Recensione di Sara Zanferrari
Autore: Hilary Mantel
Traduttore: Susanna Basso
Editore: Fazi Editore
Genere: autobiografia
Pagine: 236
Pubblicazione: 2 settembre 2021
Sinossi. Hilary Mantel, una delle scrittrici più acclamate al mondo, ha raggiunto traguardi davvero incredibili: è stata il primo autore britannico nonché la prima donna a vincere per due volte il Man Booker Prize; con Anna Bolena, una questione di famiglia per la prima volta in quarantatré anni di storia del premio la vittoria è stata assegnata a un sequel; «The Guardian» ha dichiarato Wolf Hall il miglior libro del ventunesimo secolo; è stata inclusa nella lista delle cento persone più influenti al mondo della rivista «Time». Ma chi è la donna che si cela dietro un tale successo? Nell’Inghilterra rurale del dopoguerra, Hilary Mantel è cresciuta convinta che le imprese più straordinarie fossero alla sua portata. Dalla sparizione del padre alla morte del patrigno, la sua vita è segnata da una serie di perdite incolmabili. E poi, a diciannove anni, la malattia: nel corso di anni di diagnosi errate, la scrittrice ha subito trattamenti psichiatrici paternalistici e un intervento chirurgico distruttivo che l’ha lasciata senza speranza di avere figli. Annientata dal dolore e dalla tristezza, ha sentito il bisogno di «materializzarsi per iscritto ogni mattina», un romanzo dopo l’altro. Il resto è storia.
Recensione
“Se scrivo non è perché sono a caccia di una solidarietà particolare. C’è gente che sopravvive a ben di peggio, senza mai mettere mano alla penna. Io scrivo solo per recuperare la storia del mio essere stata bambina e di non avere avuto bambini; e anche per collocare me stessa, se non dentro un corpo, almeno nel minuscolo spazio fra una lettera e l’altra, e fra le righe, dove abitano i fantasmi del significato. Lo spirito ha bisogno di una dimora e si insedia dove può; non ci si ammazza solo perché si è costrette a passare dai vestiti alle palandrane informi. Ci sono altri che, come me, si sono visti estirpare alla radice la propria personalità. Bisogna sapersi ritrovare, nel dedalo delle aspettative sociali, nei roveti della memoria: ma quali brandelli di noi sono rimasti intatti? Sono stata talmente massacrata dalle procedure mediche, talmente sabotata e manipolata, sono stata così magra e così grassa, che certe volte ho la sensazione di dovermi materializzare per iscritto ogni mattina – anche quando scrivere si riduce a una serie di insulsi scarabocchi che nessuno leggerà mai, al mio diario privato che nessuno potrà vedere finché non sarò morta. Dopo avere affidato alla carta un certo numero di parole, ti senti la spina dorsale abbastanza eretta da poter resistere al vento. Ma se smetti di scrivere scopri che sei solo quello, una spina dorsale appunto, una sgangherata colonna di vertebre, inaridita come un vecchio calamo.”
Pag 155
Che scrittura lucida, affilata, che descrizione precisa, sintetica, che vita si sente, si palpa di Hilary nelle parole di Hilary stessa.
Una vita trascorsa a scrivere e a soffrire di dolori scambiati per fantasmi mentali fino alla diagnosi e alla privazione della possibilità di avere figli, senza che i dolori tuttavia scompaiano. Un destino malevolo che sembra accompagnarla fin da bambina, assieme ai fantasmi dei bambini mai nati e “del significato”, come lo chiama lei. Un destino che si accompagna a una capacità di osservare e descrivere a parole con una maestria unica, che le varrà ben due Man Booker Prize.
In questa sua autobiografia la sua capacità di parola va ancora oltre, in punta di matita affilatissima, non una sbavatura, precisa, ironica, spietata su tutti e in particolare su sé stessa.
Parte forse un po’ faticosamente dalla morte del patrigno, in un passato inizialmente poco comprensibile al lettore, il quale viene però man mano avviluppato dall’edera di Mantel, mentre descrive minuziosamente tutte le case dove ha vissuto, i medici che ha incontrato, il dolore profondo, allo stremo, che l’accompagna da tutta una vita.
Eppure, non c’è resa. Hilary non molla, Hilary vive, Hilary scrive. Grazie a Dio scrive, per noi che godiamo del suo meraviglioso dono. E mentre si mette a nudo, soffriamo e gioiamo con lei. Forse il ritorno più grande per uno scrittore. Illusioni, speranze, sogni, lacrime, sorrisi, fantasmi presenti e passati, veri o immaginari.
Tutta una vita. Tutti i fantasmi di una vita.
A cura di Sara Zanferrari
Hilary Mantel
Hilary Mantel Nata nel Derbyshire nel 1952, ha scritto tredici romanzi, fra i quali spicca la fortunata trilogia sulla dinastia Tudor, composta da Wolf Hall, Anna Bolena, una questione di famiglia (entrambi insigniti del Man Booker Prize) e Lo specchio e la luce. Dai primi due volumi la BBC ha tratto l’apprezzata serie tv Wolf Hall, che ha vinto il Golden Globe 2016 come miglior miniserie. Oltre alla trilogia, Fazi Editore ha pubblicato anche La storia segreta della Rivoluzione, imponente opera in tre volumi sulla Rivoluzione francese, Al di là del nero, una commedia nera di ambientazione contemporanea, e Otto mesi a Ghazzah Street, romanzo di stampo autobiografico ambientato nel mondo saudita e Un esperimento d’amore.
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