Donne che odiano i fiori




Recensione di Patrizia Argenziano


Autore: Paola Sironi

Editore: Todaro

Genere: Giallo

Pagine: 220

Anno di pubblicazione: 2018

In una Milano scandita dal traffico, dalle ore di punta, dai clacson e dal via vai caotico proprio di una città in perenne fermento, Annalisa Consolati, figlia, compagna e ispettore di polizia, guida frenetica e attende impaziente per non mancare nessun impegno. Certo, non è facile, il padre Patrizio, affetto da parafrenia senile, probabile conseguenza della morte della moglie, vive in un mondo fantastico, quasi in un film che adatta alla sua realtà. Le sedute del giovedì con lo psichiatra non portano a grandi miglioramenti, forse perché “il continuatore di sogni”, così soprannominato da tutti il signor Consolati, è un personaggio innocuo e piacevole da ascoltare. Solo Annalisa non riesce a entrare in questo mondo parallelo e vive la situazione con difficoltà e apprensione.

L’ispettore Consolati, in quanto componente del reparto, se lo si vuol dire in milanese, Desbrujà rugne, o reparto Problem solving, ha per le mani un caso che sembra diventare sempre più ostico: il presunto suicidio di Lorella Mannarelli. Il lavoro la tiene pertanto lontana dal mondo dei sogni del padre.

Seguiamo il caso.

Alla squadra Desbrujà rugne, composta dal grande capo centrocampista e cannoniere Elio Mastrosimone, dall’esuberante e appariscente Caterina, dal pacato Vilnev Rosaspina e, naturalmente, da Annalisa Consolati, viene chiesto di indagare sulla morte di una donna che, secondo un primo riscontro, si è fatta travolgere da un treno in corsa. Fattaccio, questo, avvenuto alla vigilia di una comparsa da parte della vittima presso la Procura di Verbania. Motivo della convocazione? La comprovata amicizia con un certo Damn Branker, rinvenuto in un giardino botanico, mezzo inghiottito da un anaconda. Due casi geograficamente distanti ma che, proprio per il rapporto tra le due vittime, vengono entrambi presi in carico dal reparto Problem solving della Squadra Mobile.

La squadra si divide i compiti. E così, inizia a rovistare nella vita di un’algida e altezzosa Lorella Mannarelli, proprietaria, a Nova Milanese, di un vivaio, la cui gestione era a livelli maniacali, come la sua passione per le orchidee. Si inizia a rovistare nella vita dello strano personaggio inghiottito da un anaconda, Damn Branker, decisamente ambiguo, il cui vero nome era Damiano Brancher, nome che lui stesso aveva cambiato per negare le sue origini. L’indagine ruota attorno alle vite poco chiare di un uomo e di una donna il cui legame non riesce a essere ben definito, e alle loro vite dai mille lati oscuri. Un puzzle difficile da risolvere, troppi pezzi da incastrare e troppe figure coinvolte, figure che spariscono, figure che non parlano, figure che si nascondono, figure che mentono o, per lo meno, cercano di farlo.

Ogni interrogatorio sembra dare delle informazioni chiare e precise ma per la squadra c’è sempre un punto oscuro, una nota stonata priva di logica. Quella logica che il signor Consolati sostituisce con la fantasia, per far tornare i conti e per dare un senso a certi accadimenti.

Tante sfaccettature, quindi, in questo romanzo, ma l’essere donna è protagonista assoluto.

Questo, mi sento di dire, è il giallo delle donne e dalle parte delle donne. Ce ne sono tantissime e con diversi ruoli e ciascuna lettrice può identificarsi in una o nell’altra a seconda del carattere, del ruolo che ha nella società, del coraggio a disposizione o dell’età.

C’è la donna altera, fredda, che con questo atteggiamento cerca una barriera per nascondere tutte le sue fragilità. C’è la donna coraggio che combatte contro tutto e tutti per avere una vita nuova e regalarla anche alle donne che le stanno attorno; combatte in segreto e, all’occorrenza, a viso scoperto, perché si sente forte dentro.

C’è la donna mamma, che ama le sue “figlie” e diventa una chioccia iperprotettiva pronta a sacrificarsi per loro. C’è la donna remissiva che vede tutto nero, che ha paura e che si crogiola in un silenzio che la può solo far sprofondare. C’è la donna giovane che crede ancora nella speranza e in un futuro migliore.

C’è la donna vendicativa, perché la vendetta è il solo modo che trova per fare giustizia. C’è la donna pacata che assorbe la vita giorno per giorno, affrontando con semplicità e praticità ciò che le viene offerto. C’è la donna esuberante, allegra, che ama il lavoro e mettersi in gioco. E poi c’è Annalisa Consolati. Ci sono tutte le donne, uniche e irripetibili ma, alla fine, ognuna è un pezzetto dell’altra con sfumature diverse.

Questo giallo ben studiato, ricco di incastri perfetti, tinte di noir e informazioni interessanti, è dotato di una bella squadra Desbrujà rugne, una squadra con elementi ben assortiti quanto a carattere, una squadra semplice e con un capo indiscusso, un capo che ha un cuore e che riesce ancora a stupire.

Un giallo che affronta temi attuali e li racconta con una delicatezza disarmante: la prostituzione, lo sfruttamento delle donne, l’immigrazione clandestina, l’omosessualità, la patologia psichiatrica ma anche, semplicemente, la quotidianità.

Un romanzo scorrevole, diverso e curioso; un romanzo che fa arrabbiare ma emana anche tanta tenerezza; un romanzo crudo per certi aspetti ma, si sa, la vita non è solo rose e fiori e, comunque, anche i fiori, talvolta, possono evocare brutti ricordi.

La ritroveremo ancora, spero, Annalisa Consolati!

Ha ancora molte cose da raccontarci, adesso che sta imparando a convivere con il suo essere donna, essere figlia, essere compagna; e poi, nel milanese, ci saranno sicuramente altre rogne da sbrogliare…Buona lettura!

A cura di Patrizia Argenziano

instagram.com/patrizia.arge

Paola Sironi


Nasce a Milano nel 1966. Mamma, scrittrice, lavora come analista funzionale presso una società di credito. Ha prodotto una serie di romanzi con protagonisti i quattro fratelli Malesani: “Bevo grappa” (2010), “Nevica ancora” (2011), “Il primo a uccidere” (2013) per Todaro Editore e “Gelati dagli sconosciuti” (2016) per la casa editrice Eclissi.

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