Recensione di Sara Pisaneschi
Autore: Benedetta Palmieri
Editore: Nutrimenti
Genere: narrativa
Pagine: 176
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. È un canto d’addio e, al tempo stesso, di bentornata: è una voce di donna che rompe il silenzio per dire, sussurrare, gridare il suo amore all’uomo che ha perduto due volte. Insieme, lei e lui hanno vissuto infiniti attimi di bellezza, ma il sentimento non è mai evoluto in una quotidianità di coppia, e ora lei riceve la notizia più tragica: lui ha cercato la morte, trovandola. È una perdita assoluta ma, nella sua irreversibilità, è una crepa che finalmente si allarga. La prima volta in cui lo aveva perduto, lei aveva chiuso porte e finestre, si era rintanata nel senso di colpa e nella depressione finendo per smarrire desideri, motivazioni, ogni ragione di esistere. Ma ora questa donna si spalanca al coraggio di guardare i ricordi, dai più candidi ai più sofferti, mossa dall’istinto più irriducibile e prezioso: comprendere e comprendersi. Non sono stata abbastanza per lui? O forse lui non è stato abbastanza per me? E se invece la colpa non fosse dell’uno o dell’altra, ma di un’incompatibilità tra le aspettative reciproche? In fondo, non dovremmo dimostrarci all’altezza solamente della vita? Benedetta Palmieri torna alla narrativa firmando un inno che è una discesa nel dolore, e nell’amore, per riemergere nella rinascita.
Recensione
Come si fa a parlare in modo razionale di un libro che sembra essere scritto proprio per te?
Come si fa a descrivere le immagini che vedi e che senti sulla tua pelle?
Non ho vissuto quello che accade alla protagonista, non esattamente o in quegli esatti termini, ma ha un respiro così intenso e intimo che dal particolare riesce a raggiungere l’universale.
Chi non ha mai provato un senso di grande vuoto nel perdere una persona amata?
Lo smarrimento, la tristezza e la malinconia che portano certi ricordi, belli o brutti che siano?
Ognuno di noi li affronta in modo personale, o semplicemente non li affronta. Però lasciano un segno. Lo lasciano sempre.
Questo romanzo è una lunga lettera d’addio di una donna all’uomo che ha sempre amato e di cui per lungo tempo ha aspettato il ritorno. L’attesa si fa rabbia. La rabbia si fa consapevolezza. Stavolta il ritorno è incontemplabile: lui ha deciso di togliersi la vita.
“Leggo che sei morto e mi sembra impossibile. Non c’entra niente la tua morte, in questo momento. Lo so, sono le solite banalità, ma è sbagliata, non può avere nessuna ragione. Poi, leggo che ti sei ammazzato. E allora sì, tutto mi torna”.
Questo è solo l’incipit di un libro che per la maggior parte del tempo ti toglie il respiro.
È stata una storia d’amore frastagliata, fatta di fughe e di ritorni, di incomprensioni e di diversità, di attimi di intimità intensi e di porte chiuse in faccia. Forse è stata proprio quella profonda intimità a fare paura, o forse non è stato neanche quello. Di certo non basta affondare il dolore ogni sera dentro una bottiglia, da sola o in compagnia di qualche sporadicoamico.
“I postumi dell’alcol non sono sempre uguali. Quelli peggiori mi costringono davvero a perdere intere giornate, a trascinarmi a stento dal divano alla poltrona. Ma ci sono giorni in cui sono più leggeri, in cui riesco a essere attiva, sebbene sfasare, stordita, con l’impressione di arrivare sempre un po’ in ritardo sulle cose, di inciampare – con i piedi o con la mente”.
Non basta se senti che resta qualcosa di incompiuto. E non basta se sei una persona che tende alla tristezza, che ama la tristezza come il confortante calare della luce nelle sempre più brevi giornate autunnali.
Non basta se pensi di aver sbagliato tutto con lui e se pensi di esserti annullata troppo solo per essere guardata ancora in quel modo. Per essere vista come nessuno ti aveva mai vista prima. E ti fai tante domande. E ti dai tante risposte che sembrano non appagare mai il tuo senso di smarrimento. Perché non è solo la perdita di quella persona, è anche la perdita di piccole parti di te che sembrano andate via per sempre.
“… mi sono tolta soprattutto il vizio dell’entusiasmo. L’ho piano piano svilito, denigrato, umiliato, tenuto a bada, snobbato. Per essere certa di piegarlo, l’ho deriso con cattiveria. Che sentimento insulso, tronfio, così incline al fallimento. Credo che lui abbia provato a lottare, a rimanere in vita, a rispuntare cocciuto qua e là, ma in questo sono stata efficace, concreta – determinata nel fronteggiarlo”.
L’autrice ci parla con il cuore in mano, senza fronzoli e senza paure. Si mette a nudo per noi senza risparmiarci niente. Ci fa vedere l’abisso in cui è davvero tanto facile sprofondare, ma ci fa vedere che è anche possibile rialzarsi e a piccoli passi andare avanti.
Benedetta Palmieri
Benedetta Palmieri è nata nel 1973 a Napoli, dove è felice di vivere. Si è fatta conoscere dal grande pubblico nel 2011 con I Funerali (Feltrinelli), terzo classificato al Premio Tropea. Dopo dieci anni di silenzio, rotto solo la, rare collaborazioni con riviste e giornali, Emersione segna il suo ritorno alla narrativa.
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