Sinossi. Cosimo e Mina, fratello e sorella, sono figli dei capi. Sergio, Carlino e la bellissima Rosa sono figli degli ultimi. Ognuno di loro possiede il chiodo, simbolo di affiliazione al clan e della violenza che vincolò Cristo alla Croce. Nel 1989, all’ombra delle faide mafiose, in una Puglia garganica ruvida e sanguigna, finisce l’estate e la loro infanzia. La brutalità adulta lacera per sempre l’innocenza e Cosimo, destinato a diventare re, sceglie la vendetta contro un nemico osceno e inesorabile, il Drago, il braccio destro di suo padre. Trent’anni dopo, a Milano, Cosimo è colui che decide il destino di molti, ed è pronto a sterminare una famiglia intera, simbolo vivente del suo più oscuro segreto. Ne fanno parte, tra gli altri, Sandra, madre tormentata e irrealizzata, incapace di fuggire dalla sua vita fatta di gabbie e di ossessioni, e suo figlio Giacomo, bambino silenzioso e sensibile, l’unico in grado di disinnescare la rabbia di Cosimo con l’ingenuità dei puri. Dopo Storia nera di un naso rosso, Alessandro Morbidelli torna con un romanzo di formazione sulla perdita dell’innocenza, sull’amore come motore principale delle vicende umane, sulla fuga come unica salvezza e sul prezzo da pagare per proteggere chi si ama.
I FIGLI DEI CHIODI
di Alessandro Morbidelli
Vallecchi Firenze 2023
Noir, pag.328
Recensione di Anna Sonatore
“Questa volta sarà difficile, fallirai, mi ha detto.
Però io so come si arriva alla fine. So come costruire. Passo dopo passo.
Dimenticare il perché. Conta solo il come. Quindi posso iniziare.”
Quando si attende un nuovo libro da parte di un autore che si ama è sempre un’attesa lunga, a prescindere dal reale tempo trascorso. Alessandro Morbidelli ci ha lasciati attendere un suo nuovo romanzo in compagnia di Trenta cani e un bastardo edito da Todaro Editore nel 2019, un racconto lungo dalla potenza letale. Il 7 luglio 2023 è finalmente tornato con I figli dei chiodi edito da Vallecchi Firenze. Torna nelle librerie italiane e lo fa con la sua solita bravura che lo contraddistingue. Una voce fuori dal coro, fuori dallo schema di libri scritti sulla scia di altri. Alessandro Morbidelli punta all’unicità e ci riesce in pieno.
Un noir con radici in Puglia e con una Milano nera che ne accoglie lo svilupparsi della storia. Il libro si alterna dal 2018 al 1989 dove tutto ha origine, anche se le radici di questa storia sono molto più profonde…
1989: una Puglia oscura come la notte più buia.
Due bambini: un fratello e una sorella. Cosimo e Mina. Un’infanzia da vivere, un cielo stellato da ammirare. Lo stesso cielo sotto il quale le loro vite cambieranno per sempre. La loro infanzia insieme a quella di Sergio, Carlino e Rosa volgerà al termine prima ancora che abbia inizio.
A parlarci di un paese eretto su leggi mafiose e sul lato oscuro della famiglia Campani sarà Mina, la figlia di Don Vito Campani: un marito, un padre, il burattinaio del paese, colui che dà i chiodi…
Un altro personaggio che sembra superficialmente debole è sua madre. Una donna che ama i suoi figli ma ne maledice uno dei due. L’influenza che avrà su Mina (e non solo) sarà determinante per il corso della storia. Leggere di Mina, dei suoi pensieri, non è facile. Vorresti strapparla da quelle pagine, portarla via da quell’orrore e dirle che andrà tutto bene.
2018: Milano accoglie Cosimo e la sua missione di odio e di morte.
Una missione che si confronterà con l’infelicità assoluta di Sandra e l’innocenza di suo figlio Giacomo. Una madre rinchiusa in una gabbia mentale, una gabbia travestita da famiglia. La danza è l’unica via di fuga da tutto questo ma il tempo crea crepe, l’infelicità si infiltra anche nei posti più sicuri e le insicurezze faranno il resto.
“Arianna, così minuta, gracile, e al tempo stesso bellissima e ferina, sembra quasi che abbia ucciso il tempo, che l’abbia divorato e che ne stia gustando gli ultimi sapori rimasti sulle labbra. Lei può ancora tutto. E io mi sgretolo.”
Una vita fatta di rimpianti, di un amore che più amore non è. Una vera gabbia la vita di Sandra; l’autore ci fa entrare in contatto con il suo malessere, un dolore così profondo che il lettore fa suo. Entra dentro senza chiedere il permesso, si è completamente disarmati e in balia delle pagine. Arrendersi e farsi trasportare è l’unica soluzione per arrivare alla fine. I figli dei chiodi e la scrittura di Morbidelli sono come la vita, ne possiamo uscire interi solo se la lasciamo fare, il dolore ci attraversa, bisogna viverlo. Non si sfugge al senso claustrofobico della vita di Sandra: i suoi pensieri, le sue emozioni spezzano il fiato, tu sei diventata lei. Una scrittura che stringe in una morsa spietata.
“Allora mi chiedo come sia possibile che mi sia ridotta a non vedere altra umanità che non sia quella chiusa nel fragile sguardo di un bambino, di mio figlio. Quanto pesano il fallimento di una vita intera e l’insoddisfazione di una donna che voleva diventare tutto e che invece si è seduta sul gradino di un niente, a osservare i personaggi della sua vita salire e scendere, passarle accanto, con le labbra morse dai diavoli, con i pugni stretti di chi dice di amarti e vorrebbe solo scoparti e sparare ai neri?? Quanto pesano? Si possono lasciare in bilico sulle spalle di un bambino? Mi si riempiono gli occhi di lacrime. Sono io a non funzionare. Ecco la verità.”
Alessandro Morbidelli non crea personaggi, gli dà letteralmente vita. Che sia una bambina o il pensiero di un adulto, nulla sembra “costruito”, è una linea naturale di eventi che si susseguono. Ci si ritrova a confrontarsi con delle anime sanguinanti e con i loro pensieri così reali e così profondi al punto che è difficile credere che siano solo frutto della fantasia dell’autore. Mina esiste. Sandra esiste. Sono lì fuori da qualche parte, insieme a tutti gli altri. Quello che arriva al lettore è che l’autore ha creato per noi dei veri e propri piccoli universi.
Un romanzo capace di dare tanto e in tanti modi.
L’infelicità ha molte facce e Alessandro Morbidelli ha dipinto con parole moltissimi ritratti autentici di essa.
Un libro fatto di tante verità. Verità tanto scomode quanto reali. Una tra queste è la violenza psicologica che molti vivono senza parlare. Una violenza nata da chi dovrebbe amare e proteggere e che invece con precisione chirurgica fa a pezzi tutto quello che si è. L’autore mostra la ferocia dell’essere umano e lo fa in modo brutale, senza fronzoli o filtri di nessun genere. Leggere questo romanzo è un’immersione totale nell’oscurità ma in tutto questo orrore, c’è sempre qualcuno pronto a sacrificarsi per chi si ama. Tra pagine che piegano il lettore con scenari di una crudeltà bestiale, c’è uno sfondo, un’eco che non s’interrompe mai: l’amore.
“Nell’oscurità allungo un braccio verso l’alto, distendo le dita a toccare l’assenza. Sento le mie labbra vibrare al suono del suo nome.”
Un romanzo diverso, un’opera coraggiosa. Leggerlo è stata un’esperienza unica che consiglio con tutto il cuore a tutti di fare.
L’amore è nelle piccole cose che spinge a farne altre molto più grandi. Questo romanzo ne è l’immagine chiara.
Buona lettura.
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Alessandro Morbidelli
asce nel 1978 ad Ancona. È libero professionista e docente accademico. Ha pubblicato i romanzi Ogni cosa al posto giusto (Robin Editore), Storia nera di un naso rosso (Todaro) e Trenta cani e un bastardo (Todaro). Dal 2020 è presidente di giuria del Concorso Letterario Città di Grottammare per quanto riguarda la sezione Racconto Breve e direttore artistico del Festival Lacrima in Giallo (www.lacrimaingiallo.it) di Morro D’Alba in provincia di Ancona.