Recensione di Marina Morassut
Autore: Jonathan Lethem
Traduzione: Laura Grimaldi
Editore: Bompiani
Genere: Narrativa gialla
Pagine: 314
Anno di pubblicazione: 2014
Sinossi. Lionel Essrog, per tutti Testadipazzo, ha la tendenza a cacciarsi nei guai: la sindrome di Tourette lo rende un giovane ribelle dalle frasi sconnesse, violento e pieno di imprevedibili tic. Senza genitori e senza pace, la sua esistenza è colorata da urla e pugni sferrati all’improvviso. La sua salvezza si chiama Frank Minna, un mafioso di poco conto a Brooklyn, che lo tira fuori dall’orfanotrofio e lo trasforma nel suo tirapiedi. Quando però Minna viene pugnalato e il suo corpo senza vita gettato in un cassonetto, Testadipazzo si mette sulle tracce dell’assassino per difendere il suo fragile mondo, ingabbiato dalla malattia ma assetato di giustizia. Un noir che consegna alla letteratura contemporanea un personaggio esploratore dei bassifondi di New York con la stessa caotica determinazione con cui affronta il labirinto della propria mente.
Recensione
“Nel romanzo il contesto è fondamentale: Lethem torna a casa, alla natia Brooklyn, e ne racconta la trasformazione da zona disagiata (italoamericana, ma anche ispanica e nera) a quartiere trendy; debitore a Martin Scorsese, questo è un omaggio a una New York che sparisce”.
Lo incontriamo subito così, Lionel Essrog, soprannominato “Testadipazzo”: bloccato a bordo della Lincolnin compagnia del suo compare Gilbert, che conosce da quando era ragazzino, mentre insieme sorvegliano un palazzo nell’Upper East Side (fuori dal loro giro abitudinario) per conto dell’Agenzia Minna e nel frattempo mangiano un mini hamburgher della catena White Caste, nella luce morente di novembre.
“La parola è tutto. Ho la Tourette”.
E nonostante l’avviso ai lettori italiani sulla difficoltà della traduzione, o meglio della resa, nella ns lingua,visti gli spasmi verbali di Lionel e sulla difficoltà di seguire gli scagnozzi di Frank Minna sulle strade di New York ed in particolare di Brooklyn, non c’è scampo, perché appena si leggono le prime pagine, si viene fagocitati da questo romanzo e soprattutto da questo personaggio inconsueto, che con le sue frasi pazze e disarticolate, fa il paio con una New York frenetica.
I suoi tic, l’essere scambiato per ribelle invece che portatore di una difficoltà conclamata, la sua mania di dover toccare con piccoli colpetti le cose, l’altalena fra caos e controllo, la sua continua ricerca di una pecca della realtà, i suoi sfogli compulsivi fatti di parolacce, urla, parole che via via perdono significato nella modificazione della struttura verbale, non fanno che accrescere il fascino di questo romanzo.
Ambientato in un tempo presente nei pensieri e nei discorsi di Lionel ma con incursioni ad annate precedenti per raccontare l’infanzia e la gioventù di Testadipazzo e dei suoi tre amici di infanzia e colleghi, scagnozzi del piccolo boss Frank Minna, la scrittura di Jonathan Lethem ci catapulta in una New York che sembra uscire fresca-fresca dagli anni ’40 – in un noir di classe, ma al contempo vorticoso e scoppiettante e dove proprio il protagonista, affetto dalla sindrome di Tourette, diventa il gioiello in più, piuttosto che l’impedimento.
Il ritmo stesso del romanzo è pirotecnico, perché alla lentezza del racconto in prima persona da parte di Testadipazzo, si inseriscono scene di inseguimenti, pedinamenti, considerazioni personali urlate senza freni inibitori, trasferimenti fuori New York in una corsa contro il tempo per capire. E per trovare l’assassino del piccolo mafioso, quasi il suo padre putativo, che l’ha fatto uscire dalla biblioteca dell’orfanotrofio e che gli ha consentito una vita… forse chissà?, degna di essere vissuta.
La storia è ben congegnata e sempre sul filo di una tensione che non ha battute d’arresto e che al contempo è in grado di diversificarsi man mano che procede, con innesti di tematiche molto coinvolgenti e attuali: dalla piccola mafia italiana, a tratti quasi romantica, alla storia di due fratelli, fino a giochi più potenti e pericolosi, dalle società di yoga alla società giapponesi che sono disposte a tutto pur di difendere la… spiritualità! Sullo sfondo una città silente ma a tratti così assordante, come nelle scene delle morte del piccolo mafioso, che ci trasferisce da un romanzo alla vita vera, senza soluzione di continuità.
Come detto, la vita stessa del mafioso Frank Minna e del fratello, con la complicità di Julia, una moglie a dir poco particolare e che non riuscirà mai ad essere qualcosa di più che la semplice e fredda moglie del capo, aggiunge un afflato ulteriore a questo sofisticato romanzo.
Una donna a cui Lionel, alla fine della vicenda, dedicherà più di un pensiero, decidendo alfine di non cercarla più, pur essendo rimasta l’unico legame con il suo mentore, e decidendo di volerla continuare a pensare come “un’icona maledetta tratta dal manifesto di un film in bianco e nero”.
E alla fine, dopo la morte, dopo aver indagato e capito, cosa resta? Forse nemmeno la vendetta, perché il cervello di Testadipazzo è fin troppo pieno di uomini insignificanti e di uomini morti.
E allora Lionel Essrog Vi dice, così come Frank Minna diceva ai suoi scagnozzi: “tirate su le chiappe, gambe in spalla e filate. Raccontatela camminando, la vostra storia”.
A cura di Marina Morassut
Jonathan Lethem
Jonathan Lethem è figlio di un pittore e di una militante della sinistra radicale, cresciuto in una Brooklyn divisa fra italiani, neri ed ebrei, tra classici del cinema di fantascienza, cartoni animati della Warner Bros., la grande letteratura europea e la cultura hippy. È cresciuto leggendo Calvino e la Highsmith, Dostoevskij e Ray Bradbury, e se fino all’adolescenza da grande voleva fare il pittore, a vent’anni si è ritrovato sulla West Coast a lavorare fra gli scaffali di una libreria – e alle prime versioni dei suoi romanzi. La lunga parentesi californiana dura più di dieci anni, che comprendono un breve matrimonio (con la scrittrice Shelley Jackson) e la pubblicazione dei suoi primi romanzi: nel 1994 Gun with Occasional Music (Concerto per archi e canguro) nel 1995 Amnesia Moon (che verrà pubblicato in Italia da minimum fax ad aprile 2003), e di una raccolta di racconti, The Wall of the Sky, the Wall of the Eye (L’inferno comincia nel giardino, minimum fax 2001). Del 1997 è As She Climbed across the Table (Oggetto d’amore non indentificato), del 1988 Girl in Landscape. A questo punto critica e pubblico sono già d’accordo nel riconoscerlo come uno dei talenti più interessanti della nuova narrativa americana: noir hard-boiled, fantascienza, western classico, campus novel (Girl in a Landscape, per fare un esempio, è un omaggio a Sentieri selvaggi ambientato su Marte: un mix di John Ford e Philip K. Dick). Ma il vero successo è arrivato nel 2000, con il romanzo Motherless Brooklyn (Testadipazzo), un omaggio commosso alla sua Brooklyn (riscoperta nel 1996, quando è tornato a viverci) travestito da detective story. Ai premi prestigiosi, alla massiccia attenzione dei media (la rivista «Rolling Stone» lo ha definito «lo scrittore più cool dell’anno») Lethem ha reagito con una mossa anticommerciale da vero cult-writer, pubblicando un volumetto dalla raffinata veste tipografica, il racconto The Shape We’re In, per la McSweeney’s Books del suo amico Dave Eggers. Nel 2002 minimum fax ha pubblicato A ovest dell’inferno, una raccolta di racconti e saggi autobiografici creati appositamente, in esclusiva mondiale. È anche autore di decine di racconti e articoli apparsi tanto su riviste letterarie come l’«Isaac Asimov Science Fiction Magazine» o «McSweeney’s» che su quotidiani prestigiosi come il «New York Times», nonché fiction editor, insieme a Rick Moody, della rivista letteraria «Tin House» e curatore di un curioso Vintage Book of Amnesia in cui ha raccolto il meglio della letteratura contemporanea sul tema dell’amnesia. I giardini dei dissidenti è stato nominato miglior romanzo dell’anno (2013) da The New Republic. Bompiani ha pubblicato nel 2016 La fortezza della solitudine. Per La Nave di Teseo è uscito nel 2019 Il Detective Selvaggio. Nel 2019 ha vinto il Chandler Award alla carriera.
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