Delitto al Palatino




Andrea Frediani


DETTAGLI:

Editore: Newton Compton Editori

Genere: Giallo storico

Pagine: 288

Anno edizione: 2024

Sinossi. Nell’aprile del 357 d.C. Roma, da tempo trascurata dagli imperatori, torna al centro della scena: il sovrano cristiano Costanzo II, figlio di Costantino il Grande, giunge in visita per celebrare i suoi vent’anni di regno. Il prefetto dell’Urbe e il senato, già alle prese con le lotte tra cristiani e pagani, e anche tra gli stessi cristiani già divisi in fazioni, devono fare in modo che tutto fili liscio. Ma proprio durante la sfilata trionfale dell’imperatore, un atroce delitto a sfondo religioso turba l’atmosfera di festa. L’imperatore ne è sconvolto e concede appena due giorni al prefetto per risolvere il caso, prima di colpire con provvedimenti punitivi il partito pagano. Ma più rapido si muove il giovanissimo Quinto Aurelio Simmaco, rampollo di una delle famiglie aristocratiche pagane più in vista della città. Con l’aiuto dell’enorme goto Wolfram e della nobile Livia, sua promessa sposa convertita al cristianesimo, affronta una corsa contro il tempo e una serie di pericoli e sfide, spingendosi fin nei bassifondi della Suburra per tentare di salvare l’onore dei pagani e, con esso, la tradizione che ha reso Roma il centro di un impero grande e invincibile.

 Recensione di Salvatore Argiolas

Secondo il famoso storico Edward Gibbon, autore del saggio “Storia della decadenza e caduta dell’impero romano” una delle cause della fine dell’impero romano d’occidente fu l’avvento del cristianesimo, e se, “Se la decadenza dell’Impero romano fu affrettata dalla conversione di Costantino, la sua religione vittoriosa attenuò la violenza della caduta e addolcì l’indole crudele dei conquistatori”.

In quello che noi chiamiamo anno 248 dopo Cristo, l’imperatore Filippo l’arabo, nato in Siria, celebrò fastosamente i mille anni dell’Urbe, fondata nel lontano 753 a. C e che avrebbe avuto ancora pochi anni di pace prima di entrare in un vortice di violenze e di guerre intestine.

Isaac Asimov, nel suo celebre “Ciclo delle Fondazioni”, ispirato proprio dal lavoro di Gibbon, introduce il concetto di Psicostoria che suggerisce il concetto che fenomeni di grande impatto non si possono fermare o eliminare ma tutt’al più si devono gestire.

Delitto al Palatino” di Andrea Frediani è ambientato proprio nel momento storico di svolta dell’aprile 1109 ab urbe condita (per noi il 357 d. C. ) in cui l’imperatore Costanzo II, figlio di Costantino I, tornato a Roma per celebrare i vent’anni di regno, intende rendere ancora più stringenti le politiche del padre, favorevoli all’affermazione del cristianesimo.

Durante la sfilata imperiale, il giovane Quinto Aurelio Simmaco, che in seguito diverrà uno dei più grandi oratori della storia romana, secondo solo a Cicerone, per caso si trova a d essere testimone dell’omicidio del ricco mercante cristiano Prisco.

Il sospettato del fatto di sangue è Vetio Sossiano, un difensore della tradizione politeistica che da tempo litigava con Prisco per motivi religiosi e che era stato visto discutere animatamente con la vittima anche durante il corteo imperiale.

Già con questi presupposti capiamo che il movente del delitto può essere radicato nelle dispute religiose che in quegli anni divennero accesissime con connotazioni che si riallacciano a temi ancora in discussione dopo tantissimi secoli.

Adesso, anzi la rigidità del genitore gli pareva ancor più fuori luogo, anacronistica; un ridicolo vezzo in un’epoca in cui un delirio collettivo di cancellazione della cultura precedente spazzava via tutte le certezze su cui si era forgiata la gloria di Roma, la sua indiscussa guida sui destini del mondo conosciuto, la sua invincibilità sugli altri popoli e la brama con cui costoro guardavano alle sue conquiste, sociali, politiche, economiche, e al progresso di cui loro stessi avevano usufruito.

La civiltà che era stato abituato ad ammirare, anzi a venerare, rischiava di cadere sotto i colpi di una cricca di invasati intolleranti e radicali, che avevano adottato una strana idea proveniente da una delle regioni più estreme della Palestina.”

“Aveva avuto la sfortuna, ne era convinto, di vivere in un’epoca di decadenza culturale, in cui quelli come lui si nutrivano dell’antica cultura come pesci che cercavano una pozza d’acqua nel deserto.”

Ed è proprio la tematica della “cancel culture”, argomento di grande attualità e di incandescente complessità, la chiave di lettura principale della narrazione che, attraverso gli occhi e la mentalità di uno studioso del IV secolo dopo Cristo, ci immerge in un dibattito di idee e di concetti non sempre facilissimi, come tra differenza tra ariani e aderenti alle tesi del concilio di Nicea, tra homoiousion e homoousion, che se da un lato non contribuisce alla velocità della trama, dall’altro ci rende partecipi della complessità di tempi storici che siamo abituati a considerare omologabili in formule metabolizzate senza che abbiano effettivo valore e che invece “Omicidio al Palatino” ci rivela degne di essere riviste e studiate con nuovi schemi mentali.

“Costantino aveva ucciso moglie, figlio, suocero, cognato, genero, eppure i cristiani lo veneravano quasi alla stregua di un dio, per averli liberati dall’oppressione e per aver gratificato i loro vescovi di cospicue donazioni, proprietà e cariche.”

“Delitto al Palatino” è un libro dai molteplici livelli di lettura e quello di giallo storico non è certo di secondo piano ma tanti altri spunti emergono dalla trama, inserita in un periodo storico estremamente complicato, quando l’impero Romano era soggetto a diversi attacchi e la decadenza era visibile a tutti ma si sperava che facendo appello alla grandezza passata si potesse tornare a sperare in un futuro ancora luminoso.

Accelerò ancora il passo. E, prima di arrivare alla sua meta, non lo rallentò neppure per osservare un altro gruppo di soldati rovesciare e fare a pezzi una statua di Augusto eretta all’ingresso di un giardino civico. Ma desiderò più che mai restituire dignità a quel geniale principe e alla sua corte di generali, poeti, scrittori e artisti, cultori dell’arte e della retorica, che avevano plasmato una civiltà ricca e fiorente come solo l’Atene di Pericle aveva saputo essere, in precedenza, nella storia del mondo conosciuto.

Desiderò più convincere chi aveva a cure le sorti dell’impero che augusto, e con lui Mecenate, Agrippa, Virgilio, Orazio, Properzio, Ovidio e tanti altri, così come a suo tempo Socrate, Platone, Aristofane, Eschilo, Sofocle, Euripide, e prima ancora Omero, avevano il diritto di vivere nella memoria delle genti anche se ragionavano e sentivano in modo diverso, non compatibile con lo zelo iconoclasta dei tempi attuali.

I grandi del passato non appartenevano solo al passato. Erano eterni.”

Questa è la riflessione che ci stimola “Delitto al Palatino”: è così diversa la furia iconoclasta che voleva cancellare tutte le testimonianze dei tempi “degli dei falsi e bugiardi” ma che erano anche periodi in cui la vita e la mentalità era completamente diversa, dalla volontà dei seguaci contemporanei della “cancel culture”, criticati anche da un intellettuale di sinistra come Noam Chomsky, che vogliono riscrivere le favole e abbattere statue di personaggi come Theodore Roosevelt e Cristoforo Colombo?

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Andrea Frediani


È nato a Roma nel 1963. Divulgatore storico tra i più noti d’Italia, ha collaborato con numerose riviste specializzate. Con la Newton Compton ha pubblicato diversi saggi e romanzi storici, tra i quali: Jerusalem; Un eroe per l’impero romano; la trilogia Dictator (L’ombra di Cesare, Il nemico di Cesare e Il trionfo di Cesare, quest’ultimo vincitore del Premio Selezione Bancarella 2011); Marathon; La dinastia; 300 guerrieri; 300. Nascita di un impero; I 300 di Roma; Missione impossibile; L’enigma del gesuita. Ha firmato le serie Gli invincibili e Roma Caput Mundi; i thriller storici Il custode dei 99 manoscritti e La spia dei Borgia; Lo chiamavano Gladiatore, con Massimo Lugli; Il cospiratore; La guerra infinita; Il bibliotecario di Auschwitz; la Invasion Saga (I tre cavalieri di Roma, Attacco all’impero e I traditori dell’impero); I Lupi di Roma; L’ultimo soldato di Mussolini; Le Williams, con Matteo Renzoni, L’eroe di Atene, Il nazista che visse due volte, Il dio della guerra e Napoleone. Le sue opere sono state tradotte in tutto il mondo.