Recensione di Sabrina De Bastiani
Autore: Giorgio Glaviano
Editore: Marsilio
Collana: Farfalle
Genere: thriller
Pagine: 303 p.
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Fabio Meda ha perso tutto: la moglie, l’onore, il rispetto dei colleghi. Ed è stata solo colpa sua. Da capitano dell’Arma è stato degradato a carabiniere semplice e trasferito da Milano nello sperduto paesino maremmano di Velianova. Ora passa le sue giornate tra turni noiosi in caserma, prostitute e serate solitarie davanti alla tv. Ma quando a un rave nei boschi tra Siena e Grosseto vengono rapiti tre ragazzi, l’anonima stazione dei carabinieri di Velianova si trasforma nel centro di comando della caccia all’uomo tesa a catturare quello che i giornali hanno cominciato a chiamare l’Orco. Un’operazione a tappeto che vede coinvolto il capitano Rio, il miglior elemento dell’Arma. All’inizio semplice spettatore disinteressato, Meda verrà obbligato a occuparsi del caso da un vecchio debito contratto con uno strozzino. Prima sfruttando la storia del mostro per il proprio tornaconto grazie all’incontro con lo spudorato Treanni; poi giocandovi un ruolo da protagonista in seguito al ricatto della misteriosa Nevena. Ma più Meda porta avanti la sua indagine personale e non autorizzata, più le sue ossessioni esplodono in tutta la loro virulenza. Chi è l’Orco? Quali segreti nasconde il lussuoso resort che domina la vallata? E che cos’ha fatto Meda per finire in mezzo a quell’immenso lago verde fatto di alberi e silenzio? Le risposte sembrano celarsi nelle indecifrabili profondità del bosco. Per risolvere il caso, Meda dovrà intraprendere un doloroso viaggio dentro se stesso. Solo allora giungerà alla verità. La più terribile, inaspettata e disperata possibile.
Recensione
La sua sopravvivenza era fuori discussione: era certo che sarebbe morto. Lo sapeva così come era sicuro di aver perso sua moglie per sempre. E di aver meritato di essere degradato. O che non si sarebbe dovuto innamorare di nuovo. La colpa era solo sua. Ma ormai non importava più.
Fabio Meda fa il suo ingresso nel mondo del noir, e l’evidenza che salta agli occhi è che non avrà alcun bisogno di ritagliarsi spazi in questo ambiente così popolato.
Perchè il suo spazio è quello del confine, quello di una terra di mezzo, nell’accezione intesa dal suo ideatore Sir J. R. R. Tolkien , ossia un luogo che è sì qui sulla terra, ma pensato con un diverso immaginario, un diverso codice.
Una zona franca emotiva, quotidiana, lavorativa, tutta da colonizzare, tutta da costruire.
Il confine cercava le sue vittime. O era vero il contrario?
“Il confine”, appunto. E’ qui che incontriamo Fabio Meda, in un preciso momento della sua vita, in un fatal flaw che lo vede confinato in se stesso dopo aver, troppe volte, sconfinato.
Giorgio Glaviano, con una scrittura baciata dal senso del ritmo e perfettamente calzante per il senso di urgenza che richiede la storia, tesa allo spasimo, non fa sconti a nulla e nessuno, meno che meno al suo protagonista. Non gli rende la vita facile, non indulge nel giustificarlo per i suoi errori
Sentì urgente il bisogno di chiederle scusa. Ma non sapeva di cosa. Di averla sposata. E di averla amata nell’unico modo in cui si ama davvero qualcuno: senza oggi, ieri o domani, in maniera definitive e un istante alla volta. E di averla tradita nello stesso modo definitivo e irreparabile.
e per questo rende ancora più bello il parteciparne, da lettori, alla risalita,
Se la divisa era il contenente, i gradi erano il contenuto di un carabinieri. Fabio Meda quei gradi non li aveva più.
testimoniarne e tifare lo scatto di orgoglio di una natura che spasima e ostinatamente tende al giusto anche e proprio avendo sperimentato tutto l’opposto
E Nevena? Perchè la voleva aiutare? Per lavarsi la coscienza? Voleva anche lui una seconda possibilità? No, si disse, era per orgoglio. Voleva fare di nuovo quello che gli piaceva. Cacciare. Seguire le trace. Inseguire. Scoprire. Mettere le cose insieme. Trovare I nessi. Trovare la verità. Beccare il colpevole.
Davvero notevole, “Il confine”, un noir che parte dalle briciole, quelle di una vita in pezzi, quelle degli indizi frammentari di un caso intrigante e magnetico, dove tutto è mistero, dove tutto sfugge, dove tutto punta in direzione oscura, per arrivare a (ri)costruire un edificio solido e strutturato.
Ma perchè adesso dobbiamo stare a sentire questo qui?, oppure: Ma non aveva mandato l’Arma a puttane? e anche: Ma non si era dimesso?, per finire con: Ma non era un reietto con cui non bisognava parlare? Avrebbe volute rispondergli che avevano ragione. Solo che a volte la vita faceva dei giri strani. Figurarsi le indagini.
E dove l’Autore, con un colpo da maestro, attribuendo al suo protagonista la debolezza più grande, quella di una dipendenza sessuale, un’incontinenza che stravolge l’intimità, che imbarazza
Mentre scopava riusciva a non pensare. Non era più niente. Vuoto assoluto. Il suo corpo spingeva e si dimenava, le sue braccia soffocavano il corpo sotto di lui mentre le sue gambe arpionavano il letto. Meda non c’era. Spariva. Era meglio che essere morti, si diceva mentre si dissolveva nell’atto. Fine del dolore. Niente ossessione. Nè luce, nè buio. Niente caldo o freddo. (…) Era perfetto. Così come doveva essere quando ci si disincarnava da un corpo. Per lui era quello il problema alla fine. La carne. La carne divorava e veniva divorata.
al contempo, lo struttura per trasformare questa vulnerabilità in punto di forza, fornendogli così la chiave di volta per sbrogliare un’indagine imbrogliata ed imbrigliata, e, analogamente, la sua vita.
Ebbe la sensazione di venire inghiottito da un viscido intestino nero. Aveva trovato la tana.
E, anche, il modo per uscirne….
Giorgio Glaviano
Giorgio Glaviano è nato a Palermo nel 1975. Lavora come sceneggiatore per il cinema e la tv. Ha pubblicato due saggi sulla serialità americana e il romanzo Sbirritudine (Rizzoli 2015).