Il bazar dei brutti sogni




Recensione di Kate Ducci

Autore: Stephen King

Editore: Sperling & Kupfer

Genere: Thriller

Pagine: 499

Anno pubblicazione: 2016

Cosa fa di un bravo scrittore un maestro della letteratura? Personalmente, credo che prima di tutto sia necessario avere un elemento fortemente distintivo, qualcosa di talmente personale e inconfondibile (al pari delle impronte digitali) da impedire a chi legge di avere dubbi su chi sia l’autore di quelle parole. Stephen King è prima di tutto questo: inconfondibile, con un stile tremendamente evocativo, perfetto nella sua semplicità, quasi sfacciato e senza dubbio irriverente per quanto diretto.


Il bazar dei brutti sogni è una raccolta di racconti, non la prima del Re e sicuramente non l’ultima, non facendo lui mistero di adorare il racconto breve come forma espressiva e come mezzo per non far sfuggire di mano le mille idee che gli attraversano la mente ogni giorno. Questa raccolta ha la particolarità di riunire racconti scritti a distanza di molti anni gli uni dagli altri e per gli amanti di King è davvero interessante vedere quanto il suo stile, per quanto arricchito e più coraggioso negli ultimi tempi, conservi sempre quel marchio di fabbrica che non può essere confuso. Stesso discorso per la sua fervida immaginazione, cui non ha mai messo freno nemmeno in gioventù e questo, a mio avviso, è il secondo elemento indispensabile per essere più di un bravo scrittore: avere il coraggio delle idee, di mettere su carta tutta la verità, senza chiedersi quali reazioni possa suscitare. I racconti in questione non sono tutti brevi opere d’arte, per quanto il livello si mantenga sempre qualitativamente alto, ma alcuni sono piccole perle imperdibili e la riprova che anche poche pagine possono racchiudere ottime storie. Lo consiglio sia a chi si avvicina a King per la prima volta e vuol farsi un’idea del suo stile e delle sue capacità; sia a chi, come me, ha letto tutte le sue opere, perché offre la possibilità di affiancarlo nella sua crescita, grazie a ottimi racconti sempre preceduti da note dell’autore che ne spiega la genesi e si diletta in una delle sue tante capacità che preferisco: pescare dalla memoria aneddoti reali, talvolta semplici, altre volte imbarazzanti, e farne dono, con quella sincerità spesso scambiata per sfacciataggine, ma di cui, mi va di ripeterlo, uno scrittore non può fare a meno se ha la pretesa di venir definito bravo.

Stephen King


Stephen Edwin King (Portland, 21 settembre 1947) è uno scrittore e sceneggiatore statunitense, uno dei più celebri autori di letteratura fantastica, in particolare horror, del XX e XXI secolo. Scrittore prolifico, nel corso della sua carriera, iniziata nel 1974 con Carrie, ha pubblicato oltre ottanta opere, anche con lo pseudonimo di Richard Bachman fra romanzi e antologie di racconti, entrate regolarmente nella classifica dei best seller, vendendo complessivamente più di 500 milioni di copie. Buona parte dei suoi racconti ha avuto trasposizioni cinematografiche o televisive, anche per mano di autori importanti quali Stanley Kubrick, John Carpenter, Brian De Palma, J. J. Abrams, David Cronenberg, Rob Reiner, Lawrence Kasdan, Frank Darabont, Taylor Hackford e George A. Romero. Pochi autori letterari, a parte William Shakespeare, Agatha Christie e Arthur Conan Doyle, hanno ottenuto un numero paragonabile di adattamenti. A lungo sottostimato dalla critica letteraria, tanto da essere definito in maniera dispregiativa su Time “maestro della prosa post-alfabetizzata”, a partire dagli anni novanta è iniziata una progressiva rivalutazione nei suoi confronti. Grazie al suo enorme successo popolare e per la straordinaria capacità di raccontare l’infanzia nei propri romanzi è stato paragonato a Charles Dickens, paragone che lui stesso, nella prefazione a ‘Il miglio verde’, pubblicato a puntate nello stile di Dickens, ha sostenuto essere più adeguato per autori come John Irving o Salman Rushdie.