Recensione di Antonella Bagorda
Autore: Linn Ullmann
Editore: Guanda
Traduzione: Katia Bagnoli
Genere: Narrativa, autobiografia
Pagine: 408
Anno di pubblicazione: Marzo 2021
Sinossi. Lui è un famoso regista svedese e un uomo che non lascia niente al caso. Lei è sua figlia, la più giovane di nove. Ogni estate, fin da bambina, è andata a trovarlo nella sua amata casa di pietra in mezzo ai boschi su un’isola del mar Baltico. Ora che la figlia è cresciuta ed è diventata una scrittrice, il famoso regista, sulla soglia degli ottant’anni, vuole scrivere un libro a quattro mani sulla vecchiaia. Ha paura di perdere la parola, la memoria. Invecchiare è un lavoro duro, dice. Seguono telefonate, lettere, incontri per raccogliere il materiale. Ma quando finalmente la figlia lo raggiunge sull’isola, per iniziare la stesura vera e propria, il tempo ha ghermito per sempre il regista, e alla fragilità fisica si è aggiunto il declino mentale. Alla donna non resta che immergersi nei ricordi e reinventare la storia di un padre, una madre e una figlia. Di una bambina che non vede l’ora di crescere e di due genitori che preferirebbero essere bambini. Questo libro nasce da qui, da una miscela di ricordi e finzioni, per restituirci una rappresentazione di quanto complessa può essere la famiglia; una riflessione profonda e poetica sulla memoria e sulla perdita, sull’arte, su cosa significhi crescere e invecchiare in una famiglia molto particolare e sulle numerose narrazioni che compongono una vita.
Recensione
Una figlia che cerca di mettere insieme i pezzi di una vita un po’ complicata. Cresciuta in una famiglia particolare e con uno stile di vita imposto da estranei, disordinato e molto particolare anch’esso. Trascinata qua e là per il mondo da due genitori troppo impegnati per fare i genitori.
Un’educazione discutibile trasmessa più che altro dalle baby-sitter di turno a cui sua madre la affidava. Una disciplina molto rigida data dal poco tempo che passava col padre. Un carattere forte, ribelle e spesso odioso. Una memoria che fatica a rintracciare dettagli che forse sono importanti, o forse no. Un’ossessione ingiustificata per l’azzurro che viene ostentata per tutto il romanzo.
Questo è ciò che l’autrice racconta di sé e della sua famiglia molto allargata. Spesso lo fa in terza persona, prendendo quasi le distanze dalla bambina che è stata e da una vita in costante apprensione, principalmente causata dalla lontananza della madre.
Linn Ullmann è la figlia di un grande regista e di una grande attrice. E parliamo di nomi importanti come Ingmar Bergman e Liv Ullmann. In questo romanzo l’autrice promette di parlare degli ultimi momenti di vita del padre. Della sua paura di invecchiare e della sua vecchiaia; della sua paura di morire e della sua morte; del suo bisogno urgente di mettere la sua vita su carta prima che la memoria decida che è arrivato il momento di perdere ogni traccia di quello che è stato.
Bergman propone a Linn, ultima di nove figli di cinque madri diverse, di scrivere un libro a quattro mani. Di raccogliere in un registratore digitale, attraverso una sorta di intervista, quelle che sono le sue memorie. E di riordinarle in quello che vorrebbe trasformare in un romanzo sulla sua vita e sulla vecchiaia che gli incombe addosso.
Devo ammettere che ho trovato la sinossi di questo romanzo un po’ fuorviante. In cuor mio speravo venisse dato più spazio al declino mentale di un uomo che grazie alla sua mente ha costruitoun’importante fetta della storia del cinema e del teatro mondiale. Invece ci ho trovato un lunghissimo flusso di coscienza dell’autrice, spesso sconclusionato, in cui il regista è poco presente; o comunque molto meno di quanto ci si possa aspettare fidandosi completamente della sinossi.
Il romanzo è una via di mezzo tra un’opera autobiografica e una biografia romanzata. L’autrice ammette fin da subito di essere in difficoltà a riordinare i pezzi di una storia che appartiene principalmente al padre, e che proprio il padre ha fatto fatica a ricordare nel momento in cui il libro avrebbe dovuto cominciare a prendere forma.
Così il compito passa completamente nelle mani di Linn. La scrittrice decide di mantenere comunque la promessa fatta a Bergman e, a distanza di qualche anno dalla sua morte, ritrovando le registrazioni delle poche interviste che era riuscita a fare al padre nelle ultime settimane di vita, tenta in solitaria di ricostruire una storia che appare però troppo frammentata. Un misto di amore, di dolore, di rabbia, di solitudine, di nostalgia; tutto gettato quasi con casualità sulle pagine una volta bianche di questo libro.
Linn ci mostrerà le debolezze che hanno preso possesso di un padre che è sempre stato forte e impeccabile. Ricorderà la sua fissazione per la puntualità e partirà proprio da lì, da un ritardo di pochi minuti. Dal momento in cui ha capito che il suo papà aveva già iniziato pian piano a morire.
Attorno alla figura del padre ruoteranno tutte le donne che lo hanno amato e tutte quelle che si sono prese cura di lui, tutti i suoi figli e tutte le sue case e tutti i suoi posti del cuore. E l’amore innato e immortale per il cinema e per il teatro e per la buona musica.
Gli Inquieti è un romanzo che ho trovato complicato da leggere. Me lo aspettavo più intimista e più lineare. Invece non c’è mai un filo logico che duri abbastanza a lungo da far risultare la lettura rilassante. È un continuo flusso di coscienza alternato da pochi momenti di lucidità. Sicuramente questa costante confusione, mi sia concesso il termine, rispecchia alla perfezione quella che si comprende essere stata la vita dell’autrice, ed è forse per questo che alla fine delle troppe pagine le si perdona tutto. Ma ci sono stati, a mio parere, svariati ottimi finali che non avevano bisogno di essere seguiti da altre informazioni. Ha regnato la fame di raccontare tanto e questo mi ha fatto trovare la stesura un po’ prolissa.
Sicuramente posso dire di aver conosciuto meglio un personaggio come Bergman, che mi ha sempre incuriosito in quanto immenso regista, e che adesso risulta ai miei occhi molto più umano e fragile di quanto avrei potuto comprendere solo dalle sue opere.
Linn Ullmann
(Oslo, 9 agosto 1966) è una giornalista e scrittrice norvegese. È figlia del regista Ingmar Bergman e dell’attrice Liv Ullmann. Ancora bambina ha avuto un piccolo ruolo nel film del padre Sinfonia d’autunno in cui interpretava Eva, ovvero Liv Ullmann da bambina. Dopo studi di danza alla Juilliard School, si è laureata alla New York University, dove ha studiato letteratura inglese. È sposata con lo scrittore e drammaturgo Niels Fredrik Dahl.
Opere narrative
Prima che tu dorma, edizione italiana: Mondadori, 1999. Quando sono con te: Mondadori, 2002.
Tu sei la mia grazia: Mondadori, 2004. La luce sull’acqua: Mondadori, 2008. La ragazza dallo scialle rosso: Guanda, 2014. Gli inquieti: Guanda 2021.
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