CI VEDIAMO IN AGOSTO
Gabriel García Márquez
DETTAGLI:
Traduttore: Bruno Arpaia
Editore: Mondadori
Genere: narrativa
Pagine: 120
Anno edizione: 2024
Sinossi. Ogni anno, il 16 agosto, Ana Magdalena Bach – quasi cinquant’anni di età e una trentina scarsa di soddisfacente vita matrimoniale – raggiunge l’isola dei Caraibi dove è sepolta sua madre. Il traghetto, il taxi, un mazzo di gladioli e l’hotel: questo rituale esercita su di lei un irresistibile invito a trasformarsi – una volta all’anno – in un’altra donna, a esplorare la propria sensualità e a sondare la paura che silenziosa cova nel suo cuore. Lo stile inconfondibile di Márquez risplende in Ci vediamo in agosto, romanzo musicalissimo di variazioni sul tema che è nello stesso tempo un inno alla libertà, un omaggio alla femminilità, una riflessione sul mistero dell’amore e dei rimpianti. Un’esplorazione del desiderio che non si affievolisce con l’età; il dono inatteso di uno dei più grandi scrittori che il mondo abbia mai conosciuto.
Recensione di Renata Enzo
Dobbiamo alla decisione dei figli la possibilità di leggere questo ultimo romanzo di Garcìa Marquez, che ha il fascino e il profumo dell’uva matura.
Ormai non è più giovane Ana Magdalena Bach, quando inizia con rituale regolarità a visitare l’isola caraibica in cui è sepolta la madre, per visitare la sua tomba. Una volta all’anno, Ana Magdalena prende il traghetto e poi un taxi, sceglie un albergo, acquista un mazzo di gladioli dalla solita fioraia per deporli sulla tomba materna:
“Aveva ripetuto quel viaggio ogni sedici agosto alla stessa ora, con lo stesso taxi e la stessa fioraia, sotto il sole di fuoco dello stesso cimitero indigente, per depositare un mazzo di gladioli freschi sulla tomba di sua madre”.
L’incipit del romanzo coincide con una di queste visite. Ormai Ana ha quarantasei anni e ha raggiunto quasi l’età che aveva la madre quando, in punto di morte, aveva espresso il desiderio di essere sepolta proprio lì, in quell’isola, dove negli ultimi anni si era recata per affari di cui solo lei era a conoscenza.
Ma questa volta, la visita le riserva il fascino inaspettato di una notte appassionata con un uomo sconosciuto; un’occasione speciale e travolgente, che si inserisce nel rituale e che la donna è destinata a rivivere negli anni seguenti, ogni volta con un uomo diverso.
Anno dopo anno, quella fuga d’agosto si rivela come una urgente necessità per Ana Magdalena, che solo nell’isola si sente libera di vivere la sua femminilità, oltre le convenzioni e i compromessi di una mediocre vita coniugale. Voluttuosa e cangiante come i colori dell’isola, la donna prende coscienza della sua trasformazione e di come, prima del ritorno dall’isola, fosse sempre “andata per la vita senza guardarla”. Forte di una nuova consapevolezza, Ana Magdalena si compiace del suo fascino e si aggrappa al braccio del compagno occasionale come ad un antidoto alla solitudine.
C’è una sottile linea rossa che unisce Ana Magdalena alla madre:
“Ana Magdalena aveva ereditato da lei lo splendore degli occhi dorati, la virtù delle poche parole e l’intelligenza per gestire la tempra del suo carattere”.
Oggi le tiene unite una conversazione mai interrotta, che trova il suo luogo ideale dinnanzi alla tomba, dove Ana le fa il resoconto dell’anno, con le notizie buone e cattive di lei e della sua famiglia: è una linea di sangue che si rivela pienamente solo nelle pagine finali e che dona una sfumatura quasi soprannaturale alla trama.
Qualunque sia la vera storia del manoscritto e della fortuna di Ci vediamo in agosto, quest’opera ha in sé alcuni tratti distintivi della scrittura del grande maestro. In primis, la lirica del testo che si fa racconto di paesaggi.
Ci vediamo in agosto è un romanzo che avvolge il lettore nelle atmosfere e nei colori caraibici: dalle tinte lugubri delle
“spiagge di farina dorata proprio ai bordi della foresta vergine, il baccano degli uccelli e il volo spettrale degli aironi nella gora della laguna interna”, alle “stupende penombre verdi della laguna”, per finire con la poesia di un “mare addormentato” e di “una brezza leggera da gabbiani radenti”.
Poche pennellate che accostano la sensibilità della protagonista alla vastità incantevole che la circonda: è una parola che si fa immagine e poesia, per dire il mondo e i suoi personaggi. Ed è verso di loro, i personaggi, che lo scrittore rivolge la sua empatia, guardando con comprensione alle loro vite difficili e alla loro solitudine.
Negli ultimi anni della sua vita, Márquez ha voluto condividere con i lettori la malinconia del tempo che passa sulla nostra fragile e appassionata umanità e lo ha fatto con la compassione e la maestria che solo i grandi spiriti possiedono.
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Gabriel García Márquez
(Aracataca, Colombia, 1927 – Città del Messico, 2014), premio Nobel nel 1982, ha avuto con Cent’anni di solitudine (1967) la consacrazione del grande pubblico internazionale. Fra le sue opere: L’autunno del patriarca (1975), Cronaca di una morte annunciata (1981), L’amore ai tempi del colera (1985), Il generale nel suo labirinto (1989), Dell’amore e di altri demoni (1994), Memoria delle mie puttane tristi (2004).
A cura di Renata Enzo