Recensione di Sabrina De Bastiani
Autore: Giampaolo Simi
Editore: Sellerio Editore Palermo
Collana: La memoria
Genere: narrativa
Pagine: 552 p.
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Questa volta Giampaolo Simi lascia a casa Dario Corbo, ma la tensione, l’indagine, lo scavo nella coscienza di fronte al delitto, l’angolo nero che ciascuno nasconde dentro di sé, la forza della scrittura sono quelli del grande inventore di storie che i lettori già conoscono.
«Nel mondo di Giampaolo Simi non c’è spazio per gli eroi a tutto tondo senza macchia e senza paura. È più interessato, lo scrittore, a sviscerare le contraddizioni dell’essere umano perennemente scisso tra miserie e nobiltà» – Gigi Riva, L’Espresso
«Un narratore di talento, a cui da tempo i canoni dei generi stanno stretti. E che ha la giusta ambizione di scrivere un vero romanzo» – Ranieri Polese, La Lettura
La sera del 23 luglio nella tenuta della Falconaia, vicino Lucca, viene trucidata Esther Bonarrigo, 42 anni, moglie dell’imprenditore Daniel; insieme hanno creato la catena di italian food «Il Magnifico», 127 ristoranti in tutto il mondo. Una coltellata alla gola, una sola, precisa e mortale come in un’esecuzione. La villa deserta, il personale in libertà. Una serata ideale per un appuntamento tra due amanti, questo è quello che si sospetta quando poco lontano dal corpo della donna viene rinvenuto il cadavere di Jacopo Corti, un giovane che lavorava nella tenuta da poco licenziato. Unico sospettato il marito della vittima che si protesta innocente, ma le prove sono più che sufficienti per portare l’uomo a processo. Ed è la giuria la vera protagonista del romanzo di Simi, con i giurati popolari che in Corte d’Assise sono chiamati a decidere insieme ai due giudici togati. Sono cittadini comuni scelti dalla sorte, persone diverse, ognuno con mille domande e timori; curiosi, spaesati, intimoriti, alcuni già con una loro idea sul caso di cui giornali e TV hanno rivelato ogni particolare. Si assiste così al dibattimento, udienza dopo udienza, ognuna vissuta però dal punto di vista di un giurato diverso, di cui veniamo a conoscere anche la vita privata. Emma, sulla soglia dei cinquant’anni, sicura di sé e dell’innocenza dell’imputato, Serena, irrisolta e solitaria, Terenzio, con qualcosa di ingombrante nel suo passato, e poi Iris, Ahmed, Aldo. Sei persone qualsiasi, ignare di come si amministra veramente la giustizia e che ora toccano con mano cosa vuol dire decidere delle vite degli altri. Durante le udienze accusa e difesa si danno battaglia, i colpi di scena.
Recensione
La (pro)pulsione narrativa di Giampaolo Simi ha la linfa vitale di un’assoluta specificità: quella di provenire da un autore di notevole talento descrittivo e letterario, profondamente calato nella concretezza del reale e dell’attuale, al contempo capace e agile nell’addentrarsi nelle pieghe dell’animo, sfaccettate, multicolore, contraddittorie, dei suoi protagonisti.
E’ sferzante la penna di Simi, siete nati vecchi e morirete followers, mai compiaciuta o incline all’indulgenza, bensì piuttosto alla comprensione.
“I giorni del giudizio” non fa eccezione, anzi, è una delle sue prove più mirabili.
Un romanzo sinuoso e crudo, avvolgente e in certi passaggi disturbante, perché troppo simile alle nostre debolezze, troppo sfacciato nello sbattercele in faccia.
E’ un noir che non si dichiara espressamente tale, ma che pur strega il lettore nell’investigazione di un duplice assassinio, nel desiderio di scoprire modi, moventi e colpevole. Nello svelare il come più ancora del perché.
Ma è soprattutto un noir della natura umana che mette se stessa alla prova. Al banco dell’imputato non a caso non siederà concretamente il soggetto sotto processo, Daniel Bonarrigo, ma virtualmente e metaforicamente ognuno dei sei giurati popolari, diversissimi tra loro per estrazione, vissuto, cultura, chiamati ad esprimere il verdetto.
Emma , Indovina anche la margherita di Emma, ma da’ a quella scelta un sapore venato di noia e (quanto apparente, lo si scoprirà) disinteresse; Terenzio, Per Terenzio direbbe una margherita. Lo standard per non rischiare, il conformismo subdolo di chi non vuole dare nell’occhio perché si sente unico e speciale. E invece sbaglia: napoletana. Essenziale, ma saporita, con le acciughe che sopperiscono all’effetto mainstream della mozzarella; Malcolm,Per Malcolm pronostica facilmente una quattro stagioni e ci prende in pieno. È la pizza più adatta al pastiche post- moderno, citazionista e consumistica, un volere tutto per non scegliere niente; Serena, Serena le risulta sfuggente, così la immagina optare per una “rucola, grana e pomodorini”, tanto per salvare la linea che non ha, quindi almeno la faccia. Invece toppa: una speck e mascarpone. La pizza meno mediterranea che ci sia, satura di sapore, per chi vuole accreditarsi come trasgressivo senza rischiare di essere stigmatizzato; Ahmed, Ahmed potrebbe andare su una vegetariana, ipotizza, e invece proprio lui fa la scelta più italiana possibile che Iris aveva previsto per Serena; e Iris, Lei rimane indecisa, scuote la testa. Non so neppure che pizza sono.
L’abile partitura orchestrata da Simi muove dall’intento costruttivo e fondante dell’essere giurato, ossia quello di fare chiarezza limpida sui fatti per poterne essere giudice, per addentrarsi nella strada sterrata dei propri egoismi, delle proprie ombre, delle proprie opportunità e delle proprie convenienze. Un verdetto di colpevolezza o di innocenza, nel caso in oggetto, sposterebbe di gran lunga l’ago della bilancia nelle esistenze dei personaggi, nelle loro vite, tutte a modo loro imperfette e mancanti di qualcosa.
Impotenti. Che per una volta si trovano tra le mani il potere di modificare una rotta.
E’ una tentazione molto forte con la quale tutti e sei i protagonisti, nell’alternanza dei capitoli e delle loro voci che si fanno narranti, si troveranno a fare i conti. Ciò che conviene è la cosa da fare. Ma che peso dare al dubbio che non sia la cosa giusta da fare? Cosa ci raccontiamo per convincerci? Cosa sceglieremo di fare? Ciascuno, a turno, si siede sul banco degli imputati, spogliato di se stesso e di ogni maschera sociale, per ammettere se stesso a se stesso.
Come non pensare, dunque, che “I giorni del giudizio”, più che quelli dei tempi legali di un processo, siano quelli dei giurati versus se stessi?
Il verdetto alla fine sarà uno per la legge, ma sei per i giurati, laddove ognuno avrà espresso il proprio su di sé.
“Il giudice e il suo boia” – due figure distinte o due facce della stessa medaglia? – capolavoro di Friedrich Dürrenmatt, trova qui non un suo emulo ma il prosieguo, di pari statura e fresco di originalità, di un’ ideale dialogo su cosa sia la giustizia, se possa di fatto esistere e con quale definizione, come applicarla ai crimini ma anche alle nostre fragilità di esseri (in)colpevolmente umani.
Giampaolo Simi
è sempre interessato prevalentemente di narrativa di genere, dal fantastico all’horror, dal giallo al noir. Ha esordito nel 1996 con il romanzo Il buio sotto la candela (Baroni), pubblicando poi Direttissimi altrove(DeriveApprodi, 1999), Figli del tramonto (Hobby&Work, 2000), Tutto o nulla (2000, DeriveApprodi, ristampato da Mondadori), L’occhio del rospo (2001, Adkronos Libri). Per Einaudi Stile libero ha pubblicato Il corpo dell’inglese(2004), Rosa elettrica (2007) e ha scritto un racconto per l’antologia Crimini italiani (2008). Per edizioni E/O ha pubblicato La notte alle mie spalle (2012). Per Sellerio Editore Palermo ha pubblicato Cosa resta di noi (2015).
Pubblicista, collabora con riviste e quotidiani.
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