Recensione di Sara Ammenti
Autore: Mauro Garofalo
Editore: Mondadori
Genere: Narrativa
Pagine: 348
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Questa è la storia di Simone Pianetti, uomo tranquillo, padre di otto figli, onesto lavoratore, che un giorno imbracciò il fucile e uccise cinque uomini e due donne. Di lui raccontano che nessun camoscio potesse sfuggire al suo grilletto, e che i suoi occhi grigi fossero scintille capaci d’ogni sortilegio. Raccontano che fosse un visionario, uno spirito dei tempi di là da venire; ma anche che fosse cocciuto, che per un niente si incendiasse. Spinti dall’invidia, raccontano che la sua famiglia avesse stretto un patto con il diavolo per garantirsi il successo negli affari; spinti dal romanticismo, che emigrò in America, e che a Pittsburgh lasciò una ragazza dai capelli rossi e con lei la possibilità di un altro futuro. Di Simone Pianetti raccontano molte cose, ma una è certa: la mattina del 13 luglio 1914, dopo aver dato un bacio alla figlia più piccola, prese il fucile da caccia e ammazzò a sangue freddo sette persone, tra cui il medico, il giudice e il parroco del paese, responsabili di una congiura che aveva portato al fallimento della sua locanda e di un mulino che aveva preso in gestione. Dopo gli omicidi, venne il tempo della leggenda: in trecento, tra soldati e carabinieri, cercarono Pianetti tra i monti; nessuno sa quanti lo aiutarono a nascondersi. Per la legge italiana, Simone Pianetti è ancora oggi un ricercato; nell’immaginario collettivo, è diventato una sorta di storia del terrore per i potenti. “Ci vorrebbe il Pianetti” dicono nel Bergamasco quando c’è un torto che non si ha la forza di riparare.
Recensione
“Strano animale l’uomo, che stende litigi tra fratelli e poi riscatta memoria al compimento dell’ignominia.”
Naviga in un territorio ben noto Mauro Garofalo, co-autore della guida Lonely Planet Milano e Lombardia e collaboratore de La Stampa Tutto Green, camminatore e conoscitore delle alte vie di montagna, per raccontare la storia di Simone Pianetti. La cronaca è solo un’ispirazione, un punto di partenza intorno al quale si dipana la narrazione di una vita, quella del Pianetti, appunto, e di tutte le persone che lo circondano: amici, nemici, genitori, figli, fratelli e poi loro, le anime dei morti che alternano le loro voci in una composizione poetica, a tratti corale, che molto ricorda la Spoon River di E. Lee Masters.
Facendo tesoro della cronologia degli eventi ricostruita dal pronipote del protagonista, Denis Pianetti, in Cronaca di una vendetta: la vera storia di Simone Pianetti, Garofalo riesce a ridare vita a Simone Pianetti, restituendogli, almeno in parte, la dignità che gli fu tolta quando per mille volte cadde e per mille volte si rialzò, più forte di prima, fino a che non riuscirono a spezzare del tutto i suoi sogni e a mandare in mille pezzi la sua vita.
“La serpe del malanimo comincia così, con le occhiatelle di traverso che ti meriti solo perché non ce l’hai fatta, del resto di chi arriva secondo non se ne ricorda nessuno. Che la storia mica la scrive chi perde.”
L’autore ci accompagna in un viaggio dentro l’animo umano, fino ai suoi angoli più bui, dove si celano i risentimenti di una vita. La follia è solo l’ultima spiaggia di un percorso lungo una vita, dove trovano posto gioie e dolori di un’esistenza irrequieta forse, ma certamente piena di forti emozioni: il rapporto difficile con un padre-padrone, la perdita di una sorella amatissima, l’esperienza come soldato prima ed emigrante in America poi, il ritorno, l’amore, il matrimonio, diventare padre, conoscere le gioie di una nuova vita e il vuoto lasciato da un figlio scomparso prematuramente. Simone è tutto questo, ma anche di più. E’ un bravissimo cacciatore, un oste, un commerciante, un albergatore, un mugnaio, un uomo dalle mille risorse che non vuole arrendersi alle avversità della vita.
“Sarebbe stato un battito di ciglia di cui pure nessuno avrebbe annotato traccia. Il tuo, un nome iscritto nel vento. Non ti avrebbero ricordato in alcun dove, una foglia stinta senza neppure l’odore della mortalità. – Non mi voglio estinguere – Sentì forte il desiderio. Lasciare il segno. Rendersi utile, fare qualcosa per cui ne valesse la pena. D’essere nati, nel senso. Soffrire, soffiare sul fuoco dei giorni. Prima che il rogo divampasse e anche lui, come tutti, passasse nel dimenticatoio del mondo.”
Ma non c’è solo lui in queste pagine. Ci sono esistenze ultraterrene, anime che parlano attraverso il respiro degli alberi, la caducità delle foglie, la rugiada del mattino, per incorniciare il racconto e allontanare l’occhio del lettore dal sentire terreno, regalandogli ciò che all’uomo mortale non è mai concesso: una visione dall’alto, da lontano, il punto di vista di chi una vita non ce l’ha più, ma di cose da dire ne avrebbe ancora molte.
Una segnalazione particolare va fatta alla prosa di questo bellissimo romanzo. Lo scrittore compie un’opera sapiente mescolando forme dialettali e sapori linguistici di un’Italia a cavallo tra due secoli. Il tempo è quello serrato di una narrazione veloce, quasi parlata, alla quale si alterna una lirica dal sapore più poetico riservata più spesso ai cori delle vittime.
Infine i personaggi. Sono ritratti vivi, di spessore, e un posto particolare Garofalo lo riserva alle donne di questo racconto, dipinte a tinte forti e vivaci, nel bene e nel male, donne che amano, lavorano, combattono, donne ancora costrette a vite remissive ma capaci di pensieri ed azioni decisive, donne che soffrono ma anche donne che sanno come far soffrire e infliggono ferite più potenti di un’arma da fuoco.
“Una donna poi, una donna deve essere madre e sorella, moglie e amante, una donna deve essere forte quando prende il viso del suo bambino che piange, lo stesso quello dello sposo affranto dagli affanni, la donna sostegno e missione, colonna, infame per alcuni, alcova e mistero per altri. Forse, un giorno tutto questo cambierà, e saremo noi a decidere, quantomeno per il nostro corpo.”
Questa ballata resta davvero nell’animo di chi legge e a mio avviso si guadagna un posto d’onore tra le letture assolutamente da consigliare!
A cura di Sara Ammenti
Mauro Garofalo
Mauro Garofalo è nato a Roma nel 1974, vive a Milano. Scrittore, giornalista e fotoreporter, è autore di due romanzi, entrambi editi per Frassinelli. È titolare del corso di Scrittura del Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano, collabora con La Stampa Tuttogreen e tiene il corso di Storytelling alla Civica Scuola Cinema Luchino Visconti.
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