Recensione di Loredana Cescutti
Autore: Angela Molfetta
Editore: Autopubblicazione
Genere: Narrativa per adulti e per ragazzi
Pagine: 185 p. R.
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. “C’è un leopardo in terza C!” è il diario tragicomico di Leo, un quattordicenne sveglio e studioso, appassionato di scrittura e dal linguaggio forbito. In seguito al trasferimento in una nuova città per motivi di lavoro del padre, si trova a dover cambiare scuola ad anno scolastico inoltrato. L’inserimento nella nuova classe, com’era prevedibile, presenta alcune difficoltà. Una di queste ha un nome e un cognome: Gabriele Giurati, il bullo. Le giornate di Leo si consumano lente nella sofferenza tra un’angheria e uno scherzo, compagni di classe indifferenti, insegnanti di varia umanità, nuove amicizie, genitori un po’ eccentrici e distratti, una sorella rompiscatole e lezioni di clavicembalo. Le prevaricazioni che è costretto a subire quotidianamente lo inducono a contare i giorni che mancano alla fine della scuola, nella speranza che l’incubo abbia fine. Pur trattandosi di una storia di bullismo, l’esperienza di Leo non si esaurisce nel ruolo di vittima: il diario si fa a tratti dialogo interiore fra dubbi, aspettative, desideri e fallimenti di un preadolescente in continua oscillazione tra umori contrastanti e ricerca di affermazione della propria identità.
Recensione
Innanzitutto, ti devo ringraziare per avermi dato la possibilità di essere fra le poche fortunate che hanno potuto leggere il libro di Leo in anteprima, permettendomi così di sbirciare nella quotidianità e soprattutto nella testa di Leopoldo. Che poi, diciamocelo, anch’io preferisco chiamarlo Leo.
Leopoldo è un nome sicuramente pretenzioso, quanto lo è allo stesso modo il fatto che debba prendere lezioni di clavicembalo.
Leo, invece, è semplicemente un adolescente che vorrebbe arrivare sereno e incolume alla fine del suo percorso scolastico, in mezzo ad una giungla di compagni ed insegnanti che non riescono o non si sforzano di capirlo. Per non parlare poi dei suoi genitori, una mamma che vuole avere il controllo su tutto (o almeno lei crede così) e un papà remissivo che per il quieto vivere accetta sempre le decisioni di quella “santa donna” di sua moglie. E non dimentichiamo una sorellina capricciosa e invadente.
Per fortuna che ogni tanto, come Mary Poppins, arriva a portare una boccata d’aria fresca la nonna, alla quale Leo è legatissimo e con la quale si sente libero di parlare.
Sarò sincera, a leggere il tuo libro ho impiegato un giorno, come sai, e anzi, grazie a WhatsApp tu ne hai seguita la progressione perché chattavamo di continuo. Però, prima di decidermi a scriverne, prima di lasciar fluire i pensieri, ho vissuto un’autentica battaglia di neuroni nella mia testa. Le parole, le emozioni, le sensazioni, insomma tutto ciò che ho provato ha ingaggiato una lotta per avere la meglio ed emergere da sotto il mio scalpo.
Per voce di Leo e attraverso il suo diario, in questo libro meraviglioso sei riuscita a fornirci un’altra prospettiva su come gli adolescenti spesso possano avere la sensazione di essere abbandonati al loro destino, lasciati soli in mezzo ad una foresta sperduta, perché i ritmi di oggi rendono la figura adulta frettolosa e proprio per questo talvolta addirittura impermeabile a quelli che sono i bisogni e i problemi di quelli che ormai non sono più bambini ma nemmeno ancora tanto adulti.
L’assenza di dialogo, o semplicemente la NON voglia di ascoltare e di vedere perché c’è sempre qualcosa di apparentemente più urgente del quale occuparsi.
Ancora una volta, cara Angela, mi hai colpita piacevolmente e a mio avviso ancora una volta hai centrato l’obiettivo nel decidere di affrontare dei temi concreti come il bullismo e l’adolescenza che sono per definizione estremamente complicati. Il primo perché, vuoi o no, a livelli diversi, ma tutti ci siamo passati e tutti ne abbiamo sofferto. Sull’adolescenza poi stendiamo un velo, visto che i figli ancora non ce li forniscono con le istruzioni e, vai un po’ a capire da che parte prenderli. Così se non ci riusciamo noi genitori, figuriamoci come possono farcela degli insegnanti spesso stanchi e demotivati.
Mi viene già il mal di testa al pensiero di quando anche in questa casa raggiungeremo i problemi legati a questa fascia d’età, tanto più che adesso che a solo otto anni e mezzo le lotte non mancano!
Ormai la tua scrittura per me rappresenta garanzia di scorrevolezza e freschezza. Le parole scivolano e le pagine scorrono. Riesci a unire terminologia specifica, espressioni tipiche degli adolescenti, qualcuna anche abbastanza colorita, ma senza mai eccedere. Sei riuscita a scrivere in modo vivace e accattivante e sono sicura che troverai una vasta fetta di pubblico anche fra i ragazzi che decideranno di fare la conoscenza di Leo.
Spesso, leggendo, le tue parole (o per meglio dire quelle di Leo) hanno preso vita, fino a regalarmi immagini simpatiche, come se durante la lettura delle vignette mi fossero comparse davanti agli occhi.
A questo punto non mi resta che salutarti, augurandoti un caloroso successo.
Al prossimo libro, ciao
Loredana!
“A volte ho creduto davvero di perdermi.”
“…senza il rispetto per le persone non c’è umanità, ma solo sopraffazione.”
Intervista
Angela, sei mamma di un ventunenne e di una quasi diciottenne, sei una moglie e sei insegnante di ragazzini adolescenti delle scuole medie oltre a essere un membro attivo nelle iniziative culturali della tua città. Al contempo sei una lettrice onnivora e vorace, fai editing, ami comporre versi di poesie, crei racconti e, non da ultimo, hai scritto ed autopubblicato ben due romanzi. Alla luce di quanto detto poco fa, cosa rappresenta nella tua vita la scrittura e in una scala ipotetica d’importanza, a che punto si colloca?
La scrittura rappresenta per me una parentesi tra impegni scolastici, familiari e personali e, per importanza, si colloca dopo questi. È uno spazio in cui lascio fluire la mente a elaborare immagini e situazioni nuove. Scrivo essenzialmente dando forma a quello che sento e riesco a esprimere, lasciandomi travolgere e guidare dalle storie che paiono prendere vita indipendentemente dalla mia volontà. Quando comincio non ho mai un progetto e parto da un “guizzo”: un’idea si materializza in un incipit che, all’inizio, non so dove vorrà portarmi. È un processo istintivo cui tuttavia cerco di dare un costrutto razionale documentandomi e lavorando con cura al linguaggio.
Come nel libro da te pubblicato lo scorso anno (“Nonostante le scarpe” disponibile su Amazon), l’argomento che hai scelto di affrontare tocca tematiche reali e concrete. In questo frangente poi, sei andata a sviscerare un problema che per molti giovani può diventare fonte di un grave disagio e che, in alcune situazioni, finisce per concludersi anche con gesti estremi dettati dalla disperazione e dalla difficoltà di non riuscire ad individuare delle scappatoie possibili. Mi sto riferendo al bullismo durante l’adolescenza, un argomento di cui tanto si parla, ma per il quale poco si fa. La storia nel tuo libro, diciamolo, non avrà esiti così funesti, anzi stupirà il lettore per l’evoluzione del personaggio ma la vita scolastica e non di Leo, per certi aspetti si dimostrerà estremamente faticosa. Come mai hai scelto di affrontare un tema così esplosivo?
La scelta di affrontare un tema così scottante è maturata in modo abbastanza spontaneo. Non c’è stato alcun calcolo, né l’intenzione di cavalcare l’onda della pressante attualità del fenomeno. Anzi, a un certo punto ero indecisa se continuare o meno, per timore che l’argomento potesse risultare scontato e inflazionato dal punto di vista editoriale. Posso dire che il diario di Leo ha avuto origine tra i banchi ove quotidianamente siedono i miei alunni. È dall’osservazione dei loro comportamenti e dall’ascolto delle loro confidenze che ho tratto ispirazione. Mi farebbe piacere che il libro arrivasse ai loro coetanei ed è per questo che l’ho inserito nella categoria “narrativa per ragazzi”. Un paio di colleghe, che l’hanno già letto, mi hanno chiesto la disponibilità a recarmi nelle scuole per parlarne direttamente con gli studenti.
Nei tuoi scritti l’ironia non manca mai e anche nel raccontare la storia di Leo sei riuscita a lasciare un’impronta marcata in questo senso. Una caratteristica che rende le tue storie ancora più gradevoli, fresche e frizzanti, senza mai però mettere in secondo piano il tema centrale, ovvero il cuore attorno a cui si sviluppa l’intera trama. Anche tu affronti sempre con la stessa ironia la vita di tutti i giorni?
Certamente mi riconosco una vena ironica cui ricorro per sdrammatizzare situazioni o momenti di tensione. Mi capita anche in classe e in genere i ragazzi apprezzano, perché capiscono che comunque non sto banalizzando gli eventi o le sensazioni, ma offrendo loro una chiave di lettura diversa, meno negativa. Essere dotati di un pizzico di autoironia credo aiuti nella complessità del vivere.
Quali sono i tuoi stili letterari e autori di riferimento? Fra questi, dato che siamo su Thrillernord, vi è anche qualche autore nordico a cui sei particolarmente legata?
Non ho particolari autori di riferimento, ma è probabile che, inconsciamente, io abbia attinto da molti. Amo infatti affrontare le letture alternando generi anche molto diversi altrimenti, come ben sai, mi annoio. Tuttavia tra le pagine di “C’è un leopardo in terza C!” ho disseminato richiami indiretti ai romanzi di un amico scrittore al quale devo in parte il mio timido affacciarmi nel mondo della narrazione.Per quanto concerne i nordici, pur non essendo una thrillerina accanita, devo ammettere di averne letti e apprezzati alcuni. Quello che vorrei qui ricordare è senza dubbio “Il senso di Smilla per la neve” di Peter Høeg, letto all’epoca della sua uscita, nei primi anni Novanta.
Angela Molfetta
Angela Molfetta
Angela Molfetta: è un’insegnante delle scuole medie, e come hobby coltiva la scrittura in tutte le sue sfaccettature (dai racconti alle poesie). Da un paio d’anno si è messa a scrivere in modo ancora più serio e, dopo aver auto pubblicato lo scorso anno “Nonostante le scarpe” (2018), questo è il suo secondo libro.
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