Recensione di Sabrina De Bastiani
Autore: Mauren Orth
Traduttore: M. Togliani
Editore: TRE60
Pagine: 486
Genere: Giallo
Anno di pubblicazione: 2018
SINOSSI
All’inizio del luglio 1997, Andrew Cunanan stava per diventare l’oggetto di una delle più vaste cacce all’uomo nella storia dell’FBI. Migliaia di persone avrebbero cercato di stanarlo, ma nessuno ci riuscì. Poco dopo la morte di Versace, il corpo di Cunanan fu ritrovato in una casa galleggiante di Miami Beach. I suoi delitti avrebbero riempito le pagine delle testate più importanti del mondo per mesi.»
New York, maggio 1997 La giornalista Maureen Orth sta scrivendo un reportage su un serial killer appena entrato nella lista dei 10 criminali più ricercati d’America: Andrew Cunanan. Abilissimo nel mimetizzarsi, a suo agio in ogni situazione sociale, Cunanan sa perfettamente come coprire le sue tracce e sembra imprendibile. E tutto spinge a pensare che ucciderà ancora… Miami, 15 luglio 1997 Gianni Versace sta rientrando da una passeggiata quando, sulla scala della sua villa, viene freddato a colpi di pistola. La polizia non ha dubbi: il colpevole è Andrew Cunanan. Ma anche questa volta il serial killer si sottrae alla giustizia; qualche giorno dopo, infatti, Cunanan viene ritrovato morto a bordo di una barca: si è suicidato con la stessa pistola con cui ha ucciso Versace. Un delitto la cui eco ha fatto il giro del mondo, uno stilista adorato da milioni di persone e un assassino in cui si mescolano intelligenza e squilibrio: cosa c’è davvero dietro la tragica morte di Gianni Versace? In questo libro, frutto di un imponente lavoro di ricerca, Maureen Orth ricostruisce un mistero che ha mille sfaccettature, da quelle dorate di un mondo avvolto nel lusso a quelle oscure della mente umana.
RECENSIONE
La polizia (…) aveva sviluppato quattro teorie sul possibile movente per l’omicidio di Versace: (1) era stato ordinato dalla mafia; (2) l’assassino aveva voluto derubarlo; (3) Versace aveva trasmesso l’Aids al suo assassino; (4) era un atto di violenza completamente casuale.
Si chiese anche se (…) Versace “Valeva di più vivo o morto?”
Domande fondamentali. Domande che, ad oggi, non hanno una vera e propria risposta. O perlomeno non ci è dato saperla e neppure la troviamo in questo libro.
La cosa certa è che nella mattina del 15 Luglio 1997, lo stilista Gianni Versace fu ucciso davanti all’ingresso di Casa Casuarina, la sua abitazione a Miami.
La cosa certa è che a sparare i colpi mortali fu un uomo che portava un berretto da baseball e con uno zaino in spalla, e quell’uomo era Andrew Cunanan.
Ricordo molto bene il momento in cui i telegiornali diedero la notizia in Italia. Ricordo che ne restai turbata ed intristita, perché Gianni Versace per i suoi natali, per la sua personalità, per il suo modo innovativo ed iconoclasta di intendere l’alta moda una forma d’arte non elitaria, bensì rivolta a fasce più ampie di persone, lo si percepiva come una persona vicina, prossima, in un certo qual modo familiare, pur non appartenendo al suo mondo di fasti, celebrità, ricchezza. Un paradosso solo apparente il coesistere nella sua mente di idee popolari e di un proprio stile di vita sfarzoso ed esclusivo. Solo apparente, perché forse frutto del naturale coesistere in lui del ricordo orgoglioso della nascita in una famiglia dignitosa ma modesta e della volontà, ambizione, amore per il lusso e l’eccesso.
“I colori appariscenti, le stampe barocche, la miscela di motivi tratti dall’antichità sapevano tutti di nouveau riche, e lui ci sguazzava, li esibiva, li sbatteva in faccia a chi, invece, preferiva la discrezione. Prima di Versace, i nuovi ricchi cercavano di imitare chi i soldi ce li aveva da secoli; il suo arrivo invertì la tendenza.”
Ricordo, del momento della sua morte, che ci si chiedeva il perché, formulando mille ipotesi.
Ricordo come il ritrovamento di Cunanan suicida, di fatto, nella percezione comune, non mise la parola fine al caso Versace.
Troppe ombre, troppi punti oscuri, troppo ostentato silenzio.
Il lavoro di Orth muove i passi da un’inchiesta per Vanity Fair, la rivista per la quale lavora, su Andrew Cunanan che è, a tutti gli effetti, il protagonista del libro.
Cunanan era nella lista dei dieci criminali più ricercati perché accusato degli omicidi, commessi nel brevissimo arco di tre mesi a partire da Aprile 1997, di quattro uomini: un ex ufficiale di marina, un ex amante, un agente immobiliare ed il custode di un cimitero, quest’ultimo pare al solo scopo di rubargli il furgone rosso col quale fuggire per raggiungere Miami e uccidere Gianni Versace.
Ma cosa potevano avere in comune un giovane mitomane, un bugiardo seriale, conosciuto per le sue relazioni con ricchi uomini anziani allo scopo di estorcere loro denaro per pagarsi droghe (?) e lussi che altrimenti non avrebbe potuto permettersi, ed un famoso e celebrato stilista italiano?
Cunanan, stando ad elementi e testimonianze raccolte da Orth e mai smentite, conobbe Versace nel 1990, agli eventi organizzati in concomitanza con la produzione del Capriccio di Richard Strauss al San Francisco Opera, per il quale Versace aveva creato i costumi. (…) Versace era l’unico personaggio famoso che Cunanan, sempre a caccia di celebrità, avesse conosciuto davvero.
“(…) Avevano entrambi origini italiane, (…) Entrambi erano partiti più o meno dalla stessa posizione economica (…)”.
Versace, agli occhi di Cunanan, era l’apoteosi del successo nella vita, lo specchio nel quale avrebbe voluto guardarsi, il posto nella scala sociale al quale pensava aver diritto di appartenere, la vita che avrebbe non solo voluto, dovuto vivere, ma soprattutto meritato di vivere.
“Andrew aveva un problema con i limiti tra lui e gli altri. Spesso non sapeva dove finiva la sua persona e dove cominciavano gli altri. Quando si avvicinava a qualcuno, tendeva a diventare l’altro.”
Credo però che il punto in comune più forte tra i due sia il concetto di famiglia. Il positivo ed il negativo.
Tanto legato alla propria famiglia di origine da volerla accanto in ogni aspetto della propria vita, sia privata che lavorativa, l’uno, tanto desideroso di negarla e rinnegarla vergognandosene, l’altro.
Per entrambi impossibile prescinderne.
“ Versace aveva una famiglia della quale andava fiero, alla quale non aveva mai dovuto nascondere la propria omosessualità; un partner stabile, (…) e le ricchezze del mondo ai suoi piedi…”.
Al netto di teorie, ipotesi complottistiche e logiche più ampie che rimarranno, qualora portatrici di qualche fondamento, taciute, l’assassinio di Gianni Versace fu in un certo qual modo un omicidio “passionale”, dove per passione si legga rabbia.
Cunanan avrebbe inteso eliminare con Versace il simbolo di tutto ciò che avrebbe voluto essere e non era diventato.
Nella sua ricerca incessante di celebrità e di pubblicità, Gianni Versace fece del proprio stile di vita, rappresentato dall’ostentazione della ricchezza, il suo strumento di marketing più efficace, un intreccio di arte di vivere e di argomenti di vendita”. Gianni Versace adorava ricchezza, fama e art, e aspirava alla celebrità, proprio come Andrew Cunanan.
Nove giorni dopo quella fatidica mattina del 15 Luglio 1997, Andrew Cunanan si sparò alla tempia con la stessa pistola con la quale aveva ucciso lo stilista. Mettendo così la parola fine ad un’esistenza distorta e sancendo l’impossibilità di avere in definitiva la vera risposta alla domanda: perché tutto questo?
Il docu-libro di Maureen Orth non può, infatti, dare risposte irrevocabili, neppure espone teorie originali o rivoluzionarie. Si occupa di riportare dati e fatti. E quando vi sia un’interpretazione personale, limitarsi a suggerirla, come a dire al lettore di trarne lui le conclusioni.
Il piacere di questa lettura sta nel trovarsi di fronte ad un’inchiesta giornalistica davvero di alto livello, dove ogni elemento è verificato, esposto con minuzia e precisione, citate le fonti. E dove su tutto trionfa l’obiettività e la professionalità dell’Autrice, che, va detto, non è mai stata smentita dalle Autorità e dai famigliari di vittima e assassino.
Ho una relazione fantastica con i soldi. Li uso per comprare la mia libertà.
GIANNI VERSACE
Per “comprarsi” una vita invece, soldi non se ne avranno mai abbastanza. Non sono moneta pagante, la maggior parte delle volte, almeno.
Maureen Orth
Ha collaborato con alcune delle più importanti testate americane, tra cui «Newsweek», «Vogue», «The Washington Post», «The New York Times», «Rolling Stone» ed «Esquire». Dal 1988 lavora per «Vanity Fair», dove si occupa tuttora di giornalismo investigativo (celebri i suoi pezzi sulle accuse di pedofilia a Michael Jackson e sulla vicenda Woody Allen-Mia Farrow, ma anche le sue inchieste sul traffico di droga in Afghanistan e in Colombia). Sul libro Il caso Versace (Tre60 2018) è basata la serie TV American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace.