Cuore di rabbia




Recensione di

Marcella Labianca


Autore: Marina Visentin

Editore: Società Editrice Milanese

Genere: thriller psicologico

Pagine: 306

Pubblicazione: 13 maggio 2021

Sinossi. Giulia Ferro, giovane vicequestore, è tornata a vivere a Milano, una città con cui ha un complesso rapporto di odio e amore. Si era lasciata alle spalle un passato che voleva dimenticare. Il caso che le tocca affrontare è la scomparsa di una vedova benestante, suocera di un assessore regionale, noto per essere passato da un partito all’altro nella sua lunga frequentazione della vita politica milanese. Quando viene ritrovato, il cadavere della donna è in parte bruciato e privo della testa. In un primo momento, la pista seguita è prevalentemente quella della famiglia, poiché nelle vene dei suoi membri non sembra circolare molto affetto, ma piuttosto un fluido mefitico composto in parti uguali di avidità e rancore. Ma c’è un altro caso che ossessiona Giulia Ferro, un caso che appartiene al suo passato: l’omicidio di una ragazza poco più che ventenne, sua amica e compagna di università, il cui corpo carbonizzato era stato ritrovato molti anni prima in una villa sul lago Maggiore. L’omicida non è mai stato scoperto, ma Giulia non riesce a darsi pace. E così, oltre all’indagine ufficiale sulla morte della vedova, ne inizia una privata, che la porta in quella zona fra pianura e montagna compresa fra il lago Maggiore e il lago d’Orta, dove è nata e cresciuta, ma da cui è scappata non appena ha potuto.

Recensione. Giulia Ferro, il nome è un programma, dice tutto: è tosta, anzi tostissima, ma dotata di una sensibilità non comune, particolare, al limite del paranormale.

Giulia Ferro è un vicequestore in carriera , di quelle carriere che vanno avanti perché rompono i sassi, non fanno differenze. Deve essere anche bella Giulia Ferro, lo si intuisce dai comportamenti degli uomini che incontra, ma lei ne è al di sopra e sicuramente questo non è il momento nella sua vita per abbandonarsi a romanticherie. Giulia ha già dato.

Sullo sfondo di una Milano di fine maggio ma troppo calda come un girone dell’Inferno di Dante , il vicequestore indaga su vari piani: un caso ufficiale, uno ufficioso e, su di sé.

Donna interessante, si racconta, passa dall’infanzia alle paure, ai traumi familiari, alla sua forza di reazione, come il nuotare in piscina per vincere la paura dell’acqua e se proprio non si può vincere, sicuramente ci si può abituare alla presenza e godere del silenzio, dell’azzurro trasparente, dell’odore del cloro e se qualcuno ti rivolge la parola , facile, basta far finta di non aver sentito.

Giulia legge solo libri scritti prima del suo anno di nascita, il 1976, perché quelli più giovani di lei non le interessano. Si definisce “automobilista cortese” , o “zen” come la definisce il suo fido scudiero (che è anche simpatico, bello e intelligente!), per un fenomeno inverso : è rilassata alla guida perché è troppo incazzata nel resto del tempo. È metereopatica ed a tratti un po’ paranoica, ascolta i suoi sogni ed ama camminare.

È disillusa, ma “chissà , magari, con il mare davanti viene meglio imparare ad essere felici”, forse perché ha passato l’adolescenza sul lago Maggiore… Je ne regrette rien canta Edith Piaf e Giulia se ne infischia del passato, coi suoi ricordi ha acceso un fuoco e intanto i casi a cui indaga crescono come soufflé anzi come blob viola e viscidi pronti ad esploderle addosso.

Ma poi c’è lui,  roccia solenne, viva e maestosa , nascosto dalle nubi fitte e grigie, guardiano silenzioso che  ad un certo punto appare, il monte Rosa,  a due passi dai tetti, è la montagna, che per il cuore di rabbia  di Giulia  è medicina segreta, fatta di aria , luce ed energia. Giulia sei stupenda e non vedo l’ora di leggerti ancora!

Mi invita a sedere e va ad appollaiarsi sul basso davanzale della finestra, incrociando i piedi nudi dalle caviglie eleganti. Personalmente li trovo più sexy degli occhi bistrati di nero, ma io non faccio testo quando si tratta di gusti medi femminili.

Anch’io sono un’esperta in fughe, e senza neanche bisogno di sostanze chimiche. E, dopo una vita che corro, almeno una cosa l’ho capita: scappare non vuol dire andare da qualche parte. Anzi.

Siamo tutti case vuote e aspettiamo che qualcuno apra la porta e ci liberi. KIM KI-DUK, Ferro 3

Da visitare sotto consiglio dell’autrice:

il Museo dell’Ombrello di Gignese, un posto speciale che custodisce memorie preziose e oggetti meravigliosi”.

A cura di Marcella Labianca

www.facebook.com/ilmiogattolibero

 

Marina Visentin


Marina Visentin è novarese trapiantata a Milano, da 25 anni giornalista freelance, si è occupata di cinema e spettacoli (e talvolta di gossip). Nel tempo libero ha scritto libri, spaziando dalla filosofia al cinema horror, dalla fantascienza al noir.

 

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