Come due fiori di loto




Jane Yang 


Traduttore: Katia Bagnoli

Editore: Longanesi

Genere: Narrativa

Pagine: 368

Anno edizione: 2025


Sinossi. Canton, tardo Ottocento. Piccolo Fiore è una bambina di vivace intelligenza e dal formidabile talento nell’arte del ricamo. Ma nella Cina ancora semifeudale di fine Ottocento, le opportunità che le si aprono sono molto limitate. Per questo, fin da quando è piccola, la madre le offre l’unico privilegio possibile alle fanciulle del suo infimo rango, ossia un matrimonio vantaggioso grazie alla tradizionale e dolorosissima pratica della fasciatura dei piedi. Ma queste prospettive di riscatto sono destinate ad annullarsi alla morte improvvisa del padre: per lei ora l’unica strada possibile è quella della schiavitù presso una famiglia di più alto rango. È così che Piccolo Fiore fa ingresso nella casa di Linjing, sua coetanea e padrona. Da quel momento e per gli anni a venire la vita delle due giovani dovrà destreggiarsi tra gli alti e bassi della loro complicata amicizia e le millenarie tradizioni di una Cina sempre più attenta alle nuove tendenze che arrivano dall’Occidente. La storia di due donne molto diverse, delle immani ingiustizie che entrambe subiscono, degli amori e della loro incessante lotta per la libertà diventano in questo romanzo d’esordio la storia di un intero paese, la cui cultura sempre più ci interroga, ci inquieta e ci affascina.

 Recensione

di

Loredana Gasparri


L’Estremo Oriente ha sempre esercitato un fascino irresistibile su di me. Non mi stanco mai di leggere romanzi o saggi sulle tradizioni di questo popolo che ho sempre considerato misterioso, complicato, spietato, complesso ed estremamente capace. Cultore della bellezza e della perfezione, attento ai dettagli più insignificanti al limite della pedanteria, al punto da sfiorare la crudeltà e l’annientamento.

È quello che ho pensato dopo aver letto questa storia centrata su due donne, diverse quanto il sole e la notte per nascita, posizione sociale, carattere e temperamento. Il libro è raccontato attraverso le loro voci, che si spartiscono i diversi capitoli e tanto spesso si differenziano in punti di vista contrastanti sugli stessi eventi e le stesse persone.

Iniziamo con Piccolo Fiore, graziosa bimba di sei anni in un villaggio fuori Canton. Quando la conosciamo sta tremando di freddo nella cucina della sua fattoria, mentre la madre la prepara per un viaggio avventuroso: andranno a Canton.

Nonostante il freddo e l’ora antidiluviana, Piccolo Fiore è emozionata, poiché sta per partire per una vera avventura, per la prima volta nella sua vita. Non si accorge del nervosismo di sua madre, e non ascolta veramente le sue parole quando le fa le sue raccomandazioni, e la porta davanti a una bellissima casa, spingendola verso una donna vestita come una signora e fredda quanto un usciere.

Ci vogliono pochi minuti perché la vita di Piccolo Fiore cambi per sempre, davanti ai suoi occhi increduli, senza che abbia la benché minima possibilità di fare qualcosa per opporsi. Ora è la muizai della giovane signorina Linjing della facoltosa famiglia Fong, lontana da sua madre, che scompare senza voltarsi indietro, e dalla vita che conosceva prima.

È stata appena venduta per diventare il regalo personale e speciale per un altro essere umano, una bambina della sua stessa età, ma di diversa estrazione sociale. Una che può mangiare prelibatezze tutti i giorni, veste stoffe morbide, dorme in un letto soffice, e trascorre la sua vita pensando che le basti alzare un dito per ottenere tutto ciò che vuole.

Piccolo Fiore è una schiava. Né più, né meno. Le circonlocuzioni fiorite che nascondono sotto immagini delicate e graziose gli aspetti meno gradevoli dell’esistenza, non possono però salvare questa creatura da una vita pesante, intessuta di umiliazioni continue, continuamente costretta a ricordare che è poco più di un oggetto con le gambe a completa disposizione di altri esseri umani che si considerano i suoi ‘padroni’.

L’unica consolazione che Piccolo Fiore conosce, e che noi lettori occidentali degli anni Duemila Venti facciamo veramente fatica a considerare tale, è di avere i suoi ‘loti d’oro’, che le potrebbero permettere un buon matrimonio, sempre che i suoi ‘padroni’ si sentano buoni a sufficienza per consentirglielo.

I ‘loti d’oro’ sono un esempio di come una bella immagine metaforica nasconda una realtà barbarica, una pratica aberrante inflitta alle donne sin da bambine, costringendole a considerarla come un segno di distinzione e prestigio: la fasciatura dei piedi.

Le classi più elevate imponevano alle figlie di sottoporsi alla tortura di fasciarsi i piedi, in modo da bloccarne la crescita naturale, con l’obiettivo di averli più piccoli possibile. I piedi piccoli erano un segno di nobiltà, distinzione e di talenti speciali.

Il fatto che fossero deformi in modo aberrante, causassero dolori lancinanti e infezioni, e che impedissero di camminare normalmente non ha mai fermato la diffusione di questa pratica tradizionale incomprensibile e disumana, che talvolta si estendeva anche alle classi inferiori, nella speranza di garantire alle figlie un avvenire migliore, come avviene per Piccolo Fiore. Almeno fino all’epoca descritta in questo romanzo.

Non sarà solo la vita della protagonista a subire cambiamenti importanti, drastici, dolorosi e sgradevoli.

Mentre Piccolo Fiore ammutolisce nel dolore di essere stata abbandonata da sua madre in mezzo a estranei dall’atteggiamento tutt’altro che amichevole, si fa sentire imperiosa la voce della sua ‘padrona’, Linjing. Autoritaria, consapevole della sua posizione privilegiata, viziata, sicura di essere la preferita di suo padre, di sé stessa. Almeno apparentemente.

Sotto l’inflessione annoiata da ragazza ricca (gli anni passano, mentre le protagoniste raccontano) si nasconde la fragilità e l’ansia di chi è tutt’altro che sicuro di sé stesso e del suo posto nel mondo.

Linjing potrà anche essere ricca, ben nutrita e ben vestita, ma non si è mai preoccupata di conoscere davvero se stessa e le sue capacità. Presume di essere la più bella, la più coraggiosa, la più intelligente, la più meritevole, ma si accorge che Piccolo Fiore, la sua schiava personale, il suo oggetto con le gambe, ha un talento naturale straordinario nel ricamo, che le attira le lodi della sua stessa madre, la signora Fong, la prima moglie della casa.

Questo comincia a farla traballare sul suo trono dorato che le sembrava così solido, sicuro e garantito. Fiorisce un’invidia cocente, una cattiveria ansiosa senza fine che spinge Linjing a causare danni spaventosi a Piccolo Fiore. 

Sembra che si imposti la dinamica consueta ‘padrona cattiva-schiava buona’, qui, ma ci sono tanti piccoli particolari, piccole sfumature di dubbio, di coraggio, di cambiamento, da entrambe le parti, che spingono a continuare la lettura.

La situazione delle due giovani donne diventa talmente complicata, a un certo punto, a causa di scelte sbagliate, immaturità, senso di rivalsa e di vendetta, ingenuità, da essere veramente insostenibile. Si arriva alla catastrofe. Siamo quasi rassegnati ad assistere a una débacle totale. Una strage, se non fisica, spirituale. Però…

Leggerete con calma tutto quanto. Vi indignerete anche, perché la stupidità umana non ha fine e genera tanta cattiveria ottusa.

Ma se esistono le sfumature pesanti dell’esistenza, a far da contraltare ci sono anche quelle positive, fatte di coraggio, speranza, determinazione, forza e fiducia. Il mondo, per quanto possa apparire scuro e brutto, si posa su un equilibrio mutevole e costante, in eterno, tra buio e luce, forza e debolezza, fratellanza e discordia. Nessuno degli elementi prevale sull’altro in esclusiva. Altrimenti, avremmo già emulato i dinosauri nella loro fine.

In conclusione, è un libro che consiglio per molti motivi. Da quelli di interesse culturale verso un mondo di tradizioni totalmente diverse da quelle cui siamo abituati, a quelli trasversali, che interessano lo spirito umano al netto di colore di pelle, lingua e tratti fisici: la forza, la capacità di affrontare il dolore, la paura, il tradimento, la malvagità altrui, il desiderio di cambiare, il coraggio di farlo e di buttarsi alle spalle la sicurezza, anche se ha le brutte forme della schiavitù, la fiducia in se stessi, negli esseri umani nonostante tutto, nell’amore, non solo per un’altra persona, ma come forza generativa e creatrice.

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Jane Yang


è nata nell’enclave cinese di Saigon ed è cresciuta in Australia, dove vive tuttora. Nonostante gli studi e la carriera nel mondo scientifico, è sempre stata affascinata dalle storie e dalle leggende della Cina antica tramandate dalla sua famiglia. Come due fiori di loto è il suo romanzo d’esordio. scrivete qui notizie dell’autore trovate su fonti ufficiali.

A cura di Loredana Gasparri

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