I Fantasmi del Donbass




 I Fantasmi del Donbass


Autore: Benoit Vitkine 

Traduzione: Gaia Gandoli

Editore: Piemme

Genere: Gialli e Thriller

Pagine: 288

Anno di pubblicazione: luglio 2022 

Sinossi. La Storia è stata dura con la piccola città di Avdiivka, nel Donbass, dura come la neve di marzo, ruvida e gelata. È qui che l’Ucraina si spezza in due, tra i separatisti filorussi e i nazionalisti, in un conflitto onnipresente come l’aria nera di carbone. Ed è qui che il commissario Henrik Kavadze, in venticinque anni di onorato servizio in polizia, ha visto succedere molte cose, tanto che ormai si stupisce di poco o nulla. La sua vita di poliziotto scorre nell’immobilità, con la colonna sonora delle esplosioni in lontananza, il pensiero dell’orto in cui non ha ancora piantato niente, e della figlia che il destino gli ha portato via. Eppure, quando un mattino il disgelo rivela, nei pressi della vecchia stazione, un corpo inchiodato a terra da un coltello, qualcosa in Henrik si risveglia. Perché non è un cadavere come tutti gli altri: questa volta, si tratta di un ragazzino. E il crimine più imperdonabile, Henrik lo ha sempre saputo, è ammazzare quell’innocenza che solo i bambini posseggono ancora. Navigando nel mare della corruzione di superiori e sottoposti, tra doppiogiochisti, prostitute gentili, vecchiette cui la guerra ha tolto tutto ma non la voglia di pettegolezzi, Henrik condurrà l’indagine più importante della sua vita. Un ingresso spettacolare nel thriller francese, da un giovane autore che è anche corrispondente da Mosca per Le Monde: un giallo avvincente e diverso da tutti, che vi lascerà profondamente emozionati.

 Recensione di  Marcella Labianca


Dopo aver letto questo libro non guarderete più con gli stessi occhi il telegiornale. Giorni fa il ritrovamento di una ennesima fossa comune e la telecamera ha inquadrato una poliziotta che era lì a svolgere il suo dovere, il suo gravoso dovere; sotto la divisa sicuramente una bella donna, all’apparenza senza espressione ma erano i suoi occhi a parlare, solo quelli. Ho riconosciuto in lei Henrik il protagonista del libro.

I poliziotti sono chiamati a mettere ordine ma tra cosa?

C’è la guerra! Fratelli , concittadini, amici che si odiano da decenni, o sopravvivono, o sono morti , o vivono ma in realtà sono morti dentro, in questo caos di polizia, esercito russo , esercito ucraino, gangster, prostitute , vedove, nonnine e bambini che fanno lo slalom tra bombe, macerie, freddo, fame e violenza. La verità è che , passa il tempo e ci si abitua a tutto , anche alla guerra. Questo libro è una descrizione precisa e puntuale della vita nel Donbass .

Nonostante la consapevolezza di leggere un giallo, una storia di fantasia, con un detective che indaga su un omicidio, ci rendiamo conto dopo soltanto poche righe che quei personaggi descritti sono lì , da qualche parte e non uno ma cento, mille… Un territorio di contrasti dove l’uomo distrugge ma la natura continua a crescere rigogliosa. Dove porterà tutto questo? La risposta non ce l’ha nessuno, né i personaggi della storia, né il narratore onniscente e tantomeno il lettore che però viene risucchiato da questo mondo pieno di distruzione fisica e morale e che una volta era un luogo bellissimo. Questo libro dovrebbe essere letto da tutti ed obbligatorio nelle scuole, perchè per una volta la fantasia coincide con la realtà che ogni giorno guardiamo in tv, la stessa che per mesi ci ha indignato ma alla quale il tempo ci ha fatto quasi abituare.

…Non essere ingenuo, Henrik. Cos’è la guerra se non l’occasione per ridistribuire le carte, l’opportunità per i perdenti e i disgraziati di ottenere qualcosa dalla vita?»

…Gli starebbe bene alla gente di qui di passare sotto un nuovo oligarca! Uno che parli bene ucraino e amico del nuovo potere… La virtù fatta persona!

…Tutti e due erano dei discendenti delle lontane montagne del Caucaso, originari di due paesi vicini, che né l’uno né l’altro avevano mai visitato. I loro genitori erano stati portati nel Donbass dalla grande macchina annienta-nazionalità, quando l’Unione Sovietica aveva cominciato a mandare nelle steppe ucraine i proletari di tutto l’Impero.

…Sullo schermo regnavano sovrane America e Russia. Ogni cinque minuti dei neri amanti delle grosse cilindrate lasciavano il posto a bionde in costume da bagno con la voce stridula. I due Imperi si affrontavano anche nella televisione ucraina. Era una spiegazione facile, e oltretutto molto di moda: mettere l’uno contro l’altro i due Grandi per motivare le disgrazie della regione e del paese.

…Quanti fratelli si erano scannati durante le prime ore del conflitto? Dei padri con i propri figli? Delle coppie? Pro-ucraini contro pro-russi… Modernisti contro tradizionalisti… A quel punto non c’era più posto per gli indecisi e le vie di mezzo. Avevano fatto la loro comparsa nuove domande e, all’improvviso, tutti dovevano avere un parere: ci si sentiva russi o ucraini? Mondo slavo autoritario o occidente decadente?

Oligarchi al potere o gay pride per le strade? L’odio era dietro l’angolo, in ogni tromba delle scale; si formulavano risposte con sempre maggiore prudenza; i pestaggi erano all’ordine del giorno… Più tardi la guerra aveva in qualche modo azzerato i contatori. Si erano sotterrate le grandi idee e le speranze folli, le domande, le identità tormentate. Si era smesso di litigare perché solo le bombe riuscivano a farsi sentire. Si sperava di sopravvivere.

...Il colosso non piangeva per la scomparsa di Mosca-ilfaro-del-mondo-russo. Le sue erano lacrime di gioia. Ritrovava l’orgoglio di essere un uomo del Donbass. Si ricordava che la sua regione, pur devastata dalla crisi e dalla guerra, era ricca e bella, che gli skate e i cocktail non erano ancora arrivati. Gli altri approvarono rumorosamente. Due caraffe di vodka furono svuotate in un lampo. «Ai nostri campi di girasoli!» gridò una voce. «Ai nostri cumuli di scorie!» rispose un’altra. Le lacrime ormai scorrevano senza sosta sulle guance del colosso. «Voi combattete?» …Henrik non aveva voglia di sapere i dettagli. Era stanco di quella guerra dove, nei due schieramenti, gli approfittatori riuscivano sempre a cavarsela. A Donec’k tutto si faceva alla luce del sole .

La gente che incrociava Henrik Kavadze per strada gli rivolgeva sguardi di costernazione più che di risentimento. Il poliziotto non ne era particolarmente soddisfatto. Conosceva gli umori altalenanti dei suoi concittadini. Sapevano incurvare le spalle e incassare i colpi. La vendetta era sempre dietro l’angolo

Il mare luccicava sotto il sole, accarezzato da una brezza leggera. Quasi bello, quasi blu. Il mare dei proletari, dei minatori e dei metalmeccanici. Il mar d’Azov. Quello degli sbirri ammaccati e degli orfani. Poco più di un lago, incastrato tra la Russia e l’Ucraina, chiuso dal ponte di Crimea. La Riviera del Donbass. Scuro, poco profondo, industrioso. Anche lì, sulle rive, il cemento e il metallo erano ovunque. L’immenso complesso metallurgico Azovstal si estendeva fino alla costa, dispiegando le sue ciminiere e le sue torri di ferro sopra ai palazzi di Mariupol. Il Donbass cedeva controvoglia la terra ai flutti.

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Benoit Vitkine


Nato nel 1983, è corrispondente da Mosca di Le Monde e tra i più noti commentatori del conflitto russo-ucraino. Ha esordito nella narrativa con “I fantasmi del Donbass”, thriller ambientato in Ucraina – paese che conosce e di cui parla la lingua – pubblicato dal prestigioso editore francese Les Arènes e pluripremiato in Francia, dove è stato un successo di critica e lettori. Nel 2021 è uscito il suo secondo thriller, “Les Loups”, anch’esso ambientato in Ucraina, che Piemme pubblicherà prossimamente.