che odorano di buono
di Sara Gambazza
Longanesi 2023
narrativa, pag. 368
Sinossi.
«Marta non piangeva. Mai. Ché piangere non serve a raddrizzare quello che è storto, diceva sua madre. Marta storta ci viveva e aveva imparato a guardarlo con la testa piegata, il mondo»
Un pomeriggio d’inverno, freddo da spezzare le ossa, Bina si ritrova sola. Ha ottantatré anni e aspetta suo nipote al parco del Cinghio, un quartiere da cui è meglio tenersi alla larga ai margini di una cittadina perbene. Marta, che di anni ne ha venticinque, e che al Cinghio è cresciuta imparando che il mondo è storto e non lo si può aggiustare, la osserva dalla finestra: la vede farsi rigida su una panchina sfondata, il naso gocciolante, un berretto rosa calato sugli occhi spauriti. Decide di offrirle un tetto per la notte. Poi per la notte dopo e per quella dopo ancora. Marta finisce così per prendersi cura di Bina, e intorno a lei, a proteggere quaranta chili di ossa e grinze, si stringono gli abitanti dell’intera palazzina. Poche strade più in là, Fabio viene preso a pugni: ha sgarrato con la persona sbagliata ed è nei guai, grossi guai. Fabio è il nipote di Bina e, mentre Marta prepara il letto per la nonna, lui bussa alla porta di Genny, un’ex prostituta in grado di raccogliere i cocci altrui senza fare domande. Bina e Fabio vivono giorni sospesi, in un luogo duro e sconosciuto, nell’attesa che qualcosa accada. Qualcosa accadrà. E il destino rimescolerà il mazzo, distribuendo ai giocatori nuove carte. Quei giorni freddi si faranno via via più caldi dentro le palazzine di appartamenti rattoppati: tra coperte rimboccate, il rumore del caffè che sale nella moka, il profumo del sugo e una carezza sulla fronte, Marta, Bina, Fabio e Genny scopriranno che dietro ogni abbandono, nascosti sotto ogni solitudine, sopravvivono sempre la forza di amare e il bisogno di prendersi cura l’uno dell’altro.
Ci sono mani che odorano di buono
A cura di Giulia Manna
Recensione di Giulia Manna
Ma che bella sorpresa questo libro! Il titolo, la copertina così semplice e la voglia di scoprire un autore nuovo mi hanno condotto a questa bellissima storia.
Il racconto è ambientato in un quartiere di gente che non ha nulla e che è meglio non conoscere. Un quartiere povero e malfamato. Marta è nel suo appartamento quando nota una nonnina ferma alla stazione del bus da diverse ore. E’ gennaio ed è molto freddo. La donna è immobile. Sembra morta. Indossa un cappellino rosso lavorato a mano che le ricorda quello che sua madre faceva per lei quando era bambina. Marta ha assistito sua madre fino all’ultimo, finché una brutta malattia non la ha portata via. Successivamente Marta ha perso anche sua sorella Anna. La vita le ha semplicemente allontanate e non si sentono praticamente più.
L’indole altruista di Marta la spinge ad andare a parlare con quella nonnina di 83 anni ferma al freddo sulla panchina da ormai troppo tempo. Dice di chiamarsi “Bambina” e che tutti la chiamano “Bina”. Aspetta il nipote, un tale di nome Fabio che deve essersi cacciato in qualche guaio, ma in quel quartiere i guai sono all’ordine del giorno e non fanno notizia. Dovevano partire assieme per la Germania, ma l’uomo non si fa vivo e non risponde alle chiamate. Bina vuole continuare ad aspettarlo lì, al freddo, su quella panchina. Allora Marta la invita a dormire a casa sua e quello che doveva essere solo una notte, diventa una convivenza.
Inizialmente Marta reputa aver Bina per casa una vera e propria seccatura, ma poi la dolcezza di questa nonnina dalle mani che odorano di buono e che riesce a cucinare sempre qualche delizia, diventa amore.
In parallelo c’è la storia di Fabio, il nipote e dei suoi casini personali. Prova ad aiutarlo Genny con la G. Una ex prostituta dello stesso quartiere di Marta, ma della parte nord che è ancora peggio della zona sud.
Sono storie d’amore, ma non dell’amore quello classico tra due individui per creare una famiglia. C’è anche quello, ma c’è molto altro. Parlo dell’amore per una madre, per una nonna, per una persona che reputiamo essere simile a noi, amore per gli altri in genere. Genny, Bina e Marta mettono gli altri prima di se stesse tanto da sembrare storte o sbagliate. Hanno bisogno di amare ed amano dando tutte se stesse anche quando sono consapevoli che quello che tornerà indietro non è pari a quello che danno. Ma lo fanno, perché sono così.
Bina non fa altro che perdonare Fabio, l’unica cosa che le è rimasta. Genny dà tutta se stessa ad un uomo che è incasinato tanto quanto lei o forse anche più di lei. Marta aiuta Bina perché è una cosa da Marta,come ammette sua sorella Anna ed anche perchè ha bisogno di risentire quell’amore materno di cui è stata privata troppo presto.
L’autrice è stata in grado di toccarmi nel profondo. Ha un grande talento letterario. La nostalgia e la dolcezza di questo libro entrano nei polmoni assieme all’aria. Le prime lacrime sono partite che non ero arrivata a pagina venti. E’ finita che sembravo una fontanella. Eppure sono come Marta, non sono solita al pianto. Ho ceduto perché penso che stiamo diventando sempre più egoisti e che stiamo perdendo quella capacità di amare che è narrata in questo libro.
Ora per riprendermi vado a prepararmi le lumache che dalle mie parti si chiamano bombolini (Fano, PU). Bina mi ha fatto venire una gran fame!
Buona lettura.
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Sara Gambazza
è un’autrice italiana. Nel 2023 Longanesi pubblica Ci sono mani che odorano di buono, romanzo in cui la scrittrice ripensa con nostalgia e dolcezza a un periodo importante della sua vita.