A colazione con S. Holmes




Sinossi. Giallo e cibo sono un binomio inscindibile e anche Sherlock Holmes non fa eccezione. Infatti, a differenza di quanto ci si possa aspettare, anche il famosissimo personaggio creato da Arthur Conan Doyle è un amante della buona tavola, basti pensare che nelle storie in cui Holmes è protagonista il solo pasto della colazione è citato ben settantatré volte. Tra realtà e finzione narrativa scopriremo i gusti raffinati del più famoso investigatore della letteratura, grazie anche alla riproposizione di alcune ricette della tradizione britannica come il melone con vino bianco, le uova Wensleydale e il pudding di cappone del Kent. Inoltre, il lettore troverà un interessante parallelismo tra la campagna inglese e quella toscana, grazie a Lucertolo, il commissario creato dalla penna del giornalista e gastronomo Giulio Piccini, che si muove nei bassifondi fiorentini nello stesso periodo in cui agisce Sherlock Holmes.

I caoitoli sono arricchiti da ricette della tradizione britannica.

 A COLAZIONE CON SHERLOCK HOLMES

di Paola Alberti 

Oligo 2023

Saggio, pag.112

 Recensione di Salvatore Argiolas

Nell’economia del racconto giallo il cibo ha avuto sempre un ruolo non marginale che si è gradatamente fatto sempre più importante nel tempo. Edgar Allen Poe non ci ha resi edotti su cosa mangiasse il cavalier Dupin, il suo investigatore protagonista di quelli che sono considerarti i primi vagiti del genere che diventerà tanto amato dai lettori.

Sono molti i detective gourmet nella letteratura gialla, da Jules Maigret a Salvo Montalbano, da Kostas Charitos al commissario Soneri creato da Valerio Varesi e tutti hanno un rapporto filosofico e sensuale con il cibo.

Come esistono associazioni d’idee, esistono pure le associazioni commestibili tra ciò che offre il piatto e ciò che offre il letto”

scrive “Manuel Vazquez Montalban in “Ricette immorali” raccolta di ricette di grande effetto che potrebbero essere state sviluppate da Pepe Carvalho o dal suo fido amico-cuoco Biscuiter per attenuare le amarezze che il suo mestiere di “annusapatte” gli infligge.

Attraverso la letteratura gialla si conoscono le ricette di altri paesi come succede con il molto autorevole investigatore cinese Chen Cao, protagonista di molti ottimi romanzi di Qiu Xiaolong.

Questo è il menù di un pranzo che vorrebbe essere luculliano a cui viene invitato Chen:

“Come antipasto “Testa di Budda, che aveva una certa rassomiglianza con una testa umana ma era stata ricavata da una zucca bianca, stufata in una vaporiera di bambù e coperta con un’enorme foglia di loto.

Chen osservò la donna scoperchiare il “teschio”, infilare le bacchette nelle “cervella” ed estrarre un passero fritto, contenuto in una quaglia alla griglia a sua volta contenuta in un piccione brasato.”

Poi arrivò una tartaruga di lago, stufata con zucchero cristallizzato, vino bianco, zenzero, scalogno e qualche fetta di prosciutto di Jinhua.

Il banchetto proseguì con una sorpresa dopo l’altra: la gigantesca zuppa di teste di pesce arricchita con ginseng americano, le haja, le speciali lucertole dello Guangxi, fresche, stufate con funghi nuvola bianchi, congee di nido di rondine cosparso di dulcamara scarlatta. “Oh, il nido di rondine, esclamò Pei sollevando un mestolo “per fare il nido sulle rupi, le rondini devono prendere tutto ciò che trovano e mescolarlo alla saliva, l’essenza della vita.”

Gli inglesi non hanno una cucina, hanno solo del cibo”

soleva dire Hercules Poirot e malgrado ciò alcuni studiosi hanno stilato un nutrito elenco di ricette britanniche citate nei romanzi di Agatha Christie.

Anche un detective che nell’immaginario collettivo è solito impugnare la lente d’ingrandimento e non la forchetta, nelle sue avventure ha diverse occasioni di gustare un pranzo oppure una colazione doviziosamente raccontate dal fedele dottor Watson.

Paola Alberti nell’agile libretto “A colazione con Sherlock Holmes” riporta le abitudini alimentari di quello che è diventato il detective per antonomasia e perlustra il canone holmesiano (i quattro romanzi e i cinquantasei racconti scritti da Conan Doyle, perché gli apocrifi firmati da appassionati sono veramente tantissimi) e ci regala un nuovo modo di apprezzare le indagini svolte nelle nebbiose vie di Londra oppure nelle verdi brughiere inglesi.

Se Sherlock Holmes come buongustaio è frainteso”

scrive Paola Alberti, “lo è altrettanto la cugina inglese, essenzialmente semplice. Infatti, i più caratteristici piatti inglesi sono stati creati nelle cucine delle case o delle locande di campagna per rendere più economica possibile la spesa giornaliera. Non meraviglia, quindi, che molti piatti della cucina anglosassone siano un miscuglio di carne, verdure, erbe e spezie cucinate insieme.

Holmes descrive l’invito ad un banchetto come “un atto sociale che costringe un uomo ad annoiarsi o a mentire”

Appoggiandosi ad uno studio documentatissimo che ha censito tutti le citazioni di cibo nelle avventure di Holmes, Paola Alberti si inoltra nel territorio narrativo di Doyle per cogliere suggestioni e riferimenti gastronomici per suggerire diverse ricette plausibilmente apprezzate da Holmes e Watson.

Nel romanzo “Il segno dei quattro” il detective dice: “Ne ho avuto abbastanza del caso, meglio che mangi il prosciutto e le uova…” e l’autrice ci propone una colazione tipica che consiste in Melone con vino bianco, Prosciutto e uova Wensleydale, Kedgeree, Scones e Caffè, con relative ricette.

Nell’avventura de “La valle della paura” Holmes rassicurò Watson quando avrò terminato questo quarto uovo, sarò pronto a spiegarti l’intera situazione…” Si trattava di un “tè alto”, un pasto non menzionato spesso nel canone. Il “tè alto” era una specie di cena anticipata e per i meno abbienti rappresentava l’unico pasto serale.”

Uova al tè ripiene, Rognone in salsa di vino, Torta all’arancia”

Come scrive Paola Alberti,

la descrizione del cibo ci fornisce la chiave d’accesso a un’epoca, quella vittoriana, rimandando anche a ricette della tradizione inglese, anche se è lo stesso Sherlock Holme a dire che “ le ricette non solo più quelle di una volta.”

Questo stuzzicante saggio è introdotto da una succosa prefazione di Luca Crovi e si conclude con le ricette toscane legate ad un progenitore di Holmes, il commissario Lucertolo nato dalla fantasia di Giulio Piccini alias Jarro nel 1881, ben quattro anni prima della pubblicazione di “Lo studio in rosso”.

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Paola Alberti


toscana, è presidente del Premio Europa, l’unicoconcorso italiano riservato ai racconti noir al femminile. Allieva di Dacia Maraini, ha critto per “Panorama” e “Il Tirreno”. Tra i suoi libri ricordiamo “Il delitto si addice a Eva” (Jaca Book, 2002), nel 1996 a Pisa fonda il movimento letterario Penne arrabbiate. Nel 2004 ha fondato la Compagnia del delitto, per cui scrive i testi drammaturgici.