Un libro dei morti
Autore: William S. Burroughs
Traduttore: Andrew Tanzi
Editore: Adelphi
Genere: Narrativa
Pagine: 195
Anno edizione: 2015
Sinossi. Una vasta insurrezione si estende dagli Stati Uniti all’America Centrale a un epicentro maghrebino. Effetto collaterale di un mondo che col pretesto del controllo ha creato ovunque stati di polizia, i «ragazzi selvaggi» si evolvono presto in una fantasmagorica sottospecie umanoide: ragazzi-gatto con artigli «curvi e cavi imbottiti di pasta di cianuro», ragazzi-serpente, ragazzi che sputano e ringhiano, corrono «come gattini feroci sferrando colpi con rasoi e schegge di vetro», si spostano su pattini a propulsione, mentre il capobranco ha una toppa sull’occhio e, al posto della mano destra, «un castrasuini avvitato in un moncone di legno e cuoio» con il quale «trancia gli intestini come spaghetti». In un romanzo di allarmante forza profetica, ancora una volta Burroughs incenerisce processi e mutamenti storici al rogo della sua immaginazione e della sua allucinata, inconfondibile scrittura.
Recensione di Francesca Mogavero
Più che “wild boys”, William S. Burroughs e i suoi personaggi incarnano il “real wild child” cantato da Iggy Pop: un’orda di bambini che ballano, impazzano e si divertono a scioccare dicendo parolacce e abbandonando regole, filtri e veli.
Sono bambini perché tornano a un’umanità prima della civiltà, lasciandosi guidare dagli istinti, toccando, prendendo e poi piangendo smarriti se si beccano le piattole. Una giovinezza perduta, o forse evocata, predetta, bramata, che sconfina con l’animale, che diventa ibrido, pericolo sociale e tentazione… Rivoluzione.
Una sregolatezza assoluta e primigenia che riverbera anche nella struttura – destrutturata – del romanzo che, più che una storia, è serie di fotogrammi assurdi spiati dal buco della serratura: da uno spunto iniziale (una donna dal potere ambivalente, uno strano incarico, un momento di socialità), la trama deraglia, si scompone in elenchi numerati, in accumulo di immagini senza soluzione di continuità né punteggiatura, si frantuma come uno specchio dai bordi taglienti, come cristalli di MDMA, si accende di colori ipnotici e si deforma in un sogno vivido e lisergico immortalato su carta.
Ragazzi selvaggi (così si dice) inizialmente doveva essere un film (porno), e c’è da crederci: la penna è una cinepresa che guarda dall’alto e poi scende in picchiata vorace, è un avvoltoio affamato di putredine; si ferma su un particolare, lo ingrandisce fino a tramutarlo in qualcosa di mostruoso e poi vola altrove, verso un altro set, dentro un’altra alcova improvvisata, in cavità umide e palpitanti, in un loop di eccitazione, corpi e fluidi che si mescolano, pensieri che vorticano in un trip forse senza ritorno.
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William S. Burroughs
William Seward Burroughs il più comunemente noto come William S. Burroughs, è stato uno scrittore e saggista statunitense. Legato alla beat generation, ma molto lontano, per sua ammissione, dalla realtà dei beatniks o hippies, fu un autore di avanguardia che influenzò la cultura popolare e la letteratura. Molti suoi lavori partono da esperienze personali legate all’uso di droghe e alla dipendenza da oppiacei. Ribelle alla famiglia e all’educazione alto-borghese (frequentò Harvard e studiò medicina a Vienna), nel secondo dopoguerra si diede alla droga e vagabondò in tutto il mondo, vivendo tra emarginati e sbandati (esperienze descritte in La scimmia sulla schiena, 1953). Dopo una cura disintossicante cominciò a scrivere romanzi: Pasto nudo (1959), La morbida macchina (1961), Nova Express (1964), Il biglietto che esplose (1967). In questi romanzi, il radicale sperimentalismo di Burroughs e la sua allucinata visione – politica e fantascientifica – di un universo abbandonato da Dio, conteso da gruppi di potere che si servono della parola per manipolare la psiche, preda di incontrollate tecnologie, hanno avuto un’influenza profonda sull’immaginazione americana, non soltanto narrativa. I suoi libri successivi, Ragazzi selvaggi (1971), Porto dei Santi (1974) e Città della notte rossa (1981) sembrano prodotti dalla stessa matrice fantastica che caratterizza la tetralogia precedente. In Italia questi e altri suoi titoli sono pubblicati presso SugarCo e Adelphi.
A cura di Francesca Mogavero