Donna sul fronte




Sinossi. Transilvania, allora Ungheria, 1944. Alaine Polcz all’età di diciannove anni si sposa con un uomo che ama, senza sapere quanto ne sia riamata. All’avvicinarsi delle truppe romene, in autunno, insieme al marito scappa da Kolozsvár (attuale Cluj-Napoca), dove ritorna solo al termine della guerra, dopo aver attraversato l’inferno del fronte, vittima di atroci violenze e umiliazioni, e dopo aver subito anche il rifiuto del marito. Un libro che va a toccare un argomento tabù in Ungheria fino al 1990, fino alla fine del comunismo: gli stupri commessi dai soldati dell’Armata Rossa. Una questione che torna oggi di tragica attualità con le guerre in corso nel mondo, in particolare quella seguita all’invasione russa dell’Ucraina, che richiama da vicino gli episodi narrati. Un’autobiografia che ha anche ricevuto numerosi riconoscimenti ed è stata tradotta in francese, tedesco, inglese, spagnolo, romeno, russo, sloveno e serbo. Introduzione di Marco Innamorati.

 DONNA SUL FRONTE

di Alaine Polcz

Anfora 2024

Antonio D’Auria, Mónika Szilágyi (curatrice)

Biografia, pag.224


Donna sul fronte

A cura di Marina Toniolo


 Recensione di Marina Toniolo

Si avvicina la Giornata della Memoria e, fatalità, ho avuto l’occasione di poter leggere la biografia di Alaine Polcz. Potrei discernere per giornate intere su quanto sono tremende, inutili e vergognose le guerre, soprattutto la Seconda Guerra Mondiale. Ma c’è un profondo insegnamento che questo libro di memorie offre: la vita continua e si può trarre il massimo dalla propria esistenza anche dopo situazioni altamente traumatiche.

Donna sul fronte’ è ambientato tra la regione della Transilvania e l’Ungheria nel 1944-1945. Qui la giovanissima Alaine si sposa con János, lei è innamorata, lui no. Tant’è che già nei primissimi mesi di matrimonio si accorge della crudele indifferenza di lui dal quale rimane infettata dalla gonorrea.
Tuttavia sono giornate frenetiche per l’avanzata del fronte sovietico e l’intera famiglia di Alaine cerca rifugio nei villaggi non potendo sapere che sono poi il fronte di fuoco dei combattimenti, dove si alternano tedeschi, romeni, ungheresi e russi. In un crescendo di orrore per gli stupri subiti dalle donne, per la fame e per la malattie, Alaine arriva a fine guerra in fin di vita e solo grazie alla sua resilienza riesce a ricostruire una vita degna di essere vissuta.

Scritto come una lunga lettera al marito Miklós, Alaine per la prima volta mette nero su bianco i travagli subiti, quando ancora parlare degli stupri dei russi era tabù. E delle difficoltà di essere moglie: vuole studiare medicina ma il fidanzato non lo consente. Al massimo può imparare a battere a macchina, così da trascrivere i suoi scritti. Ma la giovane donna non si arrende e non appena è possibile per la sua salute e per la fine delle ostilità si iscrive a psicologia e diventa una pioniera nel suo Paese. 

Con quanta leggerezza entro in questo libro!
Come un valzer eseguito da esperti ballerini mi lascio trasportare dai ricordi e dalla profonda capacità dell’autrice di descrivere in modo essenziale ricordi che spezzano il cuore. Non c’è traccia di autocommiserazione in alcuna pagina.
Quello che ha vissuto è così profondamente radicato in lei che nello scrivere raggiunge la pura essenza, già pulita da fronzoli inutili.

Erano così i russi. Colpivano con una mano e accarezzavano con l’altra. A volte si azzuffavano: uno voleva proteggermi, l’altro violentarmi, uno picchiarmi e l’altro curarmi. Uno prendermi qualcosa, e l’altro darmela”.

Al traduttore per l’edizione italiana merita un enorme plauso per la capacità di immedesimarsi nel libro e donarcelo con uno stile che sconvolge. Esiste una vastissima letteratura sugli orrori della Seconda Guerra Mondiale, ‘Donna sul fronte’ è ancora più significativo poiché è stato scritto non da una professionista del settore e soprattutto da una donna.

Consigliato? Senza alcun dubbio: si dovrebbero ascoltare tutte le voci inerenti agli argomenti trattati e questa in particolare è potente.

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Alaine Polcz


(Cluj, 7 ottobre 1922 – Budapest, 20 settembre 2007) psicologa, tanatologia, scrittrice. Si sposò all’età di 19 anni, durante la Seconda guerra mondiale aveva sofferto terribili sofferenze a causa dei continui stupri di gruppo dai soldati sovietici, torture e privazioni e giunse nello stato di morte clinica. Gli orrori della guerra le lasciarono un segno per tutta la vita. Anche il suo matrimonio fallì. Si laureò in psicologia nel 1949. Nello stesso anno si sposò in seconde nozze con lo scrittore Miklós Mészöly, il loro matrimonio durò fino alla morte di lui, nel 2001. All’inizio della sua carriera praticò l’arteterapia per i malati mentali, poi si occupò di diagnostica dei giochi. Dal 1970 lavorò presso la clinica pediatrica n.1 con bambini gravemente malati e terminali e con i loro parenti. Nel 1976 fu la prima in Ungheria a creare una stanza dei giochi in un reparto clinico e una stanza separata per i genitori. Fondò la Fondazione Hospice Ungherese nel 1991.

A cura di Marina Toniolo 

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