Recensione di Sabrina De Bastiani
Autore: Chicca Maralfa
Editore: Les Flaneurs Edizioni
Collana: Bohemien
Genere: Narrativa
Pagine: 190 p.
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. Chiara Laera, famosissima influencer nel campo della moda, sta preparando l’evento di punta dell’estate: una grande festa per il lancio del marchio ciceri&tria di Vanni Loperfido. Il brand, ispirato a un piatto tipico della cucina salentina, dà il tema alla serata che si svolgerà nella sua proprietà in valle d’Itria. Per avere il massimo risalto mediatico, decide di allestire un set felliniano 2.0, chiedendo alla gente del posto di interpretare se stessa. L’obiettivo è rendere veritiera e originale la messa in scena di tradizioni millenarie, uno spettacolo unico per i tantissimi invitati. Ma non tutto fila liscio. C’è chi, in questa terra, non sopporta l’invasione dei portatori di nuovi costumi, anche di genere, a tal punto da vedere minacciato il proprio ecosistema esistenziale. A fare da sfondo alla serata, una distesa di meravigliosi ulivi secolari minacciati da un killer silenzioso: la Xylella.
Recensione
“S’ha pirte a feste”
Da tanto aspettavo l’uscita di un romanzo di Chicca Maralfa.
Da quando mi sono ritrovata a leggere suoi articoli che trattavano di musica e rock, di esperienze vissute, della sua città. Se possibile ancora di più dopo aver letto il suo racconto L’amore non è un luogo comune, incluso nell’antologia L’amore non si interpreta.
Tutto ciò perché Chicca Maralfa porta in sé senza dubbio la dote di una bella, moderna, forte ed elegante scrittura, ma anche perché è lei stessa l’essenza della sua scrittura, avendo la grande capacità di uno spirito critico costruttivo fuori dal comune, una profonda attenzione e sensibilità verso il contemporaneo e i contemporanei, una forma mentis internazionale unita ad amore e conoscenza della sua terra, la Puglia, il Salento, davvero fondante e toccante.
E il dono e pregio inestimabile dell’ironia, di quella leggerezza sana, che non sminuisce la realtà delle cose, belle o brutte che siano, ma di fatto, le conferisce pienezza e contenuto, stimolando al sorriso, ma anche, un attimo dopo, alla riflessione.
È da queste premesse che sono partita con la lettura di “Festa al trullo” e sono queste premesse, tutte mantenute, che mi hanno fatto amare completamente questo romanzo.
Perché, nella festa che Chiara Laera organizza presso il suo fighissimo trullo per il lancio della collezione di moda dello stilista pugliese Vanni Loperfido, non sta solo il movente, l’ossatura portante della trama del libro. In questa festa glamour e molto in, c’è tutto.
Ossia la rappresentazione, non solo di coreografie, arredi, riprese e scatti, ma la rappresentazione di noi stessi, sul palcoscenico “democratico”, in quanto ormai accessibile alla stragrande maggioranza, dei social.
Perché tutto doveva avvenire quando calava il buio e i contorni delle esistenze si facevano meno definiti, come quelli delle coscienze individuali. Da quel momento in poi, un io collettivo, la tribù di Chiara, ridisegnava lo spazio dei luoghi. E si faceva regola di stile, comandamento da 140 caratteri. Perché non c’era nulla di lei, della sua corte di miracolati e del loro eccentrico nomadismo, che non dovesse finire nelle fauci insaziabili dei social.
Piazza virtuale dove a turno tutti ci si veste dei vestiti nuovi dell’imperatore e, come e più che nella celebre fiaba di Hans Christian Andersen, troppo spesso, forse, per opportunismo, per un ritorno di immagine sociale, per sentirsi parte di un gruppo, accettati, ci si conforma in una sorta di sudditanza mentale verso chi detta le tendenze e catalizza like, che rende spesso impervio dire che il re è nudo, anche qualora davvero lo sia.
Ecco come già a partire dai preparativi della festa, emergano contraddizioni e opposizioni interne, contadini e artigiani che devono interpretare loro stessi nello svolgimento delle loro funzioni, ma truccati, vestiti, a dare l’immagine iconografica perfetta per scatti e filmati. Quasi a sancire che essere “veri” non basta, perché percepiamo come vero ciò che il nostro immaginario ha codificato, cristallizzato e reso iconografico.
Su tutti Mimmo, il custode del trullo, portatore di mentalità e saggezza ancestrali, disturbato dall’andirivieni delle persone, da un turismo invasivo, dai mutamenti, che denuncia con la sua insofferenza non solo il timore per il futuro della “sua” terra, ma soprattutto un proprio senso di inadeguatezza.
Lì stava cambiando tutto. Avanzavano altri modelli. E lui non si sentiva più all’altezza di niente.
Davvero bravissima Chicca Maralfa, nel descrivere il contesto e tratteggiare gli animi dei suoi personaggi, per mezzo di frasi incisive che si fanno immagine,
Perché così andavano quelle feste: in un’ipotetica serratura, e lontani da ogni umana dimensione del tempo, una mano invisibile girava la chiave e la notte diventava giorno
tramite le quali riesce davvero a far sentire il lettore invitato alla festa, partecipante.
Tramite le quali convoglia nelle sue pagine suoni, luci, colori, musica, profumi di fiori e odori di cibo, esattamente come i moti interiori dell’anima, del cuore, del senso dell’opportuno, della voglia di rompere uno schema.
Si divora senza interrompere la lettura, questo romanzo, come un piatto fumante di ciceri&tria, ricetta, per chi non la conosce, assolutamente da provare seguendo le indicazioni a fine libro, una pagina dopo l’altra, ammaliati e coinvolti,
Lo aspettava una serata (…) che sarebbe finita con le prime luci del mattino, davanti a un bicchiere di whisky che sarebbe diventato all’improvviso una tazzina di caffè.
insaziabili di capire, curiosi di scoprire ciò che andrà ad accadere, come nei migliori gialli e noir.
Eh già. Non avevo ancora detto che questo romanzo di satira sociale, di natura e ulivi secolari e di nature umane… è anche un noir.
Ma questo lo si scopre alla fine, come il più roboante dei fuochi d’artificio, di una festa riuscitissima, come, riuscitissimo, è questo libro.
Chicca Maralfa
Chicca Maralfa è nata e vive a Bari. Giornalista, è responsabile dell’ufficio stampa di Unioncamere Puglia. Appassionata di musica indipendente e rock d’autore, ha collaborato per la Gazzetta del Mezzogiorno, Ciao 2001 e Music, Antenna Sud e Rete4. Nel 2018 con L’amore non è un luogo comune ha partecipato all’antologia di racconti L’amore non si interpreta (l’Erudita),contro la violenza psicologica sulle donne. Festa al trullo è il suo primo romanzo.