Il Traduttore
Autore: Alex Jones
Editore: Massimo Soncini
Genere: Thriller
Pagine: 285
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. La vita serena di Patrick Bird, filosofico e ironico traduttore americano che vive a Parma tra piccoli lavori e amori deludenti, si trasformerà – dal momento in cui accetta un lavoro commissionato dalla bella e aristocratica Ombretta Blanc – in uno strano incubo: un travolgente mix di terrore, perversione e malvagità. Nonostante l’aiuto del suo miglior amico “il Cicciò”, di un cane pessimista, della musica indie, di un allegra ex moglie e tanti altri personaggi stravaganti, Patrick verrà inghiottito in un intrigo di visioni, voci che giungono dal passato e ingegneria genetica. Da modesto traduttore di testi enigmatici scritti da un ragazzo scomparso nel nulla, Patrick, in un crescendo di tensione, rischierà di diventare la vittima designata.
Recensione di Alessio Balzaretti
Tante, tantissime idee dietro questo romanzo, forse troppe.
Una recensione, la mia, che parte con una considerazione un po’ spiazzante ma realistica in merito al collage estremo che Alex Jones ci propone con il suo romanzo Il Traduttore.
Una storia che sicuramente attraversa più generi, come ben specificato sul retro di copertina, ma che lo fa sovraccaricando il lettore di personaggi e potenziali sviluppi di trama che, in realtà, sembrano più un modo per non perdere delle buone idee che per completare veramente il filone portante della storia.
Indubbiamente, la vicenda piena di enigmi in cui si trova trasportato il protagonista Patrick Bird, è interessante e articolata. Bello e divertente anche l’approccio dei primi capitoli, in cui si respira l’aria di Parma e dei suoi personaggi iconici che, con ironia, accompagnano Patrick in quella che sembra una sorta di indagine privata, condotta da un improvvisato gruppo di amici e condizionata da Ettore Blanc che è lo spietato burattinaio della vicenda.
C’è un manoscritto da tradurre, una antica reliquia e un uomo scomparso da ritrovare.
Ingredienti perfetti per quella che appare come una spericolata caccia al tesoro.
Poi succede l’imprevedibile, il romanzo vira nettamente sulla vita privata di Patrick, alimentando la curiosità su come evolve il rapporto tra lui e la ex moglie, con prospettive ed interrogativi importanti da definire.
Poi si sterza nuovamente in maniera brusca, sul coinvolgimento di una parte corrotta e ambigua della Polizia che, oltre a tenere costantemente d’occhio Patrick, si fa parte del gioco in maniera inaspettata. Altra curva secca.
L’autore, ci proietta nel rapporto nascente tra Patrick e Ombretta Blanc, anche qui molto caricato di aspettative per il lettore che vorrebbe saperne decisamente di più. Da un’amicizia quasi casuale ed un’intesa molto platonica, potrebbe scaturire molto.
Altro bivio.
E qui, la caccia al tesoro di poco prima, si tramuta in un esperimento scientifico totalmente inatteso. Dalla ricerca del Santo Graal a Frankenstein junior in chiave moderna, con una piccola e chiarissima deviazione verso The island.
Eccoci dunque al finale da cui non è facile uscire per il nostro protagonista, se non fosse per un voltafaccia che fino a quel momento appariva poco indiziato. Un’alleanza che proprio alleanza non è, ma da cui Patrick trarrà vantaggio per salvarsi.
A fronte di questo percorso narrativo decisamente ardito, lo stile dell’autore è piuttosto spontaneo, abbastanza scorrevole, ma tecnicamente più vicino ad una sceneggiatura che ad un romanzo regolato da una ritmica ben precisa.
Tantissimi dialoghi, molte frasi in lingua inglese non sempre spiegate in maniera chiara, tanti sottointesi, anche nello scambio di battute tra i personaggi, di cui non sempre si coglie l’aspetto emotivo o il retro pensiero che li porta a fare certe affermazioni.
Da lettore, avrei voluto cogliere qualcosa di più dell’origine americana di Patrick, non solo nelle citazioni in lingua madre o nelle fotografie che fa della sua terra, ma anche nel modo di pensare e di ragionare.
Lui è in italia da sette anni eppure sembra che parli e ragioni come se fosse nato a Parma da cinquanta e questo, se da un lato può rappresentare il meglio dell’integrazione nella nostra cultura, toglie molto a quello che si vorrebbe cogliere delle sue origini statunitensi.
L’autore dimostra di amare il cinema, ma nel farlo si lascia trasportare in stereotipi troppo evidenti che richiamano svariati pezzi di celebri pellicole, forse senza riuscire a reinterpretare a modo suo quelle brillanti idee proposte in certi film cult.
Insomma, direi che la revisione del testo non è stata esattamente centrata e che la storia, pur nascendo con buoni propositi, si è sbriciolata.
Due consigli da un lettore qualunque.
All’autore faccio notare che esistono almeno altri tre libri con lo stesso titolo pubblicati negli ultimi quattro anni. Forse avrebbe avuto più efficacia un titolo originale.
Alla casa editrice invece confesso che, accostare un autore emergente a maestri del calibro di Murakami e Zafòn, per giunta sul retro di copertina, credo non sia solo un azzardo, ma un vero e proprio autogol che andava evitato.
Mi dispiace molto, ma personalmente non mi sento di consigliare questa lettura.
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Alex Jones
di Atlanta (Stati Uniti), abita a Parma con la sua famiglia. È docente di inglese presso l’Università di Parma e il Liceo Scientifico marconi, giornalista freelance, traduttore, interprete, doppiatore, attore di teatro, cantante, telecronista e allenatore di football americano. Nel 2021, il suo racconto “My children and other animals” è stato nominato finalista per il premio “best Non-Fiction Story” da Story House Magazine.