I fucili




Recensione di Francesco Morra


Autore: William Tanner Vollmann

Traduzione: Cristiana Mennella

Editore: Minimum Fax

Genere: Narrativa

Pagine: 498

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi. È trascorso ormai ben più di un secolo da quando sir John Franklin raggiunse il Circolo Polare Artico con due navi, in cerca del mitico Passaggio a Nordovest, per ritrovarsi avvolto in un feroce sudario di morte e di gelo. Ora, in quegli stessi luoghi, giunge un altro uomo bianco con una strana uniforme addosso che gli vale, presso gli Inuit, il soprannome di Capitan Sottozero. Non è chiaro quale sia il suo vero scopo: forse esplorare di nuovo quelle terre magnifiche e ingrate, scoprendo quanto l’uomo bianco e i suoi fucili abbiano contribuito ad alterarne l’equilibrio; forse ritrovare le tracce della spedizione maledetta e ripercorrerne fisicamente gli stenti, per poi poterne scrivere con la forza dell’esperienza; o forse rivivere gli amori di Franklin per una donna Inuit, fino a trasformarsi nell’incarnazione vivente di sir John. Nel sesto dei Sette Sogni, la serie imponente di romanzi dedicati alla colonizzazione del continente nordamericano, dai vichinghi fino alle guerre indiane, William T. Vollmann dipinge un affresco sospeso tra mito e storia, tra passato e presente, unendo a un rigoroso lavoro di documentazione una sensibilità paesaggistica e la potenza di una scrittura visionaria e barocca.

Recensione

Forse la vita è barattare le speranze con i ricordi

In questo romanzo, William Tanner Vollmann rende omaggio al Canada ed ai nativi americani.

Intreccia le vicende di un fantomatico Capitan Sottozero con quelle di Sir John Franklin, il tutto nel nord del Canada e riprendendo il mitico viaggio del Passaggio a Nordovest.

La narrazione è spiazzante, onirica ed a volte un semplice flash di pensieri. Peculiari sono le descrizioni e i paragoni per rendere vivide le immagini che vuole raccontare a noi lettori.

Non è un libro scontato. Vi è sì, una storia d’amore e si parla di cronaca di viaggio ma c’è anche una forte denuncia delle condizioni dei nativi americani.

I fucili sono la metafora del progresso che secondo l’autore sta distruggendo quella porzione di pianeta.

Saremo tra i marinai di Sir Franklin e patiremo la fame.

Cammineremo con Sottozero tra i ghiacci. Subiremo l’angoscia di essere bloccati e non sapere se continueremo a vivere. Il libro è disseminato di appunti e mappe. I paragrafi, sono numerosissimi e brevi. L’amore e l’ignoto come riscatto e senso della vita, sono solo alcuni degli spunti che fornisce questo libro.

Estremamente interessanti sono le appendici, dove Vollmann, fa entrare il lettore nelle dinamiche della costruzione del romanzo e rende partecipe di come per scrivere ci si debba sporcare le mani avendo quel pizzico di audacia e sfrontatezza. Osare.

L’autore statunitense si può ben inserire nel postmoderno, abbatte ogni regola e stilema, pur essendo fine narratore riesce con originalità a condurci nella sua mente dove non sempre vi è coerenza ma la sua abilità affascina e ci fa perdere tra le sue immagini e parole.

Questo è il sesto dellepopea da lui scritta denominata “I Sette Sogni, enorme il coraggio della casa editrice Minimum Fax di pubblicare un libro di tale densità. Vero e proprio atto di temerarietà culturale e ciò è corroborante per la scena editoriale del nostro paese.

Degno di nota l’enorme lavoro della traduttrice Cristiana Mennella,  chi scorrerà le pagine ed affronterà il viaggio della lettura de “I fucili” lo capirà…

Leggere è scoprire, e William T. Vollmann riesce a catturare i lettori , paragrafo dopo paragrafo  catapultandoli nella sua mente, spaziando dall’avventura all’opera di verità storica, passando per la storia d’amore ed il rapporto con la natura.

Presa in sé, la vasta massa di informazioni disponibili è inutile come un ponte incompiuto che non conduce dall’altra parte del fiume…

A cura di Francesco Morra

www.youtube.com/user/Vetriera

William Tanner Vollmann


William Tanner Vollmann: Scrittore statunitense (n. Santa Monica, CA, 1959). Dopo un’infanzia nei bassifondi di Los Angeles, una laurea in lettere alla Cornell University (Ithaca, NY) e un’esperienza in Afghanistan a fianco delle truppe ribelli locali durante l’invasione sovietica (da cui trarrà An Afghanistan picture show or, how I saved the world, 1992, trad. it. 2005), insieme al fotografo K. Miller vive a San Francisco fianco a fianco con marginali, derelitti ed esiliati, narrandone le storie su riviste come Spin e The New Yorker. L’esordio narrativo è del 1987, con il romanzo You bright and raisen angels, sarcastica epopea di un gruppo di insetti rivoluzionari che si ribellano al potere dell’elettricità, metafora del potere dell’Occidente sui popoli oppressi dalla supremazia tecnologica. V. si afferma così come una delle voci più originali e impegnate della propria generazione, capace di analizzare le dinamiche del conflitto sociale con sguardo empatico ma senza istanze di redenzione morale e sussunzione a un sistema economico-politico ritenuto più marcio e disumano dell’abbrutimento di chi cade nel baratro. La stessa dialettica pervade i racconti di marginalità di The rainbow stories (1989; trad. it. 2002) e 13 stories and 13 epitaphs (1992; trad. it. Manette: istruzioni per l’uso, 2003) o il romanzo Whores for Gloria (1991; trad. it. 2000), e si accresce di una poderosa documentazione storica nelle narrazioni saggistiche che compongono il ciclo Seven dreams: a book of North American landscapes (cinque voll. tra 1990 e 2013; trad. it. dei primi due voll. 2007 e 2011), epopea degli indiani d’America, nel gigantesco trattato sulla violenza Rising up and rising down: some thoughts on violence, freedom and urgent means (2004; trad. it. parziale 2007), come nella narrazione critica dell’Europa tra il secondo conflitto mondiale e la ricostruzione, weltanschauung del paradigma occidentale contemporaneo, di Europe central (2005; trad. it. 2010). Tra le opere più recenti, l’e-book Into the forbidden zone: a trip through hell and high water in post-earthquake Japan (2011; trad. it. 2011).