Recensione di Gabriele Loddo
Autore: Manuela Malchiodi
Editore: Nero Press Edizioni
Genere: giallo
Pagine: 256
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Durante una visita didattica sulle orme degli street artist, in una periferia cittadina, un gruppo di studenti di Antropologia scopre un murale maestoso ma allo stesso tempo sinistro, per i dettagli delittuosi che vi si scorgono. Poche ore dopo, in quello stesso luogo vengono ritrovati i resti di una donna brutalmente assassinata. Questo omicidio sarà solo il primo di una lunga serie in cui la street art viene utilizzata come sorta di bandiera, di avvertimento, come racconto di un’epopea che sta sconvolgendo la comunità degli artisti urbani. Le connessioni tra delitti e dipinti sono evidenti e Ambra e Alessandro, giovani docenti antropologi che tentano di interpretare i segni misteriosi nelle murate per aiutare la polizia, verranno trascinati dalle indagini in un vortice criminale.
Recensione
Quello di Manuela Malchiodi è un romanzo giallo originale nei profumi e nelle sfumature. È fresco nelle tematiche e ha un ritmo serrato già dalle prime battute.
Il mondo scelto è quello frequentato dagli street artist, angoli pubblici bui, talvolta isolati e malfamati, dove le voci e i messaggi della società assumono la forma di creazioni artistiche dai colori accesi per farsi ascoltare. Si fanno sostanza, arte, e attraverso i muri, i mezzi pubblici o i cartelli stradali, riescono a toccare le corde della testa e del cuore di chi li guarda. Ed è in questo mondo, da sempre abituato a lottare e a graffiare, che il gioco si complica.
Nei pressi di fresche murate i corpi di giovani vittime vengono rinvenuti esanimi e martoriati. Tutto fa pensare che due giovani professori universitari, Ambra e Alessandro, questi i loro nomi, siano coinvolti nella scia di uccisioni. I due, al contrario, metteranno a disposizione le loro conoscenze professionali e, in prima persona, verranno risucchiati in un terreno torbido e insidioso.
La narrazione è scorrevole e curata, piacevoli le digressioni che introducono le citazioni storiche e quelle artistiche. Che dire del ritmo: mettete le cinture di sicurezza.
INTERVISTA
Ciao Manuela, prima di tutto ti volevo fare i complimenti per “Acrilico”. Reputo il romanzo originale e interessante per le tematiche trattate. A questo proposito ti volevo chiedere:
Come è nata l’idea di ambientare il giallo nel mondo degli street artist?
Tutto è iniziato da alcuni bellissimi murales intravisti dal finestrino di un treno, a Milano. Dopo essere andata a guardarli da vicino, è nato il mio interesse per questa forma d’arte. Eravamo intorno alla metà degli anni 2000, io mi divertivo a scrivere racconti gialli e le due cose si sono intrecciate spontaneamente, così è nata l’idea di un romanzo ambientato tra gli artisti urbani. Meglio dire il primo nucleo di un’idea: il contesto, alcuni personaggi, una vaga traccia della trama. Il resto si è precisato negli anni successivi, man mano che questo nucleo si fondeva con altri stimoli e interessi. Nel frattempo mi ero divorata i cataloghi delle prime mostre sulla street art e le varie fanzine sul tema, che mi sono servite per capire qualcosa in più delle tecniche, del linguaggio e dell’universo di questi artisti. Non voglio spacciarmi per un’esperta di arte urbana, sono soltanto un’ammiratrice.
Tralasciando il mondo degli street artist, risultano interessanti alla lettura alcuni elementi che hai inserito nella trama: cito le nozioni sul simbolismo di culture antiche e di miti del passato. Per la narrazione hai dovuto studiare e ricercare gli elementi che ti hanno permesso di costruire l’idea di fondo (che non riporto per non spoilerare l’intrigo) o queste nozioni facevano già parte del tuo bagaglio formativo o dei tuoi interessi personali?
Come tutti, ho nella memoria una stratificazione di conoscenze che si sono depositate negli anni di studio, di letture, esperienze e lavoro. A volte sono conoscenze dormienti, ma possono riaccendersi facilmente. Molti ingredienti della storia vengono dagli strati geologici di questo bagaglio, anche se naturalmente hanno richiesto un lavoro di rilettura e documentazione. Adesso faccio anch’io i salti mortali per non spoilerare. I riferimenti al simbolismo di culture antiche e di miti del passato hanno radici negli studi liceali e negli interessi successivi. La scelta dell’approccio e dei protagonisti nasce dalla mia fascinazione per l’antropologia, che secondo me dispone di strumenti efficaci e penetranti per leggere il mondo. Pur avendo studiato questa materia all’università, e aver continuato a coltivarla per passione, non sono un’antropologa e spero di non aver banalizzato troppo nel piegare certe nozioni alle esigenze del romanzo. Invece l’impianto un po’ cinematografico, che in molti mi hanno fatto notare, è senz’altro una deformazione professionale: lavorando da anni sui contenuti televisivi (come analista, ahimè, non come creativa) sono abituata a “vedere” le storie come se si dipanassero su uno schermo.
Per certi versi, questi elementi di “Acrilico” mi riportano alla mente le tematiche trattate da Dan Brown nella fortunata serie di Robert Langdon. In questo senso pensi di dare un seguito ai tuoi personaggi Ambra e Alessandro? Personalmente il mix intrighi, simboli e miti, mi affascina tanto. Ma se così non fosse, hai nuovi progetti futuri in ambito letterario?
Beh, grazie per il paragone con la serie di Robert Langdon, non mi dispiacerebbe avere la stessa fortuna! Allucinazioni a parte, devo confessare che, nonostante il finale abbia tutta l’aria di annunciare un sequel, io non ne avevo l’intenzione. In realtà pensavo a un’altra chiusura, ma hai presente la propensione dei personaggi dei romanzi di sganciarsi a un certo punto dalla volontà dello scrittore per fare di testa propria? Ecco, dopo che un personaggio mi è sfuggito di mano ho pensato che, tutto sommato, un finale così ci stava bene: un conflitto come quello raccontato da “Acrilico” non può spegnersi tanto facilmente, è destinato a durare, a risorgere. Comunque non nascondo che da qualche tempo mi gira in testa l’idea di Ambra e Alessandro coinvolti in un’altra avventura molto noir, tra Italia e Africa, in un preciso momento della storia recente.
Per il resto, ho iniziato a scrivere un romanzo non di genere (anche se attraversato da un mistero, non posso farne a meno), in cui cerco di lavorare molto di più sullo stile. Accidenti, a me va sempre così: le idee premono ma il tempo manca.
Manuela Malchiodi
Manuela Malchiodi vive a Pavia ed è ricercatrice in un istituto di analisi sui media. Di solito scrive, per lavoro, rapporti e saggi legati alle attività di ricerca. Quando si apre qualche spiraglio nei suoi giorni complicati, cerca di dare accoglienza anche alle storie di fantasia, perlopiù criminose, che le si affacciano alla mente. Ha partecipato a diversi concorsi letterari e due suoi racconti sono stati pubblicati in antologie. Acrilico è il suo primo romanzo.
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