Recensione di Silvana Meloni
Autore: Stephen King
Editore: Sperling & Kupfer
Traduzione: Luca Briasco
Genere: Noir
Pagine: 545
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Billy Summers è un sicario, il migliore sulla piazza, ma ha una sua etica: accetta l’incarico solo se la vittima designata è una persona veramente spregevole. Dopo anni di servizio, ora vorrebbe uscire dal giro, ma gli è stato appena offerto un nuovo contratto, per un compenso vertiginoso. Se accetta, dovrà trasferirsi forse per mesi in una piccola città nel Sud degli Stati Uniti, in attesa del suo bersaglio. Come copertura, si fingerà un aspirante scrittore, impegnato a finire il suo primo romanzo. Billy è un lettore incallito: i suoi autori preferiti sono Thomas Hardy ed Émile Zola, anche se con i clienti finge di leggere soltanto fumetti – perché meno gli altri sanno di te, meno possono farti del male. Ha accarezzato l’idea di scrivere un libro in più di un’occasione, ma non ci mai provato sul serio. Chissà che questa non sia la volta buona. Billy è parecchio tentato di accettare quest’ultimo incarico prima di uscire di scena. Dopotutto, è tra i più abili cecchini al mondo, un veterano decorato della guerra in Iraq: non ha mai sbagliato un colpo, non si è mai fatto beccare – una specie di Houdini quando si tratta di svanire nel nulla a lavoro compiuto. Cosa potrebbe mai andare storto? Ovviamente, stavolta, praticamente tutto. Del resto, il migliore dei romanzi è quello di cui non puoi prevedere nessun giro di trama.
RECENSIONE
L’ultima pubblicazione di Stephen King è un libro diverso da quelli a cui l’autore ci ha abituati. È un noir che ci trasporta dentro l’esistenza, all’apparenza monotona, di un uomo solitario, nessun accenno al soprannaturale. Quest’uomo viene coinvolto in una avventura straordinaria, insieme al lettore che, tra un colpo di scena e l’altro, arriva ad un finale che non si aspetta. Non è un testo leggero, al di là dell’apparenza, infatti King impiega oltre cinquecento pagine per raccontarci la storia quasi ordinaria di un sicario di nome Bill Summers. Qual è il sotto testo di questo romanzo?
Ho evidenziato alcuni temi cari all’autore: l’amore per la lettura e la scrittura, viste come uniche porte per accedere all’universo del possibile, ai mondi infiniti che la fantasia può proporti, in contrasto con la vita reale che spesso è assai lontana da sogni e aspettative. La scrittura come catarsi, rispetto ad una vita che porta con sé inevitabili rimorsi e rimpianti.
Ma vi è di più. Leggendo, siamo nostro malgrado costretti a indossare i panni di un uomo che, in altro contesto, avremmo giudicato e condannato: un pluriomicida a pagamento, che sin dalle prime righe dichiara di aver eliminato una ventina di soggetti, senza contare naturalmente quelli uccisi in Iraq nel suo ruolo di cecchino. Un carnefice che non concede appello, perfetto e quasi maniacale nello svolgimento del suo lavoro al soldo di altri efferati assassini. Una sola debolezza: l’obiettivo deve essere un uomo cattivo. È una condizione dei suoi contratti, anche, se di fatto, non indaga realmente sul passato dei suoi bersagli.
Però non lo condanniamo, anzi, man mano che procede la lettura, cresce in noi l’ansia per la sua sorte, l’empatia e la simpatia per lui. Ci appare affascinante nella sua cultura, nell’intelligenza brillante, nella capacità di conquistare l’affetto dei bambini e apparire un eroe ai loro occhi. E un eroe diventa anche per noi, nel momento in cui salva la donzella in pericolo e decide di proteggerla indossando le vesti di giustiziere. Ecco che ci scopriamo, insieme a lui, a graduare l’efferatezza dei delitti altrui, stabilendo una classifica che vede al primo posto pedofilia e violenza sulle donne.
Insomma, ci ritroviamo a muoverci in un mondo di gangster, nel più classico stile hard-boiled americano, ribaltando ogni classica divisone tra buoni e cattivi alla quale siamo abituati.
Nonostante il suo passato difficile, però Billy non è un giustiziere: è un carnefice che uccide solo per denaro, i cui interessi riguardano primariamente sé stesso, la sua incolumità e la vendetta. Nel corso della storia certamente si evolve ed entrano nel novero delle sue passioni il piacere di scrivere (naturalmente la sua storia) e l’interesse per le due uniche persone che hanno mostrato una forma di affetto nei suoi confronti: una bambina e una ragazza. Ma fondamentalmente rimane l’uomo che è sempre stato.
Cosa mi ha chiesto dunque, da lettrice, Stephen King oltre alla sospensione dell’incredulità, mentre mi immergevo in questa storia fantastica?
La sospensione del giudizio. Nel ribaltamento tra buoni e cattivi, nella confusione tra chi è il vero cattivo e chi è il quasi cattivo, chi ha il diritto di punire e chi è mosso dall’impeto della vendetta, nella giustizia o nella malasorte, l’autore ci chiede di sospendere il giudizio.
Forse è solo una mia interpretazione, ma in questo momento storico, nella continua rissa, sia nel mondo virtuale che reale, tra giustizialisti e garantisti, tra coloro che rispettano la scienza e coloro che ne negano le evidenze, tra detentori di un potere economico forte ma effimero e coloro che con questo potere, con le diseguaglianze e la povertà, con i muri di esclusione, devono fare quotidianamente i conti, l’invito a non giudicare appare quanto mai necessario.
I libri una volta pubblicati diventano di chi li legge, questa è la mia lettura. Consiglio senza riserve l’ultima fatica di Stephen King, splendido romanzo.
A cura di Silvana Meloni
https://www.instagram.com/silvameloni/
Stephen King
vive e lavora nel Maine con la moglie Tabitha e la figlia Naomi. Da più di quarant’anni le sue storie sono bestseller che hanno venduto 500 milioni di copie in tutto il mondo e hanno ispirato registi famosi come Stanley Kubrick, Brian De Palma, Rob Reiner, Frank Darabont. Oltre ai film tratti dai suoi romanzi, vere pietre miliari come Stand by me – Ricordo di un’estate, Le ali della libertà, Il miglio verde, It – per citarne solo alcuni – sono seguitissime anche le sue serie TV. Per i suoi meriti artistici, il presidente Barack Obama gli ha conferito la National Medal of Arts. Nel 2018 ha ricevuto il PEN America Literary Service Award.
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