Anche io




di Jodi Kantor, Megan Twohey

Vallardi A. 2023

Barbara Ronca (Traduttore)

Saggio, pag.320

Sinossi. Dalle giornaliste vincitrici del Premio Pulitzer, la storia dell’inchiesta sugli abusi sessuali a Hollywood che ha contribuito a lanciare il movimento #metoo. Da questo libro il film di Maria Schrader con Carey Mulligan e Zoe Kazan. Ricco di testimonianze inedite e retroscena finora taciuti, Anche io rivela come due giornaliste siano riuscite a rompere il muro di silenzio che proteggeva una consolidata prassi di violenze e abusi, convincendo le sopravvissute a rivelare i loro segreti e resistendo alle intimidazioni con cui Harvey Weinstein ha cercato di insabbiare la loro indagine. Tutta la storia mai raccontata dell’inchiesta che ha cambiato non solo l’industria cinematografica, ma la cultura dei luoghi di lavoro in tutto il mondo.


Recensione di Laura Bambini

Come poteva il Times parlare di molestie, chiedeva, se erano state le ragazze ad andare volontariamente nella sua stanza d’albergo?”

Voglio aprire con quella che è la replica principe di ogni accusa in cui la vittima (altro vocabolo abusato di cui si è persa la consistenza) sia una donna.

C’è sempre un margine, uno spiraglio, entro cui può inserirsi il dictum: se l’è cercata.

In ogni contesto, dalle mano lunghe in metro, alle battutine di un capo, fino allo stupro e all’omicidio, a prescindere è anche colpa nostra.

Il MeToo è stato il movimento femminista più seguito dell’ultimo ventennio e anche quello più criticato. È stata una bomba che nessuno, nemmeno le giornaliste che vi hanno dato vita con il loro articolo, si aspettava esplodesse.

Non sarò io a condannarlo né a difenderlo, però vorrei sottolineare come oltreoceano la considerazione sociale della “femmina” sia la stessa che c’è in Italia e se loro, che sono di base più avanti di noi, soffrono della stessa pochezza, abbiamo davvero un problema che non si risolverà né criticando il MeToo, né salvandolo.

Le giornaliste Jodi Kantor e Meghan Twohey dovevano – volevano – solo scrivere un articolo sulla misoginia e sull’ipocrisia hollywoodiane, partendo da uno dei suoi magnati, Harvey Weinstein, le cui voci sulle molestie nei confronti di attrici si sprecavano da anni.

Non c’era una traccia ufficiale, però. Mancavano anche gli indizi.

In questo saggio le giornaliste ripercorrono, giornata per giornata, telefonata dopo telefonata, tutto il percorso che le ha portate a scrivere un articolo che è diventato qualcosa di molto più grande e molto più ingestibile.

All’inizio, non c’erano testimoni né vittime. Nessuna voleva parlare, molte erano state messe a tacere con i soldi. Da quest’ultima caratteristica le giornaliste sono risalite a ciò che in Italia si fa senza neanche tutto questo formalismo: quando c’è una vittima pronta a parlare, si compra il suo silenzio pagandola.

D’altronde, chi è che si metterebbe contro il famoso “sistema”, contro il “potere”?

Sono uomini pieni di soldi e capaci di distruggere una carriera con uno schiocco di dita, si arrogano il diritto di farlo in quanto maschi e non c’è un modo più carino per dirlo. La maggior parte delle attrici si è recata nella camera d’albergo di Weinstein di sua spontanea volontà.

Nessuna si aspettava ciò che c’era oltre quella porta, ma all’ignoranza della società e al potere che importa? Ci sono andate da sole, nessuno ha puntato loro una pistola.

Sono le parole che Weinstein usa per scagionarsi, è il mantra che utilizza per bloccare l’articolo, rimandarlo, confutarlo. L’uomo si autocommisera, ammette di avere un problema, ma in fondo gli piacciono solo le donne.

Dopo la pubblicazione dell’articolo, la redazione del Times implode: giungono richieste da tutto il globo di raccontare la propria storia: “anche io”, appunto.

Segno di stanchezza generale, di sorellanza tardiva (se parli tu, lo faccio anche io)?

Chi lo sa. È successo.

Movimento a parte, non posso fare a meno di segnalare la traduzione in “doppiaggese”, sia dei dialoghi che di molti paragrafi:

Sei finito, Harvey”, “ecco come stanno le cose” e altre espressioni che hanno perfettamente senso nella lingua anglofona, ma chi in Italia si esprimerebbe così?

Un buon testo per gli appassionati del movimento, da leggere per tenere a mente che è una battaglia mai finita.

Acquista su Amazon.it: 

Jodi Kantor, Megan Twohey


Jodi Kantor: Jodi Kantor è una giornalista investigativa del New York Times e collabora abitualmente con le principali testate e agenzie di stampa americane insieme alla collega Megan Twohey. Per la loro inchiesta su Harvey Weinstein e gli abusi sessuali a Hollywood le due autrici hanno ricevuto il Premio Pulitzer per il miglior giornalismo di pubblico servizio e nel 2018 sono entrate nella classifica delle «100 persone più influenti al mondo» del Time.

Megan Twohey: Megan Twohey è una giornalista investigativa del New York Times e collabora abitualmente con le principali testate e agenzie di stampa americane insieme alla collega Jodi Kantor. Per la loro inchiesta su Harvey Weinstein e gli abusi sessuali a Hollywood le due autrici hanno ricevuto il Premio Pulitzer per il miglior giornalismo di pubblico servizio e nel 2018 sono entrate nella classifica delle «100 persone più influenti al mondo» del Times.

A cura di Laura Bambini

Libri di mare