Furore
di John Steinbeck
Bompani 2013
Sergio Claudio Perroni(Traduttore)
Narrativa classica pag.633 p., R
Sinossi. Pietra miliare della letteratura americana, “Furore” è un romanzo pubblicato negli Stati Uniti nel 1939 e coraggiosamente proposto in Italia da Valentino Bompiani l’anno seguente. Il libro fu perseguitato dalla censura fascista e solo ora, dopo più di 70 anni, vede la luce la prima edizione integrale, nella nuova traduzione di Sergio Claudio Perroni. Una versione basata sul testo inglese della Centennial Edition dell’opera di Steinbeck, che restituisce finalmente ai lettori la forza e la modernità della scrittura del Premio Nobel per la Letteratura 1962. Nell’odissea della famiglia Joad sfrattata dalla sua casa e dalla sua terra, in penosa marcia verso la California, lungo la Route 66 come migliaia e migliaia di americani, rivive la trasformazione di un’intera nazione. L’impatto amaro con la terra promessa dove la manodopera è sfruttata e mal pagata, dove ciascuno porta con sé la propria miseria “come un marchio d’infamia”. Al tempo stesso romanzo di viaggio e ritratto epico della lotta dell’uomo contro l’ingiustizia, “Furore” è forse il più americano dei classici americani, da leggere oggi in tutta la sua bellezza.
Recensione di Loredana Cescutti
“Come facciamo a vivere senza le nostre vite? Come sapremo di essere noi senza il nostro passato? No. Tocca lasciarlo qui. Bruciarlo.”
Ripenso a “Furore” e la prima parola che mi viene in mente è “dignità” a qualsiasi costo. Persone che non hanno più nulla, che hanno perso ogni loro avere, che non sanno se e quando potranno mangiare la prossima volta, che antepongono i figli alla loro salute, che mettono avanti a tutto la possibilità di un futuro da donare a chi ha più diritto di averlo ma, che in nessuno caso sono disposti a perdere la loro dignità di persone.
La carità non è accettata, perché tutto va rimborsato il giusto, nulla va rubato e nessun sospeso deve esserci a togliere loro la serenità di una vita, che seppur trasformata in un lungo calvario dall’esito non prevedibile ha un unico fondamento: rimanere uniti.
Ma quando il gruppo inizia a perdere pezzi, quando nulla va come dovrebbe, non è permesso comunque perdere la speranza e altresì, è importante proseguire il viaggio perché prima o poi, qualcosa di buono ci dovrà essere.
Una lettura, questa, che ho affrontato assieme ad un’amica, per fortuna, oserei dire, che mi ha fatta viaggiare ma che mi ha sbattutto in faccia tutte le difficoltà di una vita che definire povera è un eufemismo.
Una scrittura che si è rivelata scorrevole e mai ingannevole, di una tristezza infinita ma condita anche con un bisogno di attesa, che seppur flebile qua e l’ha ha provato ad inserirsi per poi, in tutta la sua brutalità, riscuotere il debito di un’agognata felicità con tanto di interessi a gente che ormai, tolti gli abiti laceri, non rimaneva più nulla.
Il finale poi, si fa voce racchiudendo un concetto, di colei che fino alla fine ha cercato di tenere insieme con le unghie e con i denti, anteponendo tutto a sé stessa, i pezzi di una famiglia destinata allo sfascio e che in più occasioni rimarcherà il senso della vita e della morte e cioè, che sia che noi si nasca o che noi si muoia, il cerchio non si fermerà mai, perché la vita non finisce, per cui, non bisogna mai arrendersi e andare avanti, perché in questo nostro mondo qualcuno rimarrà sempre.
Un pensiero lungo e profondo, che non si ferma alla famiglia d’origine, ma che in prospettiva si estende a tutta la povera gente che in quel momento stava vivendo le medesime esperienze dei Joad.
Perché c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi.
“Tutti quanto abbiamo bisogno d’aiutarci.”
Un libro di una profondità indescrivibile, che si fa strada dentro di te e ti lascia con sensazioni strane e del quale, come capita con certe letture, ti rendi conto che non ne va scritto troppo, bensì, è necessario invitare, invece, gli altri a leggerlo per assorbirne ogni singolo attimo.
Grazie Federica per avermi sostenuta durante questo viaggio.
Buona lettura!
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John Steinbeck
John Steinbeck: autore di numerosi romanzi e racconti, è uno dei massimi esponenti della letteratura americana e della cosiddetta “Generazione perduta”. Nel 1962 gli viene conferito il Premio Nobel per la letteratura. John Ernst Steinbeck dopo aver frequentato la Stanford University senza mai laurearsi, compare sulla scena letteraria con opere minori finché non raggiunge la notorietà con Pian della Tortilla (1935) a cui seguono molti romanzi racconti e saggi tra cui Uomini e topi, La lunga vallata, Furore – opera grazie a cui Steinbeck riceve il Premio Pulitzer e il National Book Award -, La luna è tramontata, La valle dell’Eden, Quel fantastico giovedì, Viaggio con Charley. Il favore della critica nei confronti di Steinbeck si basa soprattutto sui romanzi naturalistici a tema proletario che scrisse negli anni Trenta; è in queste opere che la sua costruzione di ricche strutture simboliche e i suoi tentativi di trasmettere qualità mitopoietiche e archetipiche nei suoi personaggi sono più efficaci. Dalle sue opere sono stati tratti numerosi film di successo, che hanno aumentato la popolarità dello scrittore.