Recensione di Francesco Morra
Autore: Vanni Santoni
Editore: Mondadori
Genere: Narrativa
Pagine: 670
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Antonio Michelangelo è un uomo che ha attraversato il Novecento: dirigente di alcune delle maggiori aziende del paese, artista riconosciuto in più campi, i suoi risultati pubblici sono eguagliati solo dai disastri privati che è riuscito a inanellare. Un giorno, dopo anni di silenzio, i suoi cinque figli, avuti da quattro diverse compagne, ricevono da lui un solenne invito a raggiungerlo a Saltino di Vallombrosa, la località in mezzo ai boschi della Toscana dove si è ritirato. Quattro di loro – Enrico, Louis, Cristiana e Rudra -, ognuno con aspettative diverse, si mettono in viaggio da Tel Aviv, Bali, Londra e Stoccolma per partecipare a questa misteriosa riunione familiare. Vanni Santoni ci racconta le vite dei quattro fratelli e li conduce uno dopo l’altro verso l’appuntamento col padre: Enrico, cresciuto nella convinzione di essere figlio di un altro uomo, sta passando n periodo in Israele proprio alla ricerca delle radici del suo presunto padre; Louis si barcamena da anni tra lavoretti in un villaggio turistico di Bali, tentativi imprenditoriali nel subcontinente indiano e traffici illeciti; Cristiana, ossessionata dall’ambizione di emergere nella scena dell’arte contemporanea, si sposta convulsamente tra le capitali europee di tendenza in cerca di una svolta; mentre Rudra, sportivo e biologo, si è trasferito giovanissimo il più lontano possibile dalla sua famiglia disfunzionale, ha sposato un ragazzo svedese e oggi lavora in una scuola materna. Per la prima volta nella storia della famiglia, i fratelli saranno sotto lo stesso tetto: cosa vuole da loro Antonio Michelangelo? È forse in fin di vita? Vuole disporre delle sue ultime volontà? Oppure ha deciso di rivelare ai figli qualcosa di importante, terribile, inconfessabile?
Recensione. Vanni Santoni torna con un romanzo corposo ed ambizioso.
Un progetto covato per molti anni e che porta i frutti sperati. Notevole il lavoro di documentazione per i luoghi e la cura delle ambientazioni. Infatti le vicende raccontate hanno come teatro la Toscana ma si diramano in moltissime location che conferiscono al libro un respiro mondiale. Un viaggio quasi intorno al mondo in seicento pagine, con relativi e accurati spaccati della vita di ognuno di queste culture.
Incredibile il lavoro di caratterizzazione dei personaggi. Quattro fratelli vengono convocati via lettera dal padre in un paesino Vallombrosa- Saltino in Toscana. Un padre, Antonio Michelangelo, dirigente d’azienda in pensione ma artista a tutto tondo, avendo: pubblicato un libro di enorme successo “Le serpi di Terrabassa”; girato un film” La sultana” e essendo stato incisore.
Uomo e padre complesso che ha avuto cinque figli da quattro donne diverse. La sua primogenita primario, Aurelia, rifiuta di recarsi a questa riunione di famiglia ma ne avremo un suo quadro attraverso i ricordi di due dei suoi fratelli.
Gli altri ,ovvero Rudra, Cristiana, Enrico e Louis occuperanno alcuni capitoli del libro dove sapientemente, Santoni ce li racconta e fa parlare in prima persona.
Le difficoltà del realizzarsi nella vita e l’instabilità permeano le vite di queste persone. In cui ognuno può immedesimarsi, dallo spiantato Louis al vanesio professorino Enrico per poi entrare in contatto con l’artista Cristiana e Rudra, forse il più riflessivo.
Cosa bisogna fare? Semplice: ciò che va fatto, secondo le inclinazioni, le contingenze e la posizione di ciascuno: ogni atto è qualcosa che si è indotti a compiere, in modo necessario, dalle qualità che hanno origine nella natura stessa…
Ciascuno incarna un percorso per vivere questa esistenza. Sforzo riuscito dello scrittore è oltre che il passare da una città all’altra, il riuscire a farci respirare le angosce e i tormenti di tutti i personaggi estremamente diversi tra loro, eppure con in comune molto più di quanto una lettura superficiale possa far pensare sussistere.
Un nostos, quindi, si torna al padre. Un genitore visto come perfetto e odiato per il male arrecato. Egoista, forse e finto modesto…
E’ tipico del piccolo borghese, dice lui con voce impostata, fissare il limite del comportamento ragionevole a poco distanza dalla propria mediocrità, e chiamare “follia”, o “genio”, tutto ciò che lo oltrepassa
Le pagine scorrono veloci, ci si addentra negli affreschi dei vissuti, in silenzio quasi in apnea, si assiste a quanto la vita sia senza senso. Si cade e ci si fa male sul serio. Si pecca. Si prendono porte in faccia e ci si fa carico dei propri errori. Un romanzo come ho scritto all’inizio con obiettivi di ampio respiro, mirabili i rimandi alla cultura pop di una generazione anni ottanta e approfondito il passaggio ad esempio sulla spiritualità indiana senza dimenticare le citazioni libresche. Una architettura solida che spinge a soffrire per l’approssimarsi della fine del libro!
Scena cara e preziosa per noi lettori è quando Enrico guardando la sua libreria, leggendo i titoli presenti trae le somme della sua vita. Si è ciò che si legge.
Il grande romanzo italiano è vivo e vegeto, questo libro ne è tangibile prova. Veniamo portati a documentarci e avere spunti per meditare anche aprendo altri volumi. Siamo empaticamente coinvolti. Ci vengono esposti dei percorsi e si assiste ammaliati a quanto sia fantasmagorico il nostro vivere, difficile è vero, ma in questo sta la sua grandezza .
Santoni, con questo libro, fornisce una scossa al panorama letterario italiano. Spiritualità, letteratura, arti visive, sete di denaro, ricerca di sicurezza nei rapporti umani sono mezzi per impiegare il tempo finito e pure se siamo indolenti abbiamo sempre una scelta.
Mi mancate già, cari fratellini!
A cura di Francesco Morra
Vanni Santoni
Vanni Santoni: (Montevarchi, 1978), dopo l’esordio con Personaggi precari, ha pubblicato, tra gli altri, Gli interessi in comune (Feltrinelli, 2008), Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza, 2011), Muro di casse (Laterza, 2015), La stanza profonda (Laterza, 2017, candidato al Premio Strega). Per Mondadori ha pubblicato la serie Terra ignota (2013-14) e L’impero del sogno (2017).Dirige la narrativa di Tunué e scrive sul “Corriere della Sera”.
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