giovane attrice italiani, magari dei talenti ancora poco conosciuti. Dovendo però dare un’idea di chi potrebbe impersonare il tenente Roversi, indicherei senz’altro una figura come Stefano Accorsi, non fosse altro perché anche lui bolognese, oppure Giorgio Marchesi, protagonista di tante fiction. E, restando nel campo della fiction, Caterina potrebbe essere impersonata da un’attrice come Alessandra Mastronardi. Per Gualandi, invece, non ho dubbi: l’attore ideale per interpretare il suo ruolo sarebbe stato il grande Gianni Agus.
Sicuramente più riflessivo che istintivo. Forse anche in conseguenza della mia formazione professionale e culturale, tendo a seguire un ben preciso metodo di lavoro. La fase di gestazione del romanzo è relativamente lunga, e comprende diversi momenti di affinamento successivi. Per prima cosa, immagino quello che è realmente successo (come si è svolto il delitto, chi sono i personaggi, come procedono le indagini, come viene risolto il caso), quindi passo al “come lo racconto”, individuando le scene che saranno oggetto della narrazione, per arrivare a una sorta di sceneggiatura in cui lo sviluppo del romanzo è delineato in tutti i suoi aspetti, compreso il finale. A quel punto la scrittura del testo vero e proprio è abbastanza veloce, ed è qui che entra in gioco l’aspetto più istintivo, con piccoli aggiustamenti e aggiunte in corso d’opera possibili solo quando si percepisce finalmente il ritmo che sta assumendo il testo definitivo.
Sicuramente, i tre personaggi di Villa Flora che affiancano a diverso titolo il tenente Roversinelle sue indagini: Luigi Gualandi, la governante Caterina e il factotum Michele. Dei tre, però, ammetto di avere una particolare predilezione proprio per Gualandi, forse anche perché in lui ritrovo alcuni aspetti di me stesso, come l’amore per la natura e la passione per i giochi di parole.
Certamente. Ho ancora molte idee da sviluppare e la sesta indagine del tenente Roversi, che dovrebbe essere pubblicata il prossimo anno, è ormai quasi pronta. E, intanto, già ho in mente lo spunto di partenza del settimo romanzo.
Gavino Zucca
A cura di Stefania Ceteroni
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