Recensione di Daniela Deflorio
Autore: Sandrine Collette
Traduzione: A. Bracci Testasecca
Editore: Edizioni e/o
Genere: Narrativa contemporanea
Pagine: 282
Data di pubblicazione: 2019
Sinossi. Sei giorni fa un vulcano è sprofondato nell’oceano, sollevando un’onda gigantesca, e per Louie, i suoi genitori e i suoi otto fratelli e sorelle il mondo circostante è sparito. La loro casa, inerpicata sulla cima di una collina, ha resistito. Tutt’intorno, a perdita d’occhio, non c’è altro che una distesa d’acqua argentea. Un’acqua scossa da tempeste violente come accessi di rabbia. Da sei giorni sperano di veder arrivare soccorsi, perché il cibo inizia a scarseggiare. Ma solo macerie e cadaveri gonfi si avvicinano alla loro isola. E l’acqua ricomincia a salire. I genitori capiscono che bisogna partire verso le terre alte, lì troveranno aiuto. Ma sulla barca non c’è posto per tutti, e bisognerà fare una scelta tra i figli.
RECENSIONE
”Chi pensi di lasciare?”
Tutto gira intorno a questa semplice frase. Chi pensi di lasciare?
Questo tipo di storie non appartengono alla mia confort zone di lettura ma questa domanda mi ha incuriosita e così ho cominciato a leggere questa storia. Mi ha attraversata come un maremoto, mi ha agitata come le onde del mare, mi ha incupita come il colore nero del cielo prima di una tempesta, mi ha devastata lasciando detriti emozionali che ancora adesso vagano senza meta cercando di trovare il loro posto e ponendomi sempre la stessa domanda. Tu, al loro posto, cosa avresti fatto?
Perchè è facile, durante la lettura di questo testo, urlare che i protagonisti hanno fatto scelte ingiuste, inumane, che noi, mai e poi mai, le avremmo fatte e così via. Ma la verità non è questa. La verità è che davanti alla disperazione, davanti al nulla e alla certezza della morte, anche un bambino di dieci anni è in grado di uccidere un altro essere umano per la sua sopravvivenza, è in grado di dare la propria vita per salvare il resto della famiglia oppure rimanere un innocente bambino e rifiutarsi di ammazzare le galline per poter mangiare qualcosa dopo giorni di digiuno.
Da una parte troviamo una decisione straziante presa con consapevolezza da due adulti, due genitori che cercano di trovare una soluzione a un problema semplicemente tecnico: sulla barca non c’è posto per tutti; o restano tutti insieme andando verso una morte certa, oppure alcuni partono per cercare aiuto e gli altri restano ad aspettare che ritornino a prenderli. Dall’altra parte troviamo dei bambini, di cui il più grande ha solo 10 anni, che si trovano di fronte a una situazione al limite della follia e della disperazione che si svegliano una mattina e si rendono conto che sono stati abbandonati dal resto della famiglia. Certo, la madre ha lasciato un biglietto con su scritto che sarebbero ritornati a prenderli ma la sensazione che vivono sulla loro pelle è quella dell’abbandono.
E si chiedono: “Perchè proprio noi?”
Non voglio dire molto altro sulla trama perchè ogni piccolo evento è parte integrante di un percorso interiore quanto esteriore: la speranza, l’innocenza, l’istinto di sopravvivenza, la necessità, la solitudine, la solidarietà e la cattiveria umana. Tutti elementi presenti in questo testo sotto le loro differenti sfumature che lo rendono, a volte, un flusso di coscienza a briglia sciolta dove, ciò che si ha dentro, esce fuori senza filtri e senza il timore del giudizio.
E uno degli elementi che mi ha colpita maggiormente è stato l’idea della morte che hanno i tre bambini abbandonati sulla loro isola; non sanno esattamente cosa vuol dire morire, non sanno quando accadrà e in che modo e così se lo chiedono spesso: “moriremo oggi?”, “sarà come dormire?” Ma nonostante questi loro pensieri, l’istinto di sopravvivenza prevale, forse non in modo consapevole, forse velato dalla loro innocenza ma non si arrendono, non si abbattono, rimangono fedeli a loro stessi e a ciò che sentono intimamente dando, a mio avviso, prova di una estrema e genuina autenticità.
“L’onda si era abbattuta sul mondo e aveva portato via tutto, case, macchine, animali ed esseri umani a migliaia, strappando carni e muri di cemento per seppellirli sotto marosi e correnti spaventose, schiacciarli, inghiottirli senza ritegno.”
La natura è parte integrante della storia, una natura beffarda e distruttiva piuttosto che materna e protettiva, una natura che non risparmia niente e nessuno e che non ha un limite, un punto di non ritorno ma che fa il suo percorso incurante di ciò che attraversa. Nessuna pietà, nessun rimorso. Non resta che arrendersi e aggrapparsi forte a qualunque cosa pregando di sopravvivere. Perchè è proprio questo che emerge alla fine di tutto. La voglia di vivere.
A cura di Daniela Deflorio
Sandrine Collette
Sandrine Collette è nata nel 1970. Divide il suo tempo tra la scrittura e i cavalli nella regione del Morvan. È autrice di Des nœuds d’acier, vincitore del Grand Prix de Littérature policière 2019 e bestseller sin dall’uscita, Un vent de cendres, Six fourmis blanches, Il reste la poussière (edito in Italia dalle Edizioni E/O con il titolo Resta la polvere), vincitore del premio Landerneau 2016, e di Les larmes noires sur la terre.
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