Gli occhi di Sara




Recensione di Sabrina De Bastiani


Autore:  Maurizio de Giovanni

Editore: Rizzoli

Collana: Nero Rizzoli

Anno edizione: 2021

Pagine: 300 p., Brossura

Sinossi. Un solo sguardo riporta a galla i segreti più oscuri. In un intreccio che si dipana al pari di un perfetto meccanismo a orologeria, Maurizio de Giovanni scava tra le pieghe della nostra Storia recente e racconta gli inconfessabili segreti di Sara, come non l’abbiamo mai vista. Perché, per la prima volta, gli occhi della donna impenetrabile tradiscono un dolore misterioso e svelano la sua più sincera umanità.

A volte un incontro inatteso spalanca le porte del passato. Succede a Sara mentre sta lottando per salvare la vita del piccolo Massimiliano, il nipotino colpito da una grave malattia. Due occhi riappaiono dalla nebbia di giorni lontani, Sara li conosce bene. Sono gli stessi che tanti anni prima aveva cercato in ogni modo di dimenticare. La donna invisibile è catapultata indietro nel tempo: Napoli, 1990. È caduto il muro di Berlino, gli stati satelliti dell’URSS sono in crisi e in Italia sono esplosi i movimenti studenteschi. Il mondo di prima si sta sgretolando, ma i preparativi fervono e la città si veste a festa per la visita di Papa Giovanni Paolo II. Sara Morozzi, detta Mora, è membro attivo della più segreta unità dei Servizi. A lei e a Bionda, la collega Teresa Pandolfi, viene affidata la missione più importante e delicata della loro carriera. Proprio in quei giorni, Sara incrocia quello sguardo. Occhi a cui è impossibile restare indifferenti. Così, mentre il tempo scorre all’indietro, la Sara di oggi deve fare i conti con le passioni e i tradimenti di ieri. In un intreccio che si dipana al pari di un perfetto meccanismo a orologeria, Maurizio de Giovanni scava tra le pieghe della nostra Storia recente e racconta gli inconfessabili segreti di Sara, come non l’abbiamo mai vista. Perché, per la prima volta, gli occhi della donna impenetrabile tradiscono un dolore misterioso e svelano la sua più sincera umanità.

RECENSIONE


Avrebbe spiegato, se gliel’avessero chiesto, che vedere può significare percepire un odore di legno o di cotone,  di seta o di bambù, perché la materia conserva il sentore anche dopo anni che è stata trattata è trasformata. Avrebbe spiegato che un dito, il dorso di una mano, un braccio possono percorrere le forme sfiorandole appena e ricostruirle con precisione. Avrebbe spiegato che lo spostamento dell’aria pure in un ambiente chiuso, ha un suono che un udito raffinato può catalogare e rammentare.

… vedere è un concetto che può prescindere dagli occhi …

È un romanzo di sensi, “Gli occhi di Sara”, nell’accezione più ampia e omnicomprensiva che questo termine possa  abbracciare.

Sensi.

Colpa, paura, desiderio, conservazione.

Senso assoluto,  la vista?

Non proprio.

Gli occhi, sì.

Perché ce lo insegna la nostra lingua che, tra vedere e guardare, ci sia una profonda e sostanziale differenza.

E qui, per la prima, dirompente, sconvolgente per tanti aspetti, volta, Sara Morozzi, dotata, abituata, addestrata a vedere anche il pulviscolo nell’aria immobile, guarda.

È un passaggio fondamentale quello che Maurizio de Giovanni, fa compiere al suo personaggio, un passaggio così coraggioso nell’economia della storia di Sara da rendere questa lettura universale e da amarsi perdutamente.

Sara guarda,  il suo nipotino, il piccolo Massimiliano,

la vita appesa ad un filo, ogni giorno più esile come il suo respiro.

Sara ha guardato, nel suo passato.

Ed è stata guardata.

Lei, la donna invisibile.

Un passato che ha sepolto, se non in certi versi tentato di rimuovere, e che oggi è l’unica possibilità da giocarsi  che ha in mano. L’unica improbabile carta. Lo zero virgola per cento di speranza che possa consentire al suo nipotino di vivere.

Ecco cosa conferisce la penna di de Giovanni ai suoi protagonisti e a questa vicenda, segnando un punto di non ritorno per le prossime.

Il fattore umano.

Ognuno dei caratteri lo svela, lo rivela.

Pardo, nella sua ammissione di afflato paterno, Viola, nella sua fragilità e forza titanica di donna che si “scopre” madre, Teresa, nel passare oltre e sopra le sue consegne e la sua forma mentis,  per affiancare Mora, Andrea, nell’abbracciare il passato e la sua identità.

Sara.

Massimiliano.

Per.

E mi fermo, lasciandolo scoprire, nella certezza che basterà una lettura per comprenderne la fattività, ma non ve ne saranno mai abbastanza per assaporarne il significato nella sua interezza, per lo scoprirne ogni volta una sfumatura ed un’implicazione in più.

La grandezza stessa  di de Giovanni è anche nella sua umanità, nel suo saperla cogliere e restituire con una sensibilità ed un talento che travalicano la littera per farsi voce di vita.

E c’è tutto in queste pagine.

Presente, passato, un attentato di proporzioni e conseguenze cubitali,  che certe convenienze vorrebbero si attuasse,  mentre altre presuppongono la messa in palio del proprio futuro per sventarlo.

C’è il non sapere fino alla riga conclusiva cosa sia accaduto e cosa accadrà.

C’è il non saperlo, del tutto, fino al punto finale.

C’è rimanere lì, senza riuscire a  chiudere il libro. Nemmeno quando lo si è riposto nella libreria.

 

 

 

Maurizio de Giovanni


Nato nel 1958 a Napoli, è autore della fortunata serie di romanzi con protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta, su cui è incentrato un ciclo di romanzi, tutti pubblicati da Einaudi, che comprende finora: Il senso del dolore (2007), La condanna del sangue (2008), Il posto di ognuno (2009), Il giorno dei morti (2010), Per mano mia (Einaudi, 2011), Vipera (2012, Premio Viareggio, Premio Camaiore), Anime di vetro (2015) Serenata senza nome (2016), Rondini d’inverno (2017) e Il purgatorio dell’angelo (2018). Insieme a Sergio Brancato ha pubblicato due graphic novel sulle inagini del commissario Ricciardi: Il senso del dolore. Le stagioni del commissario Ricciardi (Sergio Bonelli 2017) e La condanna del sangue. Le stagioni del commissario Ricciardi (Sergio Bonelli 2018). È anche autore di: Storie azzurre (Cento Autori, 2010), una raccolta di quattro racconti lunghi dedicati al Napoli, la sua squadra del cuore; Il metodo del Coccodrillo (Mondadori, 2012, Einaudi 2016; Premio Scerbanenco). Con I bastardi di Pizzofalcone (Einaudi 2013) ha inaugurato un nuovo ciclo contemporaneo, sempre pubblicato da Einaudi, continuato con Buio per i Bastardi di Pizzofalcone (2013), Gelo per i bastardi di Pizzofalcone (2014), Cuccioli per i bastardi di Pizzofalcone (2015), Pane per i bastardi di Pizzofalcone (2016), Souvenir per i bastardi di Pizzofalcone (2017) che vede protagonista la squadra investigativa di un commissariato partenopeo. Il suo racconto Un giorno di Settembre a Natale è incluso nella raccolta Regalo di Natale edita da Sellerio nel 2013. È uscita nel 2014 un’altra raccolta di racconti gialli dal titolo Giochi criminali dove il suo testo Febbre appare accanto a quelli di De Cataldo, De Silva e Lucarelli. Inoltre, il suo racconto Un telegramma da settembre è incluso nell’antologia Sellerio La scuola in giallo, del 2014. Nel 2015 pubblica Il resto della settimana (Rizzoli)e Skira Una domenica con il commissario Ricciardi (Skira). Nel 2017 partecipa con un suo contributo alla raccolta di saggi Attenti al Sud, edito da Piemme, e con Rizzoli pubblica I Guardiani. Del 2018 sono Sara al tramonto (Rizzoli) e Sbirre (Rizzoli), scritto in collaborazione con Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo. Nel 2019 pubblica per Sellerio Dodici rose a Settembre. Tra le altre pubblicazioni si ricordano: Una lettera per Sara (Rizzoli, 2020), Troppo freddo per settembre (Einaudi, 2020) e Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone (Einaudi, 2020) e Gli occhi di Sara (Rizzoli 2021).

 

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