Recensione di Ilaria Murgia
Autore: Ottessa Moshfegh
Editore: Mondadori
Traduttore: G. Guerzoni
Pagine: 224
Anno pubblicazione: 2017
Eileen, pubblicato per la prima volta nel 2015 da Penguin Press e nel 2017 in Italia da Mondadori, è il primo romanzo della scrittrice Ottessa Moshfegh, con il quale ha vinto il Pen/Hemingway Award ed è arrivata finalista nel Man Booker Prize e nel National Book Critics Circle Award.
La voce narrante è quella di una signora di circa settantaquattro anni che ricorda la sua vita nel 1964, quando aveva ancora 24 anni e si chiamava Eileen Dunlop. Attraverso un racconto dettagliato, preciso e che non lascia nulla all’immaginazione Eileen si racconta, creando un legame intimo con il lettore il quale non può far altro che attendere pagina dopo pagina quello che Eileen attendeva da una vita, la sua fuga da un padre, una casa e un paese che non l’avevano mai capita. La protagonista racconta la settimana prima della sua scomparsa in maniera meticolosa, descrivendo alla perfezione personaggi, atmosfere e fatti avvenuti in quei giorni, raccontando tutto senza filtri, come se lo stesse facendo su un diario, non tralasciando però qualche accenno alla sua vita dopo la fuga che ci fa immaginare come quest’ultima abbia rappresentato per lei una vera e propria rinascita, una conquista di libertà sia da un ambiente oppressivo che da un corpo bloccato dai dettami del puritanesimo.
Eileen nel 1964 era una giovane donna di 24 anni, viveva a X-Ville con il padre in una grande casa coloniale e lavorava come segretaria in un riformatorio privato per adolescenti maschi.
Era sciatta, vestiva sempre con pesanti gonne di lana e calze spesse, completamente coperta per nascondere un corpo gracile che odiava, all’apparenza era una puritana impacciata e poco sicura di sé ma dentro Eileen era rabbiosa e la sua testa piena di pensieri perversi e macabri.
In casa le cose non erano mai andate bene, all’epoca Eileen viveva sola con il padre, un ex poliziotto alcolizzato con manie di persecuzione che non faceva altro che bere e trattare con disprezzo la figlia. La sorella di Eileen aveva lasciato quella casa tempo addietro, mentre la madre era morta, cosa che non colpì particolarmente la giovane ragazza che provò più pena per la morte del cane che per quella di sua madre. Un’infanzia difficile che ha contribuito a creare in Eileen la voglia di scappare dall’ambiente claustrofobico qual era la sua casa di X- Ville e da un padre che non l’aveva mai amata.
La svolta nella vita di Eileen arriverà con il suo incontro con Rebecca Saint John, direttrice pedagogica del riformatorio dove lavora. Lei che non aveva mai avuto un’amica, trova finalmente una complice, qualcuno a cui guardare con ammirazione, con la quale stringerà un legame talmente stretto da compiere azioni che neanche lei pensava di riuscire a mettere in pratica.
Il romanzo è intriso del grigiore e della sofferenza della protagonista, le atmosfere sono cupe e tetre e il finale, che non ti aspetti, è impregnato di tinte noir. Il libro lascia addosso un senso di pesantezza smorzato solo dal fatto che Eileen da quella vita misera e senza apparente via di fuga riesce a scappare.
Ottessa Moshfegh
è nata a Boston. Ha pubblicato una novella, McGlue, che ha vinto il Fence Modern Prize e il Believer Book Award. Suoi racconti sono apparsi sulla “Paris Review”, sul “New Yorker” e su “Granta”. Con Eileen, il suo primo romanzo, ha vinto il PEN/Hemingway Award per l’opera prima ed è stata finalista del National Book Critics Circle Award e del Man Booker Prize.